Io della quarta serata del 71esimo Festival di Sanremo una cosa, in particolare, non ho capito: l’esibizione di Achille Lauro.

Achille Lauro piace, divide ma se piace piace molto, e a me piace molto. Mi piace la musica e mi piace quello che fa extra musica, le sue performance, i costumi, come usa ‘tutto’ per comunicare, dai vestiti al trucco alle dichiarazioni ai social alla dizione volutamente ai limiti del comprensibile. Achille Lauro mi piace perché, giovane e apparentemente menefreghista, sta facendo una ‘riflessione sull’arte’, e la sta portando tutte le sere davanti a 11/12 milioni di filosofi da divano, di esteti domestici, di intellettuali da telecomando fremente.


A volte mi pare esageratamente scollegata la musica, i testi apparentemente semplici, e tutto quello che di altro accade nell’esibizione, ma so che è voluto, e so che sono io che devo riflettere, e a volte lo faccio a volte invece no, ma l’insieme tocca delle corde che solitamente sono a riposo, e penso che sia una cosa buona.

Accetto tutto, da Achille. Le piume, le lacrime di sangue, i vestiti da donna, le unghie… no quelle no mi disgustano però è una mia idiosincrasia. Ma insomma: questo artista è alla ricerca dell’identità perduta, grida al mondo (alla platea vuota: un plus surreale che a lui si addice particolarmente) il dolore e la fatica di questa ricerca, la difficoltà di essere chi si è, di affermare quello che si vuole uscendo dal ‘sistema’, evitando di lasciarsi definire da esso. E’ questo che fa, Achille, no?

Ieri si è presentato sul palco con l’estremizzazione piumata e strappata di un vestito da sposa, truccato e sciamannato più di sempre, cantando due dei suoi successi, Me ne frego – in gara lo scorso anno – e la hit più vecchia Rolls Royce, simbolo della sua anima ribelle e della sua vena folle e anarchica.
Baci ad una sposa uomo, dimenamenti da menade ubriaca, arrangiamenti disturbanti: come detto, accetto tutto e mi godo l’esibizione come a volte di godi lo stridere del gesso sulla lavagna, ti fa male alle orecchie ma ti dà una scossa.
A un certo momento inquadrano una figura di nero vestita, con una specie di corona di spine (nere) in testa: ma è Fiorello?

Era Fiorello.
Fiorello si è esibito con Achille Lauro, in uno dei suoi ‘quadri poetici’. Sono rimasta spiazzata, e sì che stavamo guardando un tizio vestito di piume che mimava un amplesso con le tavole del palco dell’Ariston.
Ma Fiorello…? Cosa c’entra?
L’esibizione ha inglobato la sua parodia? Fiorello che ha aperto le serate del Festival scimmiottando i travestimenti di Achille Lauro ora si esibisce con lui?
Ma quindi deve far ridere?
Che senso ha? Come ha detto qualcuno, sembra “il nazional-popolare che si mangia colui che lo voleva distruggere”: Fiorello che fa la caricatura di un personaggio caricaturale sul palco insieme a lui, non toglie a quel personaggio, e a quella caricatura, la sua forza dirompente?
Poi Fiorello che rifiuta di andarsene, e viene portato via a braccia come se fosse una statua, si prende la scena mentre il protagonista, quello che sarebbe dovuto essere il protagonista, è fuori da un pezzo.

Nelle chat e sui social qualcuno dice ‘meno male che c’era Fiorello’, e sono i detrattori di Achille. Quindi il Fiore Nazionale ha contribuito a far accettare le stramberie di Lauro al pubblico più restio, quello che pensa sia meglio non prendersi troppo sul serio?
Ma se Achille Lauro non si prende sul serio, allora le piume i gemiti la disarmonia fanno ridere, non pensare.

Io questa esibizione con Fiorello non l’ho capita. Anzi, mi ha disturbato.
Un momento! Mi ha disturbato? Dopo piume sangue gender confusion droghe schiaffi strusciamenti accettati come niente, questo mi ha disturbato?? Ma allora ha vinto Achille, di nuovo! E’ riuscito con un doppio carpiato a uscire e rientrare e uscire di nuovo dalla comfort zone di chi guarda, spiazzandolo, come sempre. Fuck the system, e pure tu, redattrice di mezza età che pensi di essere moderna: beccate st’incoerenza e prova a fartela andar bene.
Achille… Idol.

Lascia un commento