La sesta stagione della serie Netflix dedicata alla storia della famiglia reale inglese conferma la parabola discendente, sia per interesse che per qualità: dalla grande storia all’attualità, l’atterraggio non morbido è dalle parti del gossip
Per avere una delusione bisogna prima aver avuto l’aspettativa di qualcosa di buono: quindi per “The Crown 6” noi non possiamo parlare di delusione, dato che quello che ci aspettavamo era quanto segue (per l’autocitazione ci vorrebbe una multa, ma per stavolta ce la rischiamo): “tenendo anche conto dell’innegabile progressivo deterioramento della qualità della serie, che dalle bellissime e filologicamente impeccabili prime stagioni sta pian piano scivolando sul piano inclinato del gossip e della ricerca di sosia invece che attori: da fan, speriamo in bene”.
Ecco, non è andata molto bene. I primi quattro episodi della stagione finale di “The Crown” (arriva ai giorni nostri, se non è finale ci dobbiamo aspettare un monarchico ritorno al futuro…) si focalizzano sugli ultimi mesi di vita della Principessa Diana, quei giorni liberi e confusi in cui la Lady adorata da tutti non era più moglie di Carlo Principe del Galles e cercava di trovare un suo preciso posto nel mondo, e possibilmente anche l’amore a cui la sua anima romantica aspirava da tutta la vita. Sulla sua strada trovò Dodi Al Fayed (interpretato da Khalid Abdalla, molto somigliante fisicamente ma indeciso nell’insieme su che personalità dare al personaggio), figlio del milionario imprenditore egiziano a cui si imputa un’ambizione di ottenere la cittadinanza che superava e annichiliva sentimenti paterni e amor proprio. La storia dunque è centrata su Diana e Dodi e sui passi che portarono dalle vacanze estive allo schianto fatale nel tunnel parigino dell’Alma, che in un certo senso cambia la storia della monarchia inglese, più che sulla monarchia inglese stessa.
IL LIMITE
Cosa facevano nel frattempo la Regina Elisabetta, Carlo e Camilla, il resto della numerosa famiglia reale, i giovani figli di Carlo e Diana morbosamente al centro dell’attenzione, la serie stavolta non lo racconta. Tradendo sé stessa, “The Crown” non intraprende nessuno dei sentieri biografici e genealogici della famiglia Windsor, concentrandosi quasi esclusivamente sul personaggio di Diana, trasformandosi dunque in uno dei fin troppo numerosi prodotti dedicati alla Principessa del Popolo, interpretata tra l’altro in questo caso da un’attrice non totalmente in parte. Elizabeth Debicki, statuaria e bellissima, ha fatto suoi alcuni tic e globalmente il portamento di Diana Spencer (almeno quello che pubblicamente ognuno ha potuto vedere), riproducendoli in modo sorprendentemente fedele, ma non riscalda i cuori e non accende la fantasia col suo personaggio, non avvicinandosi al controverso carisma della donna nemmeno un po’, not even close, come dicono i madrelingua.
Perciò Diana a Saint Tropez nella villa dei Fayed, Diana col costume di Versace sullo yacht dei Fayed, Diana sul motoscafo che ammicca ai giornalisti, Diana in Bosnia che passeggia tra le mine antiuomo con la mascherina trasparente, Diana in blazer che cena con Dodi poche ore prima della morte: cartoline, niente più che immagini che fanno parte del nostro patrimonio da anni e che vengono riprodotte con accuratezza documentaria in fondo sterile. Manca l’approfondimento psicologico, necessarissimo tanto più quanto la serie diventa biografica, e la contestualizzazione dei fatti.
Ma manca anche il contesto stesso, mancano i personaggi (per così dire) secondari, che hanno reso eccellenti le stagioni precedenti: si pensi alle libere e voraci Principesse Margaret delle stagioni 1, 2 e 3, alla storia del declino malinconico del grande Winston Churchill, al Principe Andrea e le sue mattane, al tormento trattenuto del maschilista Filippo sempre un passo indietro alla moglie, all’introspezione inquieta del giovane Principe del Galles, alla magnifica ambiguità del Re ‘dimissionario’ il Duca di Windsor.
Le spalle di Diana e Dodi sono troppo esili per sopportare il peso di tutto il racconto, oggettivamente, la Regina Elisabetta interpretata da un’accigliata Imelda Staunton ha davvero una manciata di scene in cui, appunto, è sempre solo accigliata, e del Principe Carlo (un Dominic West come sempre troppo ‘bonazzo’ e sicuro di sé per la parte) la produzione sembra sentire una soggezione insolita (forse ora che è lui il sovrano?), tratteggiandolo con una sorta di bonaria indulgenza che non rende giustizia alla complessità del personaggio.
Insomma per ora, in attesa di vedere come se la cavano i sosia, pardon, gli interpreti dell’ultima generazione degli Windsor nei prossimi episodi, il giudizio sulla sesta stagione di The Crown risulta gravemente insufficiente, nonostante o forse proprio a causa della smaccata precisione delle ricostruzioni ambientali e dei costumi d’epoca.