In attesa della cerimonia del 25 aprile, che consegnerà i premi più ambiti dell’anno, vi proponiamo ogni giorno un film diverso fra i trionfatori del passato.
KRAMER CONTRO KRAMER
(SKY CINEMA, NOW TV, CHILI, RAKUTEN, APPLETV, GOOGLE PLAY)
Miglior Film
Miglior Attore Protagonista: Dustin Hoffman
Miglior Attrice Non Protagonista: Meryl Streep
Miglior Regia: Robert Benton
Miglior Sceneggiatura Non Originale: Robert Benton
“Kramer contro Kramer” è un film che fece epoca.
Non si scappa da questa frase quando si menziona l’opera di Robert Benton, datata 1979. Con lo stesso automatismo con cui se ne sottolinea, ancora oggi, l’assoluta validità del lascito. Sono convincimenti che finiscono per soffocare ogni tentativo di contestualizzazione di un’opera che, rivista in tempi di social, movimento #metoo e femminismo scalpitante, potrebbe innescare reazioni imprevedibili.
La crisi coniugale, la messa in discussione della famiglia tradizionale e la battaglia per l’affidamento dei figli sono argomenti che calpestano il pavimento di una stanza tutt’altro che ermetica, delimitata anzi da una di quelle porte da saloon in cui si entra e si esce continuamente, portando sulla tavola del dibattito nuovi e inediti punti di vista, impensabili ai tempi.
Si è detto di un certo, velato paternalismo misogino che si insinua nella narrazione, ma è pur vero che in “Kramer contro Kramer” viene spezzato il tabù della donna casalinga a cui viene riconosciuto il diritto al disagio esistenziale e il diritto a un desiderio ‘altro’.
Ma, 40 anni dopo, non ce la facciamo a definirlo rivoluzionario. Notevole sì, rivoluzionario no. Perché le crepe nell’American Way of Life erano già state tracciate da molti altri contributi (siamo all’alba degli anni 80 e il New American Cinema ha già fatto furore) linguisticamente più sperimentali. John Cassavetes aveva già detto parecchio, tanto per intenderci. Per non parlare delle accentuate sfumature e delle sovversive incursioni di tanto cinema europeo dentro al tema dell’istituzione familiare.
“Kramer contro Kramer” fu soprattutto la celebrazione dell’industria hollywoodiana e del suo formidabile intuito nello sfornare il film giusto al momento giusto; il fiore all’occhiello di un vestito di classe, ma mainstream (non è una parolaccia, né un difetto) costruendo la sua impalcatura su Dustin Hoffman e Meryl Streep: il primo in piena sbornia da Metodo dell’Actor’s Studio, la seconda che a 30 anni sembrava già la più brava di tutti. Le solide fondamenta sono poi da trovare nella sceneggiatura (che Benton adattò dal romanzo di Avery Corman) che ha il merito di sfoggiare una verbosità dinamica in cui l’evoluzione dei personaggi è palpabile, incastonata in dialoghi che ancora oggi sono impeccabili e hanno superato di slancio la prova del tempo.
Nell’aspra battaglia legale fra Ted e Joanna per l’affidamento del piccolo Bill, così come nell’educazione sentimentale fra padre e figlio, troviamo più che altro un richiamo generazionale, dedicato ai nati negli anni 40-50, adolescenti nel ’68 e alle prese, nell’età adulta, con una concezione della società che non ammette distrazioni, come possono esserlo gli impegni familiari (Ted perde l’impiego dopo che Joanna ha lasciato il focolare domestico e lui è costretto ad occuparsi del bambino). Il contesto è quello tipicamente borghese di stanza a New York, che può essere considerato un genere a sé, oltre che un assegno in bianco su cui sono apposte le firme della star de “Il Laureato” e di un’attrice in rampa di lancio, fresca interprete di due colossi come “Manhattan” di Woody Allen e “Il cacciatore” di Michael Cimino.
“Kramer contro Kramer” fece epoca perché Hollywood lo impacchettò in maniera tale da renderlo un’unità di misura su cui tarare i successivi epigoni (pensiamo al recente “Storia di un matrimonio” di Noah Baumbach). Un prototipo eccellente e fiero che dalla sua teca ancora risolve le serate e suggerisce opinioni. Un film che non passerà di moda perché di fatto ne ha imposta una.
LA SCENA CULT