LA PUBBLICITA’ (INVOLONTARIA) FUNZIONA. E COSI’, DOPO L’INCIDENTE CON WILL SMITH ALLA NOTTE DEGLI OSCAR, SIAMO ANDATI A RECUPERARE “TAMBORINE”, LO SHOW DI CHRIS ROCK DISPONIBILE SU NETFLIX, CHE NEL 2018 SEGNO’ IL RITORNO ALLA STAND-UP COMEDY DEL COMICO CRESCIUTO A BROOKLYN. NE APPROFITTIAMO PER PARLARNE UN PO’: DI LUI, DELLO SPETTACOLO E DELLA COMICITA’ MADE IN USA.

Chris Rock torna a casa. Per la precisione a Bedford Stuyvesant (anche detto Bed-Stuy), il quartiere situato nel borough di Brooklyn dove il comico, nato nel South Carolina, è cresciuto quando i suoi genitori si trasferirono a New York. A dieci anni di distanza dall’ultimo show, approfittando della richiesta bulimica di stand-up comedy, Rock risale su un palcoscenico non da presentatore, bensì da protagonista, per offrire la sua ironica visione del mondo, filtrata dall’osservazione delle incoerenze che ci circondano. Per un’ora e mezza Chris Rock parla di sé, della società americana, del rapporto sempre problematico fra neri e bianchi, di paternità e del divorzio. Finalmente un prolungamento autobiografico da parte di chi, con una sitcom autobiografica in quattro stagioni – “Tutti odiano Chris” – raggiunse l’apice di una carriera cominciata all’inizio degli anni 90 nella palestra del Saturday Night Live e con la benedizione dell’amico Eddie Murphy.

Se nella serie, condita dai suoi caustici commenti fuori campo, Rock zoomava sul significato di essere teenager nell’America degli anni 80 (e unico ragazzino di colore a scuola) in “Tamborine”, con le scorciatoie che il linguaggio più veloce e diretto della stand-up comedy permette, Rock lancia il guanto di sfida mettendo a nudo i suoi 50 anni e scaldando la folla con incongruenze e paradossi. Dal pericolo di dimenticarsi di essere consapevole della propria età (esilarante il suo tentativo di rimorchiare Rihanna) arrivando all’elogio del bullismo (quello vero, non il cyber-bullismo) come cruciale preparazione alla vita, impedimento all’obesità (“Adesso molti ragazzi sono ciccioni perché non c’è più nessuno che ruba loro il pranzo”) e conseguente dominio del mondo da parte di chi ne fu vittima (“Nerd rule the world”).

Alcune osservazioni sono più percepibili da chi vive negli Stati Uniti, mentre a noi arrivano di rimbalzo, ma ci sono tuttavia culturalmente adiacenti per ovvi motivi di presenzialismo anglosassone sui nostri schermi. Il dibattito sulle armi da fuoco ad esempio, che Chris Rock stritola prendendo in giro le cantilene prive di logica di chi ne difende il libero possesso. E la questione razziale, naturalmente (“Vorrei vivere in un mondo in cui i poliziotti uccidono lo stesso numero di bianchi e neri”), con la divertente educazione che lui ha impartito alle sue figlie per prepararle a vivere in un mondo governato dai bianchi.

Il monologo scivola via soffermandosi sulle mele marce all’interno dei dipartimenti di polizia, accenna alla cattiveria dei bambini, ai palesi errori commessi da Dio, alla dipendenza dalla pornografia, per poi prendere di mira le relazioni di coppia al tempo della tecnologia con una formula semplice e lapidaria per farle funzionare sempre.

In una delle battute finali, quando la platea ormai è surriscaldata, Chris Rock afferma: “solamente le donne, i bambini e i cani ricevono amore incondizionato. Gli uomini vengono amati solamente se sono in grado di produrre o di fornire qualcosa”. Ed è questo l’aggancio più solido fra lui e gli altri comedian, maschi e femmine, che dilagano negli ultimi anni. La situazione del maschio eterosessuale e oltretutto afroamericano nel ventunesimo secolo. Ai tempi del politically correct, del MeToo e del ditino alzato. Situazione sociale, esistenziale e legale che nei salotti buoni/buonisti (i giornali a trazione progressista-femminista, il web coi suoi miracolati commentatori tuttologi, la tv con i suoi semplicistici programmi inclusivi) viene sviscerata superficialmente, a beneficio di un fruitore medio che ha bisogno di essere scolasticamente rassicurato. Come se il mondo fosse facilmente infiocchettabile e la vita un lavoro pulito e non sporco e complicato che tutti dobbiamo pur fare.

La stand-up comedy negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per bocca e microfono dei suoi migliori paladini (Dave Chappelle, Bill Burr, Nikki Glaser, Whitney Cummings – e mi fermo qua ma ce ne sono molti altri), si incarica di setacciare nel labirinto delle connessioni sociali, esistenziali e legali appunto, per individuare il bullone allentato e trasportarlo sull’altare del dibattito. Per questo la stand-up comedy è diventato il luogo privilegiato della disputa di stampo politico, che un comedian non deve tuttavia risolvere. Un comedian non fa da paciere nella corrida in cui ci troviamo a vivere. Perché sicuramente non ha contribuito a crearla. Deve limitarsi a focalizzarne le contraddizioni e il caos avendo un’unica divinità a cui genuflettersi: la risata. Come si colloca Chris Rock in questo scenario? Guardando “Tamborine” e paragonandolo agli spettacoli dei suoi colleghi, l’approccio di Chris Rock è graffiante ma soft, dissacrante ma di per sé edulcorato. Sciorina le sue battute con quel sorriso da Joker buono stampato in faccia, ferendo ma senza uccidere né fare prigionieri. Dipende dal livello dei nostri standard personali. L’approccio di Rock non è un difetto ma una scelta stilistica. Tutto è relativo. Come avrebbe reagito Will Smith se fosse passato per le grinfie ben più feroci di Jimmy Carr o di Ricky Gervais? O come avrebbe reagito davanti alla presenza scenica di un Jason Momoa o di un Dwayne Johnson. Tutto è relativo, dunque. Specie nella patria del ‘roasting’, che ha origini goliardiche e ha prodotto un tipo di show comico all’insegna del dileggio, con tanto di officiatore, chiamato Roastmaster, in cui le celebrità si annientano, prendendosi gioco di aspetto fisico e vita privata, superando quindi ciò che andrebbe considerato come il limite consentito. Ma chi dovrebbe stabilirlo? Quando in realtà si tratta a tutti gli effetti di una (auto)celebrazione sovraccaricata proprio dall’insulto, inteso come omaggio alla carriera. La battuta di Chris Rock a Jada Pinkett Smith che ha scatenato il putiferio ne è un esempio basico. Per concludere e se volete godervi lo show di Chris Rock, aggiungiamo che, sempre su Netflix, ne esiste anche una versione estesa: “Chris Rock Total Blackout – The Tamborine Extended Cut”, che contiene materiale inedito, fra cui delle riprese fatte dietro le quinte e uno stralcio dell’intervista che Rock ha rilasciato ad Howard Stern in cui racconta la sua esperienza con il bullismo.

L’ALGORITMO UMANO CONSIGLIA

WILLY, IL PRINCIPE DI BEL-AIR

(Sky, Now, Netflix)

Stagione 6, Episodio 2: “ Il nuovo lavoro”.

In questo episodio, Will Smith e Chris Rock lavorano insieme senza sberle. Chris Rock interpreta il doppio ruolo di Maurice e Jasmine. Il primo è un famoso comico che chiede a Willy, diventato suo assistente, di uscire con sua sorella (Jasmine), tutt’altro che un fiore di bellezza e scatenando i tipici equivoci da sitcom.

MANUALE D’INFEDELTA’ PER UOMINI SPOSATI

(Disney)

Seconda regia per Chris Rock, è il remake di “L’amore il pomeriggio”, deliziosa commedia girata da Eric Rohmer nel 1972. Chris Rock lo trasla nella New York del 2007 e interpreta Richard, un uomo e marito apparentemente felice e risolto, fino all’incontro con Nikki, che insinua in lui la tentazione del tradimento, mentre sua moglie sembra troppo presa dal lavoro a discapito della loro sintonia sessuale. La sceneggiatura è firmata dallo stesso Chris Rock insieme a un altro gigante della comicità americana: Louis C.K.

NEW JACK CITY

(Chili, Google Play, Apple tv)

Se volete vedere Chris Rock in un ruolo drammatico, la migliore occasione è tornare nel 1991, all’esordio alla regia di Mario Van Peebles: un crudo thriller metropolitano che schiera anche Wesley Snipes e il rapper Ice-T, per raccontare l’ascesa e il capitombolo di un gangster che traffica crack. Chris Rock è Pookie, un senzatetto tossicodipendente ingaggiato dalla polizia affinché si infiltri nella banda del criminale.

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