DALLO STESSO AUTORE DI “THE UNDOING” E “BIG LITTLE LIES”, UNA SERIE CHE CONFERMA LA RINASCITA DI NICOLE KIDMAN, STAVOLTA NEI PANNI NEW AGE DI UN’ALGIDA ED ENIGMATICA SANTONA DI ORIGINI RUSSE, A CAPO DI UN LUSSUOSO CENTRO BENESSERE CHE ACCOGLIE NOVE OSPITI, SCHIAVI DEI PROPRI CONFLITTI INTERIORI E ALLA RICERCA DEL BENE PIU’ PREZIOSO: LA SERENITA’. DA RITROVARE RIGOROSAMENTE OFFLINE.
NOVE PERFETTI SCONOSCIUTI (Amazon Prime)
Chiamatela formula vincente, tendenza collaudata, moda passeggera, oppure hashtag. Fatto sta che “Nove perfetti sconosciuti” si insinua nel solco già tracciato da “The Undoing” e “Big Little Lies”. Non solo perché lo showrunner è lo stesso – David E. Kelley – e perché il romanzo da cui è tratto è firmato da Liane Moriarty (già autrice, appunto. della versione cartacea di “Big Little Lies” – mentre “The Undoing” era farina del sacco di Jean Hanff Korelitz). Né perché conferma l’inarrestabile nuova carriera di Nicole Kidman, per cui è stato anche coniato un termine specifico: “Kidmanaissance”.
Come le sue due sorelle catodiche, anche la nuova serie targata Amazon Prime sceglie una cornice di lusso, una confezione estetica patinata con un interior design curatissimo in cui inserire personaggi mediamente benestanti e legati fra loro da uno spartito da suonare attorno ai capisaldi del thriller. Dopo il delitto che scuoteva le tre milf, habitué di una comunità alle prese con le sue piccole grandi bugie; e dopo i brutali inganni di coppia di “The Undoing”, a riunirsi intorno al focolare del classico mistero insondabile sono i nove sconosciuti del titolo, giunti nella Tranquillum House, gestita dalla misteriosa Masha Dmitrichenko, per ritrovare se stessi scacciando le paturnie che li perseguitano. Un cast che merita rispetto e attenzione: Michael Shannon, Bobby Cannavale, Luke Evans, Regina Hall e Melissa McCarthy sono i grandi nomi che si affiancano alla carismatica attrice australiana, che passeggia per i viali del resort con la stessa elegante leggiadria con cui veleggiava tra i viali di Central Park in “The Undoing”.
Colazione alle 7, pranzo alle 12 e cena alle 19.30. Le regole sono tassative e la dieta un tassello essenziale per la ristrutturazione di se stessi fra agopuntura, massaggi, sedute di yoga, smoothie personalizzati (e dagli ingredienti sospetti) e lunghi momenti di meditazione da effettuare dentro delle fosse scavate dagli ospiti stessi, a conferma delle procedure insolite e poco ortodosse messe a punto dalla sibillina guru dal sangue sovietico e dalla personalità sociopatica, visto che sorveglia di nascosto ogni singolo ospite. Non si fatica a capire che la Dmitrichenko abbia selezionato proprio quei 9, i cui demoni interiori sembrano compensarsi fra loro, per un altro scopo. E non ci si stupisce quando dal suo passato arrivano riverberi di turbolente trasgressioni ed esperienze molto adiacenti alla morte.
Tanta carne al fuoco, malgrado il mood tipicamente vegano ed ascetico della serie che sottolinea il bisogno di nuove bussole e nuove mappe per giungere alla sperata frontiera, quella della consapevolezza, della liberazione dalla nevrosi. Roba da occidentali smarriti. E se lo strizzacervelli non basta più, ecco sbucare nuove figure intermediare con le loro promesse di magici elisir rigeneranti che profumano di incenso ma celano l’essenza sgradevole dell’inganno.
Il ritiro dalla routine tossica a qualunque costo, per rielaborare impicci e altarini che non fanno dormire sonni tranquilli, e conquistare un’esistenza più pulita. E’ questo il vessillo che sventolano gli ospiti della Tranquillum House, dopo aver staccato un corposo assegno e firmato il consenso per accettare di finire nelle grinfie della sedicente curatrice. Anche in questa serie Kelley procede nel suo spietato sopralluogo fra le debolezze e le contraddizioni della upper class.
9 sconosciuti, 10 giorni e 8 episodi, dunque. Questi i numeri della serie che però non permette il binge-watching. Amazon rilascia infatti i primi tre episodi immediatamente, mentre per i successivi rispetta la cadenza settimanale, come nei palinsesti vecchio stampo. Del resto guarire richiede pazienza, capacità di saper aspettare e tempi di riflessione. Gli stessi che si prende la linea narrativa di “Nove perfetti sconosciuti”: un inizio lento, dilatato e ambiguo prima del decollo verso il clou della storia e la risoluzione del rebus.