Il trono del Country
IL TEXAS, IL COUNTRY, LE LOTTE FRATRICIDE A COLPI DI DOLLARI E MACABRI SEGRETI. SU SKY SERIE (E ON DEMAND SU SKY Q E NOW) VA IN SCENA “MONARCH – LA MUSICA È UN AFFARE DI FAMIGLIA”: 11 EPISODI CHE HANNO IL RITMO E LE DINAMICHE NARRATIVE DI UNA SOAP OPERA, INSAPORITA PERÒ DALLA PRESENZA LUCCICANTE DI SUSAN SARANDON.
Comincia con un colpo di scena e avanza tra flashback e dialoghi pomposi la serie prodotta dalla Fox Entertainment Studios e creata da Melissa London Hilfers che raduna, oltre alla Sarandon, un veterano della musica Country come Trace Adkins e un astro nascente dell’indie rock come Beth Ditto. Nomi poco familiari da queste parti, ma ‘intonati’ a un prodotto che racchiude un torbido dramma familiare nel ventre degli Stati Uniti, il Texas: lo stato della stella solitaria.
È la storia della famiglia Roman, e del loro impero musicale gestito da Albie e soprattutto dalla moglie Dottie. Una dinastia che rischia di crollare sotto i colpi di verità inconfessabili quando la matriarca è costretta a cedere la corona.
“Un Roman non dimentica mai un nemico!”. “Se c’è un inferno, io ho prenotato un biglietto dal un bel po’!”. Di frasi così, solenni e dagli echi imponenti, se ne sentono un bel po’, mentre si infittisce la faida familiare e con la vanga della narrativa si dissotterra il passato dei Roman alla ricerca dell’inganno che li ha fatti decollare nell’olimpo della musica, fra ballate western e concerti che sembrano magniloquenti feste di paese.
Se vi servissero dei punti di riferimento, siamo dalle parti di “Dallas” (ma senza la calibratura da spaccato storico che ne fece un cult), gli inciuci da famiglia ricca di “Beautiful” e un qualsiasi altro telefilm in cui è necessario tenere conto di inganni, loschi individui doppiogiochisti e lati oscuri.
Ma se c’è un protagonista, oltre a Susan Sarandon – che con il suo carisma eclissa il resto del cast in toto – questo è ovviamente il Country, la musica per antonomasia dell’America più radicata e archetipica con i suoi riti appariscenti, le speciali regole interne e un armamentario iconografico al completo: fibbie vistose, cappelloni da cowboy, chitarre kitsch da cui escono i soliti 3-4 accordi, fucili che ammazzano gli orsi e abbondanza di pailettes dorate.
“Monarch” è la storia di un’eredità che fa gola ai figli della regina Dottie Cattrall Roman, una donna tosta e debordante che si è portata nella tomba qualche segreto indicibile, lasciando ai vivi e vegeti le chiavi di un impero milionario e l’onere di ripulire il palcoscenico dagli spargimenti di sangue e banconote fruscianti. Il mio regno per un disco d’oro.
L’ALGORITMO UMANO CONSIGLIA:
Tre film che ci hanno fatto amare Susan Sarandon (ma non vi parliamo di “Thelma & Louise”…) e il più iconico film sul Country che sia mai stato realizzato. Ancora sul trono dopo quasi 50 anni.
DEAD MAN WALKING – CONDANNATO A MORTE
(MGM: accessibile con abbonamento Infinity o Amazon Prime)
Apologo contro la pena capitale diretto da Tim Robbins, in cui Susan Sarandon, che si aggiudicherà l’Oscar, è la suora che entra in sintonia con l’omicida interpretato da Sean Penn, premiato come miglior attore a Berlino. Un film che non può mancare in un’ideale library dedicata agli anni 90. Con il bonus dell’omonima canzone che porta la firma griffata di Bruce Springsteen.
ROCKY HORROR PICTURE SHOW
(Disney)
La giovane e sexy Susan Sarandon nel 1975 entra nel castello di ambiguità e trasgressione al cospetto del travestito Frank-n-Furter (l’inimitabile Tim Curry) e si guadagna un posto nella storia del cinema, con un film a cui ormai sta stretta anche la definizione di cult, piacevolmente sopra le righe e omaggio ai B movies di un’epoca ormai impolverata. “Time Warp”, la furoreggiante danza rock che fa consumare il tasto rewind, è l’apice di un musical horror di (ri)vedere con nostalgia.
ATLANTIC CITY, USA
(Tim Vision)
NASHVILLE
(Paramount)
“Nashville” è un caleidoscopio di personaggi e tracce narrative che si avvicendano sullo sfondo di un festival di musica country. Per i fanatici degli anni 70 segnaliamo un cast di volti iconici di quel decennio: Karen Black, Shelley Duvall, Keith Carradine, Lily Tomlin e Geraldine Chaplin. Concepito con anarchica maestria da Robert Altman, cineasta eccelso che amava smantellare la struttura classica hollywoodiana. Proprio negli anni 70 ha sfornato le sue opere migliori e “Nashville” è sicuramente una di queste. 160 minuti di grande cinema, di quello che svezza e tempra il carattere, perché non concede sconti, richiedendo una partecipazione attiva da parte dello spettatore per orientarsi tra la miriade di input visivi e sonori. Ma è un’esperienza che vi raccomandiamo, anzi vi ordiniamo di vivere almeno una volta.