IL NOSTRO ALGORITMO UMANO HA SELEZIONATO 6 PRIME TV DA CONSIGLIARE AGLI ABBONATI SKY PER IL MESE DI APRILE. TRA UN HORROR DAL SUPERVISORE AUTOREVOLE E UNA COMMEDIA ROMANTICA CHE RILANCIA LA CREATIVITA’ DI UN GIGANTE DEL CINEMA ITALIANO DEL PASSATO COME ETTORE SCOLA, PASSANDO PER L’ETERNA RIVALITA’ FRA MARVEL E DC COMICS E PROSEGUENDO CON UN VIAGGIO NEL GROTTESCO INTERAMENTE MADE IN ITALY, ECCO CHE SPUNTA “IL COLLEZIONISTA DI CARTE”, L’ULTIMA BELLISSIMA OPERA DI PAUL SCHRADER. BUONA VISIONE!

IL SACRO MALE

(su Sky dal 7 aprile)

Di Evan Spiliotopoulos.  Con Jeffrey Dean Morgan, Cricket Brown, Cary Elwes.

Un produttore prestigioso come Sam Raimi accompagna per mano il debuttante Evan Spiliotopoulos fra deliri di stampo religioso e fake news in un horror che ha per protagonista Jeffrey Dean Morgan, volto noto ai fan di “The Walking Dead” e “Grey’s Anatomy”. Un giornalista abituato a sguazzare negli scoop scandalistici, radicati nell’approssimazione o nella menzogna, investe la sordomuta Alice. La ragazza rimane illesa ma comincia a parlare e a compiere miracoli, affermando di avere visioni di una donna chiamata Maria. Siamo in un borgo rurale ma la notizia diventa virale e raduna le solite migliaia di fedeli. Tuttavia, la Maria che appare non è quella che noi ci aspetteremmo, anzi non sembra avere proprio nulla di santo. Interessante ma non entusiasmante, il film è un contenitore di spunti sulla coscienza religiosa, il bisogno di fede, gli inganni del demonio e un antieroe – il reporter – che da baluardo della verità quale dovrebbe essere, vacilla davanti a una carrellata di misteri inspiegabili. Per chi fosse interessato, è tratto dal romanzo “Shrine” di James Herbert.

IL MATERIALE EMOTIVO

(su Sky dal 12 aprile)

Di Sergio Castellitto. Con Sergio Castellitto, Matilda De Angelis, Berenice Bejo.

Un film che coinvolge un sacco di nomi importanti legati da passato e presente, progetti rimasti colorati sulla carta, legami familiari e sentimentali. Si parte da un soggetto scritto da Ettore Scola, dalla figlia Silvia e da Furio Scarpelli. Un’idea poi sceneggiata e diventata a sua volta una graphic novel illustrata da Ivo Milazzi e pubblicata nel 2014. La prendono in carico, per rielaborare lo script, Margaret Mazzantini e Sergio Castellitto , con quest’ultimo che ne diventa regista e protagonista, chiamando al suo fianco Matilda De Angelis e Berenice Bejo. Siamo a Parigi, e una libreria nei pressi del Theatre de la Providence contiene tutto il mondo di Vincenzo: i suoi amati libri e la sua amata figlia Albertine, costretta su una sedia a rotelle. Una vita monotona, polverosa e priva di scosse, fino all’irruzione di Yolande, esuberante e sanguigna attrice in grado di disseppelire squilibri. La coppia Castellitto-Mazzantini ha il suo pubblico di lettori e appassionati di cinema che qui troveranno ciò che cercano: un confortevole focolare di emozioni all’ombra della Torre Eiffel per ragionare sulla vita senza farsi troppo male.

FREAKS OUT

(Su Sky dal 4 aprile)

Di Gabriele Mainetti. Con Claudio Santamaria, Pietro Castellitto, Giorgio Tirabassi.

Si ricompone la coppia di “Lo chiamavano Jeeg Robot”: Gabriele Mainetti dietro la macchina da presa e Nicola Guaglianone alla sceneggiatura scritta a quattro mani con il regista. C’è anche Claudio Santamaria nel cast, tanto per completare il nucleo portante di quel film che nel 2015 iniettò una linfa nutriente nel cinema italiano. Anche in “Freaks out” l’elemento fantastico contribuisce a far girare la storia, ambientata nella città di Roma sullo sfondo della Seconda guerra mondiale, nel 1943 per la precisione. Quattro artisti del ‘Circo Mezzapiotta’ –  Matilde, Cencio, Fulvio e Mario – devono far fronte alla scomparsa del loro capo e mentore, l’ebreo Israel. Che forse è fuggito, oppure è finito in mano ai nazisti. Sono quattro fenomeni da baraccone senza più la calda protezione del tendone. Matilde ha il potere di folgorare chiunque tocchi; Cencio è un ragazzo albino che controlla gli insetti. Fulvio è ricoperto di peli e dotato di forza sovrumana. Infine c’è Mario, un nano che fa quello che vuole con gli oggetti metallici. Nel frattempo un delirante impresario tedesco vuole scritturarli con scopi tutt’altro che edificanti. Tanta, tantissima carne al fuoco nel film di Mainetti, che cala il suo cinema di genere in un contesto sociale e anche storico molto complesso, alzando la posta in gioco drammaturgica rispetto a Jeeg Robot, mescolando fatti storici e fatti inventati, con corposi contributi presi dalla miniera d’oro del grottesco. Ma soprattutto un gruppo di antieroi e outsider per i quali passa pure la Storia con la S maiuscola.

IL COLLEZIONISTA DI CARTE

(su Sky dal 14 aprile)

Di Paul Schrader. Con Oscar Isaac, Tye Sheridan, Tiffany Haddish.

 

La migliore offerta di Sky per aprile porta il nome altisonante di Paul Schrader e a cascata il suo tema ossessivo e… ‘scorsesiano’ (Martin Scorsese è fra i produttori del film): l’espiazione dagli errori ingombranti compiuti in passato da raggiungere al termine di un tragitto tortuoso che lascia ferite profonde. William Tell è uscito di prigione dopo otto anni (non vi diciamo perché, né cosa faceva per vivere), ora è un giocatore d’azzardo professionista, solitario e sobrio nelle sue vincite. Potrebbe sbancare ma conosce le regole non scritte del tavolo verde. Non dare troppo nell’occhio. Si guadagna da vivere girando per i casinò e pernottando nei motel. Finché dal mazzo di carte che regolamenta la sua vita ipnotica e ascetica non escono fuori due jolly: Cirk, un ragazzo in cerca di vendetta contro un nemico che William ben conosce. E La Linda, una donna con una proposta economica allettante. I demoni di William faticosamente messi a tacere, si riaffacciano sulla scena producendo dubbi scomodi e un respiro esistenziale disturbante. Il protagonista deve scendere negli inferi, come Travis Bickle a bordo del suo taxi(driver), come il Jake Van Dorn alle prese con il sommerso sordido e marcio di “Hardcore”. Cosa muove William Tell? Il senso di colpa, il desiderio di cancellarlo, l’impulso alla rivalsa di un antieroe problematico. Film che si abbevera alla sorgente inesauribile della New Hollywood anni 70 la cui prole – e Paul Schrader è uno dei suoi figli più coerenti e testardi – continua imperterrita a proporne le tematiche, mentre tutto intorno il cinema cambia, spesso in peggio, diluito e anestetizzato dal politically correct.

VENOM: LA FURIA DI CARNAGE

(su Sky dal 16 aprile)

Di Andy Serkis. Con Tom Hardy, Woody Harrelson, Michelle Williams.

Tra tutti i personaggi sfornati dalla scuderia Marvel, Venom è uno dei più complessi. Acerrimo nemico dell’Uomo Ragno, è un simbionte alieno, un parassita extraterrestre che ‘invade’ il corpo del suo ospite. Un villain che sfuma in antieroe e che – se ce ne fosse ancora bisogno – conferma la potenzialità creativa infinite del Marvel Universe. Ed era logico, un po’ come la ferrea logica dello stesso Venom, che si iniziasse una saga a lui dedicata, sebbene – come avviene ormai d’abitudine –  i supereroi e i supercattivi della Marvel, così come della DC comics appaiano in ruoli secondari nei vari crossover o nei lungometraggi incentrati su un altro protagonista. Venom infatti appare in “Spider-Man 3” del 2007, ma è nel 2018 che il simbionte alieno approda spavaldamente sul palcoscenico principale nel primo lungometraggio della Sony’s Spider-Man Universe, un nuovo franchise che segna la collaborazione fra la Sony e la Marvel Entertainment e che ha in progetto una serie di spin-off sui villain dell’Uomo Ragno (ne fanno parte anche “Morbius” e “Kraven the Hunter”).

Il primo Venom racconta la genesi del legame letteralmente fisico con il giornalista Eddie Broke. Del 2021 è invece il secondo magistrale capitolo, che come tutti i secondi capitoli che si rispettino, allarga la visuale e introduce nuovi elementi narrativi. Nello specifico, la coppia Venom/Eddie Brock sfida Carnage, un altro simbionte alieno che ha scelto come ospite il corpo di un serial killer, il folle e vendicativo Cletus Kasidy, interpretato da Woody Harrelson. Ma Venom è cattivo? Che posto occuperebbe in un’ideale classifica? Diciamo che non è uno stinco di santo, ed è soprattutto la sua stratificata ambiguità a farne una delle invenzioni più mirabili della Marvel, per mano del disegnatore Todd McFarlane e del fumettista David Michelinie, genitori biologici di Venom, che lo partorirono negli anni 80. La miccia accende un pirotecnico giocattolone che va ad ingrassare l’epopea del multiverso strettamente connesso al Marvel Cinematic Universe. Una realtà cinematografica piena di intersezioni, rimandi, fili conduttori, ambientazioni dai varchi costantemente spalancati. Una realtà estetica e narrativa che non può essere snobbata. Perché un giorno racconteremo la nostra epoca anche attraverso questi mirabolanti film. Inoltre, ed è questo il punto cruciale, si tratta della risposta che il geniale cinema americano ha elaborato per arginare il dominio delle serie tv: un universo di kolossal e blockbuster che possono essere considerati come un’unica serie in via d’espansione, sempre aperta a ulteriori episodi. Sin dagli anni 50, il villain del cinema è stata la televisione nel combattimento che si svolge sul ring dell’intrattenimento. Una sfida infinita. Come tra ogni supereroe e il suo nemico giurato o la sua nemesi.

THE SUICIDE SQUAD – MISSIONE SUICIDA

(su Sky dal 25 aprile)

Di James Gunn. Con Margot Robbie, Idris Elba, John Cena.

Se la produzione globale della Marvel Cinematic Universe, comprensiva di spin-off e crossover è molto corposa, la library della DC Comics, chiamata DC Extended Universe ha numeri più contenuti. “The Suicide Squad – Missione suicida” è il decimo film del franchise e terza pellicola ad ospitare il gruppo di colorati ed eccentrici antieroi pop guidati da Harley Quinn, un personaggio considerato tra i pilastri della grande famiglia della DC Comics. Nel film diretto da James Gunn con una scintillante Margot Robbie, l’adorabile psicopatica Harley Quinn e gli altri villain si alleano con la segreta Task Force X per evadere dalla prigione infernale di Belle Reve e compiere una missione impossibile sulla remota isola di Corto Maltese in una giungla che pullula di insidie, agli ordini del colonnello Rick Flag. Acido e variopinto come fosse uscito dalla Swingin’ London degli anni 60, questo – come altri film DC Comics – ha una patina di irriverenza micidiale, è puntellato da siparietti kitsch e demenziali. Nel complesso c’è la tendenza a destrutturare la seriosità del cinecomic preferendo un’andatura meno meccanica e più squinternata con minore attenzione all’effetto speciale in favore della dimensione umana dei personaggi, buoni o cattivi che siano. Un cinema luna park con tanto di zucchero filato, che va tuttavia a rimpolpare, scegliendo una prospettiva più obliqua, l’universo dei supereroi e delle loro nemesi. Il discorso è identico per entrambe le scuderie. Marvel e DC Comics, e loro multinazionali di riferimento, Disney e Warner, stanno scrivendo in questi anni un voluminoso nuovissimo testo di sacre scritture estetiche e narrative che nasconde sorprese in ogni pagina. Per gli appassionati è una vera goduria.

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