SOLOS (AMAZON PRIME)

LA SERIE E’ DI FANTASCIENZA E IL CAST ANCHE: I PREMI OSCAR MORGAN FREEMAN, ANNE HATHAWAY, HELEN MIRREN, PIU’ LA STAR DI DOWNTON ABBEY, DAN STEVENS, E ANTHONY ‘THE FALCON’ MACKY, VOLTO CONOSCIUTO AI FAN DELLA MARVEL. SETTE EPISODI INDIPENDENTI ALLA RICERCA DEL SENSO PROFONDO DELL’UMANITA’ E DELLE CONNESSIONI FRA RICORDI E SENTIMENTI. UN PRODOTTO SPIAZZANTE, FILOSOFICO E ALTERNATIVO CHE RISCOPRE E SUPERA L’IMPORTANZA DEL MONOLOGO E DELL’INTROSPEZIONE.

In “Solos” ogni episodio è incentrato su un personaggio e ne porta il nome. Nel primo, Leah, Anne Hathaway è una scienziata ossessionata dai viaggi nel tempo che vuole mettersi in contatto con la se stessa del futuro. Nel secondo, Tom (Anthony Mackie) è un uomo a cui rimane poco tempo da vivere e decide di acquistare un clone che lo sostituisca per non abbandonare la sua famiglia. Nel terzo, Peg (Helen Mirren) è un’astronauta in viaggio da sola oltre i confini dell’universo con molto, troppo tempo a disposizione per scrutare dentro se stessa e chiedersi come sia arrivata lì.

La serie di David Weill è una sfida futuristica che tenta l’azzardo al tavolo da gioco dei nostri meccanismi mentali, sostenendo lo sguardo al nemico più subdolo: l’isolamento. Quello vero, che solitamente ci illudiamo di sconfiggere aggrappandoci al telefono, schiavi della pratica inutile dello scroll e vagamente codardi per quanto evitiamo di lasciarci trascinare nel fondo dell’anima a leggere l’elenco di regole che fanno di noi una persona mortale, qui e ora, e domani chissà.

Nel quarto episodio Uzu Aduba (che ha vinto due volte l’Emmy per “Orange Is the New Black”) presta il volto a Sasha, una donna talmente abituata alla solitudine da pandemia da entrare in conflitto con la sua casa, spaventata che quelle quattro mura stiano complottando contro di lei per costringerla a uscire.

Il quinto episodio si chiama Jenny (Constance Wu) e una donna cerca di indagare sui motivi per i quali è seduta in una sala da attesa a tempo indeterminato.

Siamo dalle parti di “Black Mirror” che aspetta Godot e ci si svincola dall’azione fracassona per ritrovare lo spirito e la nostalgia di una fantascienza più filosofica in cui l’effetto speciale è tutto interiore e lo stupore non si ferma in superficie come al luna park. Qui il dolby system serve ad amplificare gli instancabili sussurri dell’Io e porge il microfono a quel nugolo di interrogativi, esistenziali ed etici, con cui fa un po’ paura sintonizzarsi.

Nel sesto episodio Nera (Nicole Beharie) si sottopone a un metodo di fertilità avanguardistico e dà alla luce il suo bambino da sola in casa, mentre fuori infuria la tempesta, ma c’è qualcosa di decisamente inspiegabile che riguarda il nascituro.

Infine nell’ultimo episodio (l’unico con due attori in scena), Stuart (Morgan Freeman) è un uomo anziano sofferente di demenza che recupera la memoria grazie a un trapianto di ricordi che un uomo più giovane, Otto (Dan Stevens), gli ha procurato clandestinamente. Ma sia le motivazioni di Otto che la vera identità di Stuart sono immerse nel più sconvolgente dei lati oscuri che però contiene la luce che può illuminare le zone d’ombra delle puntate precedenti.

E a Morgan Freeman appartiene inoltre la voce narrante presente in tutti gli episodi, unico filo conduttore oggettivo in una serie che esplora l’altrove, l’impensabile, gli angoli reconditi della mente, a caccia delle circostanze più sofisticate che costringono i protagonisti a confrontarsi con il perturbante senso di essere vivi. A “Solos” va il merito di inoltrarsi nel territorio dei ‘massimi sistemi’. Perché ogni tanto è doveroso parlarne. Non è fantascienza, è realtà.

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