#1 THE DRILLER KILLER
Il grezzo ma efficace esordio alla regia di Abel Ferrara, regista proveniente dal porno di cui mantiene una certa estetica spartana. Siamo nella New York degli anni 70: un pittore paranoico e stressato dalle visioni che lo perseguitano precipita nel gorgo della follia omicida e usa un trapano elettrico per uccidere i senzatetto.
#2 LA PICCOLA BOTTEGA DEGLI ORRORI
Black comedy con incursioni nel fantastico, o viceversa. Fate voi. Lo firmò Roger Corman nel 1960 utilizzando un budget ridicolo e una pianta carnivora e parlante, la vera protagonista di un film da cui poi fu tratto un musical off-broadway e successivamente un remake. Girato in due giorni e una notte, appartiene all’epoca romantica e insaziabile (come la pianta) dei B-Movies: i nervi e i capillari della settima arte.
#3 SCIARADA
Come si fa a rimanere indifferenti alla classe di Cary Grant? Alle sue impercettibili variazioni della mimica che rivoltavano ogni sequenza come un guanto nel giro di una manciata di secondi? E come non amare Audrey Hepburn e il suo portamento più elegante dei vestiti di Givenchy che indossa? La sua altrettanto impercettibile ironia dietro gli occhi da cerbiatta? “Sciarada” è un thriller di Stanley Donen coi due suddetti fenomeni al centro di un ingegnoso enigma. Ma sarebbe una descrizione riduttiva per un film (uno dei tanti della Hollywood classica) che sintetizza i motivi per cui ci sediamo a guardare, appunto, un film.
#4 INDISCRETO
Prendete quanto già scritto per “Sciarada”, ma sostituite Audrey Hepburn con Ingrid Bergman, coprite il giallo del thriller con il rosa della commedia sofisticata, con tutti gli inganni e i sotterfugi dell’innamoramento. Aggiungete Cary Grant che balla in smoking e a una serie di malintesi e doppi giochi fino all’happy ending (l’incanto della commedia hollywoodiana classica: snobbare il concetto di spoiler). Ma soprattutto concentratevi su quella patina che non ha proprio un nome, ma che se l’avesse forse sarebbe glamour. Lasciate spazio ai sogni ad occhi aperti e avrete “Indiscreto”.
#5 CRIMINALE DI TURNO
Un noir di grande calibro racchiuso in 87 minuti in bianco e nero. C’è Kim Novak (che sostituì all’ultimo Rita Hayworth) praticamente al suo debutto e già moglie di gangster e dark lady dal fascino seduttivo scaltro e implacabile. Ne fa le spese Fred MacMurray, il poliziotto che riceve l’ordine di pedinarla. Lo segnaliamo perché nel 1954 era un film come tanti, mentre ora sarebbe un gioiello da transennare in un museo. Non c’è un’inquadratura sbagliata.
#6 GLEN OR GLENDA
Ricordate “Ed Wood”, il film che Tim Burton dedicò al ‘regista peggiore del mondo’? “Glen or Glenda” è opera proprio di Wood e non sarete mai dei cinefili rispettabili se non dedicate appena 78 minuti della vostra vita per dare un’occhiata a questo passatempo da Drive-In diventato nel susseguirsi dei vari ‘ismi’ un (parola abusata) cult. C’è Bela Lugosi, però. Che è come mettere Meryl Streep in un filmino da matrimonio. E si parla travestitismo e transessualità nei castigati anni cinquanta di Eisenhower.
#7 REBECCA – LA PRIMA MOGLIE
Il primo film americano di Alfred Hitchcock. E l’unico dei suoi capolavori premiato con l’Oscar. Basterebbe questa frase di lancio per tuffarci nell’atmosfera gotica e lugubre che il maestro del brivido confezionò adattando il romanzo di Daphne Du Maurier, in uno sguinzagliarsi di soluzioni registiche geniali che legano una storia di sessuofobia, ossessione, omicidio. E tantissimo altro ancora, con un ventaglio di interpretazioni e rispecchiamenti da scovare fra le inquadrature. Ne è stato fatto un remake, targato Netflix, nel 2020, di cui preferiamo non parlare. Di Rebecca ce n’è una.
#8 PROFONDO ROSSO
Il manifesto del cinema di Dario Argento e del suo talento nutrito dal morbo del perturbante. La struttura classica del giallo viene decostruita ed esplode come in un’improvvisazione jazz, grazie alla regia istintiva, irregolare, continuamente a caccia di una soggettiva impossibile. Cinema inteso come vertigine e sfida all’ignoto, all’inconscio e alle rigidità accademiche. Agitatore di demoni interiori e pulsioni profonde. E tutto sotto una cappa diabolica. In Italia non c’è più stato un fuoriclasse come Dario Argento.
#9 FANTASMI A ROMA
Da una sceneggiatura di Ettore Scola, Ennio Flaiano e Ruggero Maccari, il regista Antonio Pietrangeli mette in scena una commedia surreale sull’alleanza di quattro fantasmi contro la speculazione edilizia nell’Italia del boom economico. Gli spettri in questione sono Tino Buazzelli, Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni. Otto nomi tutelari del cinema italiano dietro e davanti la macchina da presa per una pellicola fuori dagli schemi che innesta la commedia all’italiana nel fantastico. Standard sempre superlativi per un’epoca fertilissima. Un film che non deve essere dimenticato.
#10 REPULSION
Il primo film occidentale di Roman Polanski, nel 1965, apre la sua ideale ‘trilogia claustrofobica’ (seguiranno: “Rosemary’s Baby” e “L’inquilino del terzo piano”) e scava nella complicata mente sessuofoba di una manicure, interpretata da Catherine Deneuve, che comincia a far fuori tutti i suoi malcapitati spasimanti. In un appartamento londinese che diventa l’epicentro del delirio.