Zero candidature alle spalle e un curriculum consacrato soprattutto al cinema di intrattenimento e di genere. Jamie Lee Curtis, Ke Huy Quan, Brendan Fraser e Michelle Yeoh trionfano agli Oscar 2023, portando simbolicamente sotto i riflettori tutti quegli attori sbocciati nelle officine più popolari della settima arte, ma che già all’alba della carriera sembravano destinati al trono più ambito. Ne parliamo di seguito, allungando la lista con i nomi di altre 5 star che hanno stretto in mano la pregiata statuetta, giunti all’agognato traguardo dopo aver masticato un bel po’ di cinema nel corso di una lunga e faticosa gavetta.

JAMIE LEE CURTIS

Figlia di due star enormi come Tony Curtis e Janet Leigh, la Curtis ha in bacheca un Golden Globe per “True Lies” e un Leone d’Oro alla carriera assegnatole a Venezia nel 2021. Assidua e stuzzicante ospite della Vigilia di Natale grazie a “Una poltrona per due”, deve senz’altro la notorietà alla saga horror “Halloween”, nel ruolo di Laurie Strodie, cominciata nel 1978 con l’omonimo film firmato da John Carpenter,  considerato una pietra angolare del genere.  I più affezionati la ricorderanno nel cast di “Un pesce di nome Wanda” (di cui parlammo qui) e in tuta da ginnastica a darci dentro con l’aerobica accanto a John Travolta in “Perfect”, summa di molto cinema anni 80. Noi vi consigliamo “Cena con delitto – Knives Out”, succulento giallo deduttivo alla Agatha Christie in cui Jamie Lee Curtis gareggia in humour e ambiguità con il resto del cast che abbonda di divi come Daniel Craig, Don Johnson e Christopher Plummer.

Knives Out – Cena con delitto (Amazon Prime)

KE HUY QUAN

Gli anni 80 sono una decade piena di tesori per quel che riguarda il cinema di genere. Il nome e il volto di Ke Huy Quan, premiato come non protagonista per “Everything Everywhere All at Once”, risuonano nella memoria impolverata di chi gli anni 80 li ha vissuti personalmente e anche di chi li ha vissuti solo da cinefilo, triturando videocassette, dvd o lo streaming di due ‘must’ dell’epoca: “I Goonies” e “Indiana Jones e il tempio maledetto”. Nel primo l’attore statunitense di origini vietnamite, all’epoca ancora un ragazzino, interpreta Richard “Data” Wang, l’asiatico del gruppo, inventore autodidatta e amante di James Bond. Nel secondo si inoltra insieme ad Harrison Ford negli esotici misteri della magia nera e dei sacrifici umani in piena India. Due film nel segno dell’avventura e della fantasia che hanno fatto consumare tonnellate di popcorn e risolto parecchi sabati sera. “I Goonies” lo trovate su Sky e Now, invece per “Indiana Jones e il tempio maledetto” sintonizzatevi su Paramount Channel.

I Goonies (Sky/Now) – Indiana Jones e il tempio maledetto (Paramount)

BRENDAN FRASER

Alzi la mani chi si aspettava il giorno in cui Brendan Fraser sarebbe salito in smoking sul palcoscenico della notte degli Oscar per pronunciare il discorso di ringraziamento. Con “The Whale” Fraser va ad accrescere la già corposa lista di attori premiati per aver torturato il proprio corpo fino allo spasimo (ma qui il grosso del lavoro lo ha fatto una tuta prostetica di 135 chili), o insomma per aver rappresentato un individuo fuori misura, emarginato, malato, non rientrante dei canoni dell’ordinario. Brendan Fraser sale alla ribalta per la trilogia avventurosa de “La mummia” nel 1999, e sia prima che dopo ha sgomitato parecchio nel macrocosmo delle commedie più o meno demenziali, di derivazione fantascientifica e dall’andamento cartoonesco. Non va comunque dimenticata la sua performance nel bellissimo biopic drammatico “Demoni e dèi” di Bill Condon in cui recitava accanto al mostro sacro Ian McKellen.  Oppure il suo ruolo di reclutatore in “No Sudden Move”, il thriller-poliziesco-crime diretto da Steven Soderbergh nel 2021. Ma il film che vi consigliamo è “Indiavolato”, in cui Fraser finisce nelle grinfie di un diavolo che ha le fattezze di Elizabeth Hurley. Una commedia firmata da Harold Ramis: sottovalutata ma da recuperare, perché molto dissacrante e acuta, in cui Fraser veste una pluralità di ruoli e molteplici identità. Una scelta che riteniamo indicata per omaggiare un Oscar vinto grazie a una sostanziosa metamorfosi del corpo.

Indiavolato (Amazon Prime / Disney)

MICHELLE YEOH

Malese di origini cinesi, Michelle Yeoh si plasma dentro la bottega action orientale, urlando in cantonese e menando in kung fu. Dal 1984 fino al 1997 la sua filmografia non esce dai confini del cinema asiatico di genere, fra commedia, arti marziali e storie poliziesche, poi il grande salto come Bond Girl accanto a Pierce Brosnan ne “Il domani non muore mai”. L’abbraccio caldo e confortnate del cinema di grande marca arriva con “La tigre e il dragone” di Ang Lee e in seguito con “Memorie di una Geisha” di Rob Marshall. Nel 2008 Michelle è nel cast di “La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone”, capitolo conclusivo della trilogia che vede protagonista proprio Brendan Fraser. In tv, i seguaci di Star Trek l’hanno visionata ampiamente nelle quattro stagioni di “Star Trek – Discovery”. Nel 2017 i ricchi giocattolai della Marvel la ingaggiano per prendere parte al magniloquente spettacolo de “Guardiani della Galassia Vol. 2”. Noi facciamo un passo indietro per ammirarla in abiti da suora in “Babylon A.D.”, massiccio mischiume di generi per la regia di Mathieu Kassovitz con Vin Diesel nei panni del mercenario che, al soldo della mafia russa, scorta una ragazzina da Mosca a New York per consegnarla alla papessa di una nuova religione.

Babylon A.D. (Amazon Prime)

 

BRAD PITT

Se esistesse un gioco di società chiamato Sex Symbol, sulla scatola ci sarebbe la sua foto e nelle istruzioni il suggerimento “da 6 a 99 anni”. Più inclusivo delle sacre scritture del politically correct, idolatrabile ad ogni età, e carne da macello per le fantasie sessuali di ogni scuderia, Brad Pitt esplode nell’immaginario bagnato con un spot dei jeans Levis datato 1991 e successivamente come cowboy vagabondo ‘cougarizzato’ da Geena Davis in “Thelma e Louise”. Da quel momento in poi la sua corsa non si è più fermata, corroborata anche da una vita privata dal solido cabotaggio glamour e da un’oggettiva qualità in crescendo delle sue interpretazioni. Brad Pitt è ‘anche’ bello e dannato, ma sul passaporto della notorietà compare giustamente e in prima battuta il fatto che sia un attore top e un produttore lungimirante. Gli manca ancora di cimentarsi con la regia, ma non si escludono progetti futuri. Prima di arrivare a vincere l’Oscar con il tarantiniano “C’era una volta… a Hollywood”, Brad Pitt si è fatto il mazzo in dozzine di film, con alti e bassi come è normale che sia, confrontandosi con la maggior parte dei generi e delle sfumature. Quale film scegliere per omaggiarlo? C’è l’imbarazzo della scelta, ma curiosando nel jukebox abbiamo deciso di pescare “L’esercito delle 12 scimmie”, visionaria pellicola fanta-apocalittica realizzata da Terry Gilliam e ambientata nel 2035. Un film elogiato da critica e pubblico che con il tempo è entrato nel novero degli insuperabili, partendo dal basso e dal passaparola. Che è un po’ il senso di questa carrellata di attori e film.

L’esercito delle 12 scimmie(Sky/Now)

PATRICIA ARQUETTE

Vince l’Oscar nel 2015 come attrice non protagonista per “Boyhood”, la pellicola di Richard Linklater premiata anche con l’Orso d’Argento a Berlino e con 3 Golden Globe, uno dei quali proprio consegnato a Patricia Arquette. Sorella minore di Rosanna e appartenente a una famiglia in cui tutti i membri sgranocchiano l’arte dell’intrattenimento, Patricia esordisce nel 1987 con “Nightmare 3 – I guerrieri del sogno”, ma si ritaglia la nicchia di attrice di culto nel ruolo di Alabama in “Una vita al massimo”, il road movie di Tony Scott, sceneggiato da Quentin Tarantino. Qualche anno prima era stata nel cast di “Lupo solitario”, il debutto alla regia di Sean Penn ispirato a “Highway Patrolman”, la canzone di Bruce Springsteen inserita nell’album “Nebraska”. Ma il film che abbiamo deciso di selezionare è l’ipnotico “Strade perdute” di David Lynch, una delle vette della filmografia lynchiana, crime-noir surreale che ha riscritto le regole drammaturgiche e in cui è sia ostico che godurioso smarrirsi, con la certezza di stare nel mezzo di un rito di passaggio.

Strade perdute (Amazon Prime)

ROBIN WILLIAMS

La vittoria dell’Oscar da parte di Robin Williams nel 1998 come attore non protagonista in “Will Hunting – Genio ribelle” è certamente meno sorprendente rispetto agli altri artisti di cui abbiamo parlato finora. Williams aveva già nel portfolio tre nomination: per “Good Morning, Vietnam”, “La leggenda del Re Pescatore” e “L’attimo fuggente”. Ma vogliamo inserirlo in questa galleria per ricordare i suoi inizi nel telefilm “Mork & Mindy”, spin-off di “Happy Days” e quell’alieno umanoide proveniente dal pianeta Ork, sbarcato sulla Terra a bordo di un uovo. Quattro stagioni a cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80 che, nel momento in cui scriviamo, non risultano purtroppo disponibili in streaming. Allora facciamo una bella capriola e andiamo a riscoprirlo in versione psico-drammatica in “One Hour Photo”, nell’insolito ruolo parzialmente negativo, ma estremamente ambiguo di un solitario sviluppatore di fotografie che entra nella vita di una famiglia dopo averla spiata di rullino in rullino. Un personaggio sfaccettato e inquietante con cui Robin Williams ha mostrato una delle sue innumerevoli maschere.  Quasi un disegno preparatorio, una perquisizione del male interiore, che Robin avrebbe poi ricalcato e affinato con il personaggio di Walter Finch in “Insomnia”, una delle scintille di puro genio schizzate da quel vulcano di idee che è la mente di Christopher Nolan. Quindi di film ve ne consigliamo due.

One Hour Photo (Mediaset Infinity).

Insomnia (Amazon Prime/Sky/Now/Mediaset Infinity)

MATTHEW MCCONAUGHEY

Passano 20 anni esatti tra “La vita è un sogno” di Richard Linklater, debutto davanti alla macchina da presa – formalmente accreditato – di Matthew McConaughey e “Dallas Buyers Club”, il film grazie al quale afferra l’Oscar nel 2013. Da un teen-movie, una sorta di “American Graffiti” allocato negli anni 70, fino alla storia di un malato di Aids quando la piaga di questa malattia incombeva come un angelo della morte sugli anni 80. In mezzo ci sono oltre 30 film, la palestra del palestrato Matthew, il workout che gli è servito per sollevare la meritata statuetta. Un lungo arco narrativo in cui troviamo mercanzia di spessore come “Contact” di Robert Zemeckis”, “Amistad” di Steven Spielberg, “Tropic Thunder” di Ben Stiller, e naturalmente “Magic Mike”, l’excursus di Steven Soderbergh nel mondo degli spogliarellisti. Ma ci è saltato all’occhio “Killer Joe”, realizzato nel 2011 da William Friedkin. Perché la città di riferimento continua ad essere Dallas e perché è una meritevole descrizione della famiglia come covo di mostri e disvalori raccontata con cinica maestria da Friedkin. Matthew McConaughey fa la parte del detective corrotto, assoldato per un lavoro davvero sporco, in cui la merce di scambio sono il sangue e la carne.

Killer Joe (Amazon Prime)

 

JENNIFER CONNELLY

Naturalmente “Phenomena”. A 14 anni, Jennifer Connelly viene scelta da Dario Argento per comunicare con gli insetti nella sua sinistra fiaba dark. Prima di mostri e incubi argentiani, Jennifer fu una baby modella e apparve in un video dei Duran Duran. Però il suo volto viene stampato nella storia del cinema da subito, grazie al significativo ruolo di una giovanissima ballerina in “C’era una volta in America” di Sergio Leone. Come dimenticare poi “The Hot Spot”, il torrido melodramma in cui recita, accaldata e prosperosa, vicino a Don Johnson? oppure la spensierata teen comedy “Tutto può accadere” in cui rimane chiusa in un centro commerciale insieme a un inesperto addetto alle pulizie? Il film per cui vince l’Oscar, “A Beautiful Mind” si colloca a metà di una filmografia chilometrica con altre tappe ancora da percorrere. L’ultima sosta, a oggi, è “Top Gun: Maverick”. A proposito di cult, il suggerimento è di rivederla in “Dark City”, cupo fanta-noir psicocinetico di Alex Proyas che racconta le manipolazioni compiute da alieni invasori sulla mente degli abitanti in una cittadina americana negli anni 50. E come bonus ci sarebbe un vero popcorn movie: “Labyrinth  – dove tutto è possibile” al fianco di David Bowie. Il Duca Bianco recita nel ruolo di Jareth, demoniaco Re dei Goblin. Jennifer è un’adolescente che deve salvare dalle sue grinfie il fratellino. Un’avventura fantasy, fra umani e pupazzi, sceneggiata da uno dei Monty Python, Terry Jones, e diretta dal creatore dei Muppets, Jim Henson.

DArk City (Rakuten, Apple,Google Play, Chili)

Labyrinth – Dove tutto è possibile (Tim Vision)

 

 

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