Quanti record per una premiazione tanto prevedibile.
Nell’anno della pandemia e del politicamente corretto a tutti i costi, il premio Oscar – quello importante, quello che rappresenta la risposta alla domanda ‘chi ha vinto l’Oscar?’, ovvero quello alla categoria ‘miglior film’ – va al favoritissimo Nomadland, già trionfatore al Festival di Venezia, ai Golden Globes e ai premi Bafta.
Già nelle rose dei canditati la scelta era stata gobalmente politically correct in questo 2021, cioè nelle nomination questa volta si era tenuto conto di ogni inclusione possibile, si era aperto alle diverse etnie e maggiormente alle donne, come previsto dopo le aspre, giuste anche se ormai estreme rivendicazioni nate da 5 anni a questa parte.
Quindi qualsiasi film avesse vinto, sarebbe stato inclusivo, corretto, scelto in una lista davvero ‘varia’, non più solo maschi bianchi caucasici etero.
Nomadland infrange però tutti i record, perché vince anche per la miglior regia, e la regista è una donna, seconda donna nella storia dell’Osca a vincere il premio in questa categoria dopo Kathryn Bigelow (nel 2010 per The Hurt Locker: la signora scippò il premio nientemeno che all’ex marito James Cameron per il leggendario Avatar), e prima asiatica.
Chloé Zhao, classe 1982, è infatti nata a Pechino da genitori cinesi, ha studiato in America ma ha profonde radici nella sua cultura di origine. Questo non le ha impedito di fare un film intensamente americano, anzi capace di rappresentare un’America poco conosciuta nell’immaginario mainstream ma dolorosamente reale e vitale, quasi documentaria. Basandosi sul reportage durato tre anni della giornalista Jessica Burder, Zhao racconta la vita di una donna che, durante la grande crisi economica del 2008, perde tutto quello che aveva e sceglie di andare a vivere in un furgone, spostandosi lungo la strada e scoprendo un mondo di nomadi che riempie il cuore pulsante dell’America degli ultimi.
Un viaggio in una comunità straordinariamente ricca e viva nonostante le sue scelte siano sempre dovute a tracolli e sfortune.
Un film che, oltre al suo valore (peso?) simbolico – prima donna regista prima asiatica film ‘femminista’ ispirato al lavoro di una giornalista donna – ha un valore intrinseco che pare difficile da negare, visti i premi raccolti a mani basse in giro per il mondo. Dal 30 aprile ognuno di noi potrà giudicare da solo, perché il film approda sulla piattaforma di streaming STAR, di Disney Plus: mai come questa volta, da vedere per giudicare.
Tra le altre cose, giudicare la performance della protagonista, anche lei premiata con un Oscar che la fa entrare nel mondo dei record: la ormai quasi leggendaria Frances McDormand, antidiva, spettinata, antiglamour, senzatrucco e splendida attrice, infatti, arriva a quota 3 Oscar come miglior attrice protagonista, dopo quelli vinti con Fargo (1989) e Tre manifesti fuori Ebbing, Missouri (2018), raggiungendo Meryl Streep e Ingrid Bergman al secondo posto delle più premiate, dietro solo a Katherine Hepburn titolare di ben 4 Oscar.
Un titolo dei record, ma allo stesso tempo premiato in modo prevedibile nel senso di ampiamente meritato: sarebbe bello vedere questo film, come ha chiesto la protagonista durante il discorso di accettazione del premio, sullo schermo più grande possibile. Ma fino a che i cinema nel nostro Paese rimarranno chiusi, la televisione dà una mano all’arte, e dal 30 aprile la possibilità di apprezzare Nomadland sul piccolo schermo, in tutta la sua amara bellezza, i suoi significati socio/artistici e i suoi numerosi Oscar dei record.