Abbiamo setacciato l’archivio di Raiplay e abbiamo scovato 8 titoli da consigliarvi.
Ce ne sarebbero molti di più, ma nella vita bisogna pur scegliere.
8 film che hanno scritto la storia del cinema.
Da vedere gratis.
LE CATENE DELLA COLPA (regia: Jacques Tourneur)
Lezione di cinema noir firmata da Jacques Tourneur nel 1947 con il ghigno beffardo di Robert Mitchum, uno degli insuperati anarchici per vocazione della Hollywood classica. Un detective che vorrebbe cambiare vita cade nella trappola ordita dal suo ex datore di lavoro (Kirk Douglas) e dalla moglie di questi (Jane Greer), che in passato fu amante proprio dell’investigatore a cui, nel corso del suo ultimo incarico, il passato presenta puntualmente il conto. Contorto in modo godurioso nella trama e implacabile nella sua atmosfera pericolosa e compromettente, “Le catene della colpa” è un splendido ‘detour’ nei territori del fatalismo e della manipolazione.
BALLANDO BALLANDO (regia: Ettore Scola)
Piccole vicende private sullo sfondo della storia francese dal 1936 al 1968, raccontate esclusivamente attraverso la danza. Ettore Scola vince l’Orso d’Argento a Berlino con un gioco di prestigio estremo e riuscitissimo, riassumendo amori, odi, paure e insofferenze dentro una sala da ballo/macchina del tempo. E fissando gli snodi cruciali che dall’epoca del Fronte Popolare ci accompagnano fino ai fermenti del maggio parigino della contestazione.
DILLINGER E’ MORTO (regia: Marco Ferreri)
La noia, la pistola e una lunga notte. Un ingegnere (Michel Piccoli) trova una rivoltella in casa e dopo aver tergiversato compiendo gesti futili e grotteschi si rende protagonista di un atto sanguinario. Senza enfasi né giustificazione. Poi fugge. Marco Ferreri riesce a filmare il vuoto e l’alienazione della società dei consumi con una superlativa opera anti-narrativa e inafferrabile che da 50 anni lascia esterrefatti, incastonando nell’assurdo i suoi temi ricorrenti e ossessivi: il cibo, l’erotismo e la morte, ma in cui ogni interpretazione netta diventa riduttiva.
LA SIGNORA DI TUTTI (regia: Max Ophuls)
Versione restaurata dell’unico film italiano girato, nel 1934, da Max Ophuls, professore emerito del melodramma più raffinato e geometrico, dallo stile stupefacente e visionario, oltre che regista vate di Stanley Kubrick. È la storia di una diva del cinema, femme fatale incontenibile che consuma il cuore e gli averi dei suoi amanti, scatenando gelosie suicide. La donna ripercorre in punto di morte la propria vita sentimentale e confessa la sua infelicità ripensando all’unico uomo che ha veramente amato. Onirico ed espressionista, una sintesi superba delle risorse del cinema muto e dell’allora scalpitante cinema sonoro.
SUSANNA! (regia: Howard Hawks)
Una delle vette della commedia sofisticata americana, con Cary Grant e Katherine Hepburn diretti da Howard Hawks. La battaglia fra i sessi la vince una testarda ereditiera, donna anticonformista capace di provocare qualsiasi disastro, che prende l’iniziativa conquistando uno zelante, razionale e ‘imbalsamato’ paleontologo in procinto di sposarsi. Equivoci incessanti, forza comica iperbolica, ritmo calcolato al millimetro e al millisecondo per un gioco di seduzione in cui la lussuria ribolle fuori dal radar, coperta dalla formalità dei codici hollywoodiani, in una girandola di allusioni e pulsioni erotiche nascoste.
JULES E JIM (regia: Francois Truffaut)
Il ménage à trois più celebrato della settima arte lo mette in scena in piena Nouvelle Vague Francois Truffaut nel 1962, raccontando il lungo rapporto di amore e di amicizia fra l’austriaco Jules (Oskar Werner), il francese Jim (Henri Serre) e l’adorabile Catherine (Jeanne Moreau), donna amata da entrambi. Truffaut scolpisce per l’eternità le infinite e inappagabili impennate del desiderio, gli sfuggenti momenti di sintonia perfetta, il fiammeggiante ardore di vivere. Con il cinema che si fa strumento unico e privilegiato nel registrare tali scarti di intimità, e nell’immortalare ‘Le tourbillon de la vie’ con distacco, senza sciuparne la leggerezza, infilandosi fra le regole dell’amour fou e nei meccanismi di una vita intesa come eterna e gioiosa iniziazione.
IL SETTIMO SIGILLO (regia: Ingmar Bergman)
La partita a scacchi con la morte incappucciata nel road movie esistenziale di Ingmar Bergman se la gioca un cavaliere di ritorno dalla crociate. Antonius Block è assalito dai dubbi sulla propria fede in un Medioevo caotico e devastato dalla peste, fra saltimbanchi, streghe, guerre e superstizioni. Film che anticipa i temi religiosi cari alla poetica del regista svedese, in cui l’uomo è disperatamente afflitto dal silenzio di Dio ed è continuamente costretto ad interrogarsi sul senso della propria presenza nel mondo. Visivamente maiuscolo, con le suggestioni provenienti da pitture e sculture, sacre e profane, appartenenti al Medioevo nordico, “Il settimo sigillo” è un film solenne e didascalico, un’opera ‘diseguale’ a detta dello stesso Bergman, ma sicuramente uno di quei titoli entrati con tanto di squillo di trombe nell’immaginario collettivo.
RACCONTO D’AUTUNNO (regia: Eric Rohmer)
La pellicola conclusiva dei “Racconti delle quatto stagioni” (tutti disponibili su Raiplay) esalta l’abilità di Rohmer nel nascondere la fitta e complicata rete di rapporti interpersonali, con tutte le loro sofisticate sfumature, dietro una maschera di naturalezza. Nei tentativi della giovane Rosine e della libraia Isabelle – che tessono la tela e lavorano sottotraccia per maritare la solitaria amica viticultrice Magali – non si coglie mai l’artificiosità della commedia sentimentale, ma si viene gustosamente attratti dalla levità dei costumi amorosi, dall’eleganza del tocco, finendo per dimenticarsi che si sta assistendo a un film. Sembra che non succeda nulla, mentre siamo in realtà immersi e circondati dalla semplice-complessissima commedia umana.