E’ morto a soli 58 anni il regista, produttore e montatore canadese Jean-Marc Vallée. Se ci sembra che questa notizia sia poco interessante è colpa della cattiva cultura (molto italiana) di ignorare i nomi dei registi dei film e delle serie tv che guardiamo e anche amiamo.
Soprattutto nei prodotti seriali, il regista è negletto quasi come lo sceneggiatore (che come diceva il premio Oscar Ugo Pirro è ‘solo un nome nei titoli di coda’), scarsamente o mai citato.
Jean-Marc Vallée è stato direttore di un film da 3 Oscar come Dallas Buyer Club (la storia di un uomo che contraendo l’AIDS si trova a combattere contro il Sistema e i suoi stessi pregiudizi contro gli omosessuali) e di due tra le più belle serie tv degli ultimi dieci anni, quindi sappiamo chi è e cosa ha fatto, anche se il suo nome ci dice poco.
Suscita sgomento l’età troppo giovane e anche il fatto che (legittimamente) la famiglia non abbia voluto specificare la causa della morte, ma qui possiamo e vogliamo solo omaggiarlo ricordando e ri-consigliando le due bellissime serie tv che portano la sua firma, Big Little Lies e Sharp Objects, le due ‘creature’ che ne raccontano la grande capacità di rappresentare gli incubi e i deliri che si celano sotto la superficie delle vite di una certa buona società dei nostri tempi.

 

Big Little Lies, Chili

Nel 2017 Jean-Marc Vallèe è stato regista della prima stagione di questa serie di straordinario successo. Ne abbiamo parlato qui, lodandolo come uno dei prodotti seriali meglio realizzati del decennio (almeno fino ad Undoing). Eccellente la scrittura del creatore David E. Kelley, ma una menzione particolare questo primo capitolo la merita proprio la regia. Una messa in scena letteralmente cinematografica, con un’attenzione ad ogni singola inquadratura e al contesto sonoro e narrativo che sfiora la perfezione. E’ la storia di un delitto che avviene in un ambiente altissimo-borghese della California, con un gruppo di madri apparentemente perfette che svelano poco a poco la fragilità dei castelli di vetro sui quali sono costruite le loro vite patinate. Un crescendo di dramma e di mistero, con un omicidio di cui non si conosce non solo il colpevole ma nemmeno la vittima, fino all’ultima, tesissima, puntata.
Il regista si dimostra non solo ottimo creatore di atmosfere, ma grande direttore di attori: chi gira con lui è stato sempre destinato a premi e nomination in tutti i festival che contano (Matthew McConaughey e Jared Leto hanno vinto la statuetta dorata diretti da lui). Agli Emmy per Big Little Lies ben tre premi agli attori: Nicole Kidman, Laura Dern e Alexander Skasgaard. Oltre che a lui stesso, come regista.

 

Sharp Object, Now Tv

Del 2018, con Amy Adams e Patricia Clarkson (premiata ai Golden Globe per il ruolo della madre della protagonista).
E’ la storia di Camille, una reporter di Saint Louis acciaccata dalla vita, che viene mandata dal suo capo redattore a impicciarsi della scomparsa di due adolescenti a Wind Gap, che guarda caso è la cittadina perbenista nella quale è nata e cresciuta. L’indagine sul doppio caso di scomparsa/omicidio coincide per Camille con una discesa agli inferi nel proprio passato drammaticamente incasinato. La madre ipersensibile ipergiudicante iperansiosa, il fantasma di una sorella morta sì ma come, e per colpa di chi?, i propri errori, una tendenza malata all’autodistruzione mai del tutto superata, una sorellastra pericolosamente somigliante alle vittime dei delitti: l’esperienza di Camille, già disincantata e sofferente fino al cinismo, è un gorgo infame che ti cattura e ti porta a fare un giro horror nelle falsità delle vite famigliari di ogni latitudine.
Vallée indugia su questa dimensione ‘cartonata’ della morale delle società borghesi americane e sulla deriva malata che prendono le sensibilità più delicate, e la sua regia mette in scena visivamente il disagio, lo scollamento tra reale e temuto, la psicosi tenuta a bada giusto sul limitare della vita sociale, e a volte nemmeno su quello.
Bellissimo e disturbante, con due attrici infilate in un testa a testa madre/figlia così credibile da risultare doloroso.

Chiudiamo con una nota di rimpianto pensando, date le premesse, a quello che questo cineasta avrebbe potuto ancora fare per la settima arte.

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