Un documentario, un film biografico e un concerto. Il tributo a Tina Turner passa per il racconto della sua vita ferita dal rapporto con il marito Ike e per la sua superlativa presenza scenica. La voce e il corpo della Regina del Rock.

TINA

(Sky on demand)

La lunga e definitiva intervista che entra nelle pieghe più nascoste della vita di Tina Turner. Dopo l’autobiografia cartacea, “My Love Story”, pubblicata nel 2018, questo documentario fornisce altro materiale incandescente da mettere in catalogo per tutti i fan della cantante di Nutbush. Una confessione che si aggrappa ai principi della tipica storia di riscatto, di trionfo sulle avversità. Chi conosce anche solo vagamente la biografia di Tina Turner, sa che ogni resoconto della sua esistenza non può esimersi dal soffermarsi sul burrascoso sodalizio professionale e amoroso con il violento ex marito Ike. Da una parte la partnership andata avanti per troppi anni nel segno degli abusi più bestiali; dall’altra lo scrigno di tesori in cui la voce roca di Tina riusciva a sintonizzarsi su un groove rovente e indomito, generato dalla mescolanza di blues, soul e gospel. Che negli arrangiamenti di Ike trovavano un’infuocata duttilità. Sono i due fari narrativi che meglio fanno luce sull’emancipazione umana e artistica della Turner. Fino alla definitiva rottura degli argini, negli anni 80, diciamo da “Private Dancer” in poi, quando diventò una popstar di platino. La regia del biopic HBO è di Daniel Lindsay e T.J. Martin, vincitori di un Oscar per “Undefeated” e autori di “1992 – La rivolta di Los Angeles”, il documentario che tornava sui tumulti che misero a ferro e fuoco la città californiana in seguito al verdetto del processo contro i poliziotti che pestarono Rodney King.

TINA – WHAT’S LOVE GOT TO DO WITH IT

(Disney)

Basterebbe la scena finale con Angela Bassett affiancata da Tina Turner in persona sulle note della canzone che dà il titolo al film per godersi le quasi due ore di questo biopic girato nel 1993. Un altro motivo è proprio la Bassett che con la sua mimetica interpretazione si guadagnò il passaggio da promettente attrice di talento (aveva già lavorato con John Singleton, John Landis e soprattutto Spike Lee) a volto iconico degli anni 90. E con un Golden Globe in bacheca. Due anni dopo sarebbe stata nel cast di “Strange Days”, ma questa è un’altra storia. Agiografico come da pronostico, essendo prodotto dalla stessa Turner, il biopic decolla dalle chiese del Tennessee e atterra sul trono da regina del rock, dove Tina sedette per anni, libera dai soffocamenti del marito. Il succo della storia però sta tutto, di nuovo, nel rapporto con Ike. Un calvario durato diciassette anni. Un rapporto di sudditanza da cui la Turner non riusciva a liberarsi. La bestialità di Ike ce la restituisce Laurence Fishburne (gigantesco) che è il penultimo motivo per guardare il film. L’ultimo è la copiosa colonna sonora, una carrellata di hits da ascoltare con la voce originale della Turner.

TINA TURNER: ONE LAST TIME LIVE IN CONCERT

(Apple Tv, Amazon)

Un concerto che raccoglie le due serate nel gremito stadio londinese di Wembley del 15 e del 16 luglio del 2000, filmate e montate da David Mallet. In uno dei templi della musica rock, l’allora sessantenne Tina Turner snocciola una scaletta di 22 brani. Cominciando con “I Want to Take You Higher” un viaggio che dagli anni 60 di “A Fool in Love” arriva fino ai singoli estratti dall’ultimo album dell’epoca, “Twenty Four Seven”. Un documento live imprescindibile: sul palco una leonessa infaticabile che oltre ai pezzi forti del suo repertorio, va a scavare nei meandri dorati della musica soul sfoderando la sua interpretazioni di“Sitting on the Dock of the Bay”, “I Heard It Through the Grapevine” e “Try a Little Tenderness”. A dare ulteriore lustro alla setlist c’è inoltre “Help!”, la cover scelta per omaggiare i Beatles nella loro patria.

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