Le indagini di Lolita Lobosco, Rai1

Primo episodio, VOTO 6.5
Marketing pubblicitario, VOTO 4

Se avessi dato retta al marketing, non avrei avuto occasione di vedere il primo episodio di Le indagini di Lolita Lobosco, serie su Rai1 (la domenica sera) e su RaiPlay ispirata alla serie di romanzi polizieschi della scrittrice pugliese Gabriella Genisi , interpretato da Luisa Ranieri.
Il tam tam pubblicitario prima dell’episodio La circonferenza delle arance, infatti, aveva tutto per risultare respingente.

Un commissario donna che svetta sul tacco 12, un poliziotto tosto che non rinuncia alla sua sensualità e alla femminilità, finalmente una donna che-sa-imporsi-senza-diventare-un-uomo’: questo il messaggio delle interviste rilasciate soprattutto dalla bellissima protagonista, in descrizione e difesa del suo personaggio (tremo all’idea del momento in cui dovremo dire ‘personaggia’…). Messaggio programmatico, insomma, proclama troppo esplicito-educativo, gridava NOIA NOIA.
E poi l’insistenza con la quale sceneggiatori e interpreti si sono accaniti a dichiarare ‘Non chiamatela Montalbano al femminile’: totalmente fuorviante!


Non solo perché, banalmente, Luisa Ranieri è la moglie di Luca Zingaretti e, più concretamente, la serie è prodotta dalla sua casa di produzione (la Zocotoco, in collaborazione con Rai e Bibi Film TV), e per ogni italiano medio Luca Zingaretti E’ Montalbano. Dire che Lolita Lobosco non è Montalbano in gonnella è fuorviante perché l’autrice dei romanzi ha dichiarato in mondo esplicito di essersi ispirata a Camilleri, al commissario Montalbano, e di aver sognato la sua Lolita come un contraltare femminile dell’ormai iconico poliziotto di Vigata. Quindi, perché non ammetterlo? Anche qui si può vedere un tentativo un po’ goffo di negare una cosa per affermarla, ‘non dite che è come Montalbano’, per sottintendere invece ‘è tipo Montalbano, ma su tacco 12, pensa che figata’.

Insomma, pareva un’esca per pollastri, un tipico battage della Rai destinato ad un pubblico poco esigente e poco smaliziato (che ormai esiste solo nelle loro menti).

Però.
Però il regista è Luca Miniero, che ha diretto i due successi di Benvenuti al Sud e Benvenuti al Nord, e soprattutto Sono tornato, intelligente surreale riflessione sui temi di un certo pericoloso riaffiorare della nostalgia del fascismo.
Però l’interprete è notevole
, certamente per presenza scenica e per una innegabile, inevitabile ‘rappresentatività’ della più trita immagine di sensualità mediterranea: veniva curiosità di sapere se davvero questa esplosiva moracciona sarebbe riuscita a sembrare assertiva sul famoso tacco 12 e con la quinta di reggiseno.
Terzo però, che ha fatto vincere l’opzione ‘affronta la visione’, è stato l’interesse per vedere questo ennesimo adattamento da un poliziesco regionale italiano, che è ormai un sottogenere vastissimo della televisione, pubblica e no, del nostro paese.

Quindi?
Quindi niente. E’ buono. E’ piacevole. Si lascia guardare e anzi, di più, fa venire voglia di vederne ancora.
Scommessa vinta, quindi, NONOSTANTE il marketing banale e irritante.

Certo ci sono i clichè. E pieno di cliché, anzi: c’è il sud con il suo calore e la sua calata, c’è Bari accogliente e indolente, ci sono i poliziotti troppo ingenui, ci sono le donne un po’ sante e un po’ puttane, ci sono le mamme che ti soffocano di lasagne e cartellate alla cena di Natale, ci sono i mezzi delinquenti buoni di cuore e i ricchi calcolatori e senza sentimenti. Ma sono cliché affettuosi, rassicuranti, e, come sa chiunque abbia una zia o una conoscente pugliese che lo ha quasi ucciso a panzerotti, hanno un fondo di verità. Un’Italia, effettivamente, come quella raccontata da Montalbano, un meridione che un po’ si merita la sua fama ma sicuramente non una condanna senza appello.
Soprattutto, il femminismo superficiale e un po’ banale della donna-tosta-ma-femminile-non-rinuncio-al-tacco-12 non è il fulcro della storia. Messo in evidenza subito all’inizio (la vice-questore che sente un agente dire ‘e che mi faccio mettere i piedi in testa da una donna?’ e che lo fulmina con lo sguardo) il ‘tema’ del girl power percorre sottotraccia tutto l’episodio, ma non ne è l’anima. L’anima è un’indagine che coinvolge il personale più personale della commissaria, e, per una volta, il caso è chiaro, non ci sono trame orizzontali o sottotrame, e si segue con interesse l’escalation della storia di un presunto stupro che finisce in un brutale assassinio.
Per dirla tutta, non ci sentiamo di chiedere di più. Quindi per noi questo titolo ha un segno più, un po’ inatteso, dovuto anche a una scrittura senza troppe pretese ma che nemmeno rinuncia alla verosimiglianza e a lasciare traccia di una certa ironia in quasi ogni dialogo.
Menzione speciale per Lunetta Savino, che interpreta la protettiva madre della protagonista, l’unica del cast principale ad essere veramente barese, e a portare alta la bandiera del vero accento di quella città: un inimitabile misto di andamento strascinato, vocali chiuse, e improvvisi guizzi di vivacità che serrano e strozzano le sentenze sul loro finire quando l’interlocutore si altera. Quello vero, è una musica per le orecchie, quello recitato, anche bene, suona stucchevole.

 

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