DOPO ANNI DI SKY, ALESSANDRO CATTELAN APPRODA, “DA GRANDE”, SU RAIUNO: UN ESPERIMENTO CHE RICORDA QUELLO DEL DOTTOR FRANKENSTEIN, UNA CREATURA IBRIDA INQUIETANTE, MA CON UN SUO FASCINO
Alessandro Cattelan ha lasciato X Factor e Sky la stagione passata, ha scritto un programma tutto suo, Da grande, e la Rai ha deciso di dedicare due prime serate a questo esperimento sulla rete più importante, RaiUno, l’ammiraglia, come si continua a dire in desueto gergo marinaresco. Essendo RaiUno, essendo Cattelan, tutti ne parlano: uno dei più importanti critici televisivi italiani ha recensito negativamente il programma, in tantissimi hanno difeso quanto meno il coraggio di aver proposto una cosa nuova, tutti hanno elogiato il conduttore/autore. Se volete avere una vostra opinione, c’è RaiPlay su cui verificare di persona, se invece non avete 2 ore e 20 minuti da impiegare in questa operazione, potremmo di seguito darvi la nostra.
Ma non è facile…
Prima di tutto bisogna dire che qualsiasi spettacolo venga trasmesso la sera su RaiUno tende a trasformarsi in varietà, con tutte le implicazioni vintage che questo termine evoca. Da grande è proprio da statuto un varietà: l’autore conduce, parla, intervista ospiti, canta e balla con loro. A legare tutti questi elementi c’è un ‘tema’ (abbiamo già gemuto sui danni dei programmi ‘a tema’?), che è quello di Alessandro Cattelan che si chiede e chiede ai suoi ospiti come sia diventare grandi, e siccome ha 41 anni suonati si prende amabilmente in giro per il ritardo con cui arriva questa domanda. Diventare grandi, per un conduttore televisivo è arrivare su RaiUno. Come una maturità professionale assoluta, come un punto di arrivo, come – questo lo dico io – la mortifera stazione finale della via crucis.
Questo ago cuce insieme tanti elementi eterogenei, e la trama è fin troppo visibile: nella sceneggiatura che traspare in controluce vediamo l’ingenuità del Cattelan autore, ma la perdoniamo dato che il ragazzo è appena diventato, appunto, grande.
La dialettica ‘il famoso Cattelan dai canali satellitari arriva a mamma Rai’ è proprio il nerbo della trasmissione, ma finisce per essere una specie di catena che appesantisce e gli impedisce di volare dove, sembra, vorrebbe. La trasmissione è forsennatamente autoreferenziale, RaiUno parla di sé stessa in un delirio egotico che la massiccia componente autoironica non basta a perdonare. La lunghissima introduzione con i volti stra-noti del canale (Carlo Conti, Antonella Clerici, Michele Guardì) che insegnano a Cattelan cosa aspettarsi e lo prendono bonariamente in giro e poi il seguente balletto con canzone in tema, annullano l’efficacia con la reiterazione. Non è che dicendo 30 volte che a 41 anni non sei più una giovane promessa l’effetto comico aumenta proporzionalmente: alla seconda volta ti stai annoiando. Questo il rischio di Da grande: Cattelan è un ragazzo, pardon, un uomo, educato e sembra quasi che, dato si trova ospite su RaiUno, si senta in dovere di omaggiare il suo padrone di casa, concedendo molte cose tipicamente Rai per poter poi lasciar passare alcune cose tipicamente Cattelan. Infatti la domanda è: in questa trasmissione, è Cattelan che si raiunizza, o Raiuno che si cattelanizza?
Un piccolo schema può aiutarci a capire.
COSE MOLTO RAI
Il siparietto con Il Volo, in cui Cattelan e i tre giovani tenori fanno il verso alle boy band con tanto di parrucche e travestimenti.
La lunghissima intro autoreferenziale (di cui si salva la citazione dal film di Scorsese ‘The Wolf of Wall Street’, geniale)
La presenza di Antonella Clerici nel suo studio, con relativi spaghetti avanzati da La prova del cuoco
L’omaggio a Raffaella Carrà di Elodie e l’ospitata canterina di Marco Mengoni
COSE MOLTO CATTELAN
I monologhi del conduttore, evidentemente scritti da lui, brevi e spumeggianti come quelli del programma che conduceva su Sky, EPCC (E poi c’è Cattelan), sulla falsariga dei ‘late show’ americani, da cui mutua anche
Le interviste del conduttore: Luca Argentero primo ospite, divertito e complice, collabora alla riuscita di un segmento che introduce la modernità attraverso l’uso di Instagram
I quiz che prendono in giro i quiz: giocando sull’imbarazzo che i giochi televisivi provocano a volte in chi guarda, ma sottolineando come non si riesca a non lasciarsi coinvolgere, Cattelan segna il primo punto vero a suo favore, centrando la misura di quell’autoironia che dall’inizio la trasmissione va cercando e sbandierando, anche grazie alla presenza di Paolo Bonolis, che, qualsiasi cosa si pensi di lui, è uno in grado di fare la televisione con la sola alzata di un sopracciglio, parlando letteralmente.
L’ospite finale, il giovanissimo trapper Blanco, che si esibisce non in modo classico, ma visto attraverso la telecamera dello stesso conduttore, che un momento ha ammesso che la tv non è più così necessaria per le giovani generazioni
Foto RAI
Insomma? Che giudizio dare? Piaciuto, non piaciuto? E, la domanda più importante, a quale pubblico era rivolto questo programma? RaiUno sembra non cercare il pubblico di Cattelan, si identifica nel presuntuoso e cinico personaggio di The Wolf of Wall Street che Conti imita all’inizio, che sfotte tutti e non si cura di nessuno. Cattelan invece pare che voglia ammorbidire il pubblico di RaiUno, ma le citazioni di boy band, star dei social, musica di ultimissima generazione non sono certo bocconi facili per il target elettivo del canale, quelli nati durante la Seconda Guerra Mondiale, più o meno. Dunque?
Dunque niente: siamo qui a parlarne, e c’è RaiPlay dove qualcuno andrà a vedere di cosa si tratta, però la verità è che le due anime, quella intelligente, modernamente frenetica e leggera di Cattelan, e quella lenta, ammiccante, tradizionalmente supponente di RaiUno non si fondono, e come in chimica succede all’olio e all’acqua, non danno vita a una soluzione armonica, ma a una giustapposizione strana che, stando a google, si chiama emulsione.
Foto RAI
Un Frankenstein di canti e parole, una creatura ibrida di cui non so cosa pensare veramente. Tuttavia, c’è una cosa che salva, una cosa vincente: la spontaneità di Alessandro Cattelan, giovane o non giovane, è preziosa e soprattutto contagiosa. Il suo modo di fare scanzonato ma garbato, intelligente e ironico ma rispettoso, misurato senza sforzo, ammanta ogni cosa e si propaga sui suoi ospiti, che non sono tutti allo stesso livello, ma vengono tutti coinvolti allo stesso modo da quel mood di elegante understatement che lo caratterizza. Con lui tutti sembrano ‘simpatici’ (e non tutti lo erano…) come lui, che tiene il palco con una disinvoltura che è la sua vera, invidiabile e invidiata, cifra. Un carisma che ricorda, aggiornatissimo al 2.0, un Corrado del tempo che fu, o meglio un fantasista come Fiorello, con sicuramente meno talenti artistici ma con una freschezza che il sessantenne Rosario non può più avere.
Quindi, se proprio volete un’opinione, prendete come positivo il fatto che guarderemo anche la seconda puntata, stavolta in diretta, per vedere se ‘la creatura’ di Frankenstein, anche stavolta, riesce a cavarsela. Tenendo conto, come viene detto nella trasmissione, che le opinioni al giorno d’oggi hanno una scadenza, e questa nostra è come quella delle uova: dura un mese e non di più.