IL MIO POSTO NEL BOSCO

Gretel e Hansel (Sky Primafila, TIM Vision, Apple Tv): VOTO 6.5

Un horror di iniziazione femminista dal suggestivo fascino visivo, che rivoluziona la prospettiva dei fratelli Grimm. Con Sophia Lillis, futura star del cinema Usa.

Iniziamo dalla morale. Della favola.

Perché “Gretel e Hansel”, diretto da Oz Perkins (il figlio di Anthony Perkins) è una rivisitazione della fiaba dark dei fratelli Grimm, colonna portante della tradizione popolare germanica.

Un folk horror, sottogenere molto in auge in questi anni (“Midsommar”, di Ari Aster; “The Witch”, di Robert Eggers; “November” di Rainer Sarnet è la tripletta che vi consigliamo) che gira intorno a un dogma semplice e pedagogico: “Niente viene dato senza prendere qualcosa in cambio”.

Con questo assioma in testa e lo stomaco vuoto per la fame, l’adolescente Gretel e il fratellino Hansel si inoltrano in un bosco gotico in cui gli alberi sembrano guglie dal simmetrico decor espressionista e l’atmosfera è di una tetra ed esoterica eleganza. Uno scenario fantastico curatissimo che è uno dei punti di forza del film.

La madre li ha cacciati di casa e ora dovranno badare a se stessi. Il ribaltamento dei nomi nel titolo però segna la differenza più grande del mondo rispetto alla fiaba originaria: questa rilettura di Oz Perkins è vincolata infatti allo sguardo di Gretel, la sorella maggiore che deve badare al fratellino. E non viceversa, come nel celebre racconto dei Grimm. L’eroe del viaggio è, quindi, una ragazzina che al termine del suo itinerario di formazione fa i conti con la sua ombra, certifica la veridicità del dogma suddetto e si emancipa diventando donna, trovando la sua luce nelle tenebre.

Il clou del film risiede nel rapporto fra Gretel e la strega che abita nella nera foresta. Nei loro dialoghi casalinghi c’è la chiave per un altro ribaltamento, perché la diffidenza di Gretel nei confronti della rugosa signora che apparecchia tavole imbandite si trasforma gradualmente in un rapporto paritario fra donne in possesso di poteri analoghi.

Alla fine sarà Gretel a prendere qualcosa in cambio mentre sarà la strega con il suo sacrificio a lasciare un patrimonio prezioso alla sua giovane ospite: l’indipendenza dal maschio.

Non dall’uomo orco e maschilista (che fa la sua viscida apparizione precedentemente, offrendo vitto e alloggio in cambio della verginità della ragazza) ma dall’innocente fratellino Hansel che simboleggia il vincolo, il dovere e il ruolo imposto alla donna nella società. La liberazione ‘di’ Gretel passa per la liberazione ‘da’ Hansel.

La femminista radicale e ostile cioè la strega, inizia Gretel ai suoi poteri soprannaturali e le suggerisce di liberarsi del bambino; la femminista ‘in fieri’ Gretel recepisce il messaggio in modo più progressista facendo un balzo verso un’evoluzione culturale cruciale. Non sacrificando il fratello ma indicandogli la via. Svincolandosi dall’obbligo di fargli da balia, rinunciando tuttavia a una soluzione cannibalistica.

La rielaborazione di questi due archetipi (sia la fiaba che lo stesso femminismo nella sua accezione più statica, miope e reazionaria) si arricchisce proprio nelle sfumature che tagliano in obliquo le caratterizzazioni dei personaggi. Abbiamo una strega il cui sacrificio è un passaggio di testimone alla collega più giovane che si promette di invertire la tendenza. Di trovare il suo posto nel mondo, estensione del bosco che, da giurisdizione ostile, diventa territorio libero.

Un horror essenziale ma vivido che ha un ulteriore punto di forza nell’interpretazione da veterana della diciassettenne Sophia Lillis, la ragazza dai capelli corti e rossi già vista in “It” e in “Sharp Objects” a cui Perkins regala un look iconico, che risulterà familiare ai cinefili vecchio stampo: quello di Renéé Falconetti, la protagonista dal volto sofferto destinata al rogo in “La passione di Giovanna D’Arco” di Carl T. Dreyer, uno che la stregoniera ha saputo sviscerarla in ogni suo aspetto nel cinema (sublime) che fu.

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L’ALGORITMO UMANO CONSIGLIA

Dallo stesso regista

FEBRUARY – L’INNOCENZA DEL MALE (Amazon Prime)

Ragazze interrotte, attratte dal diavolo in un horror demoniaco da vedere fino all’ultima tessera del puzzle che chiarisce (forse) il mistero nel pianto di un’innamorata che non ha saputo ricongiungersi col suo ospite infernale. Il sottotesto del film, incastonato nel gelo dell’inverno e nel vuoto di un college cattolico deserto, è la fragilità di ragazze problematiche, sofferenti di carenza affettiva che cercano la loro nicchia esistenziale lasciandosi sedurre dal male. L’esordio di Perkins è più ambizioso che riuscito, sicuramente meglio diretto di quanto non sia scritto ma che lascia un’inquietudine sotterranea. La stessa in cui Satana ama annidarsi.

 

SONO LA BELLA CREATURA CHE VIVE IN QUESTA CASA (Netflix)

La giovane infermiera Lily Saylor viene ingaggiata per prestare assistenza a Iris Blum, anzianissima scrittrice di romanzi horror che vive in una casa isolata, da qualche parte nel Massachusets. La casa è maledetta, marcia, ci vivono forze invisibili ed è disseminata di pagine di un libro, tra le cui righe la giovane ospite rintraccia indizi spaventosi. La seconda opera di Perkins imbocca il viale della Ghost Story in cui insiste sul tema dell’anime perdute, ovunque esse siano, anche nel confine ignoto fra la vita e la morte. Le protagoniste sono tre donne, per un regista che ama affidare le sue ossessioni allo sguardo femminile. Come in “February” e in “Gretel e Hansel”.

 

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