Su Sky Cinema Collection dal 16 gennaio i sette kolossal che dal 1989 al 2012 hanno portato al cinema il supereroe della Dc Comics. Tre registi al comando, quattro diversi attori dietro la maschera e un drappello di star e villain ad infoltire l’epopea. Noi li abbiamo rivisti e ne parliamo, elencandoli dal peggiore al migliore!

 

BATMAN FOREVER (1995)
Voto: 0

Dopo il duplice Batman introverso e stilizzato di Tim Burton e prima di quello rielaborato ombra dopo ombra da Christopher Nolan, a metà degli anni 90 la Warner Bros opta per un cambio di rotta, e il supereroe Dc Comics dalla personalità più sfaccettata viene preso in cura da Joel Schumacher che, ubbidendo ai committenti, opta per la scorciatoia pirotecnica di un disegno animato dallo stile acido e scanzonato. La livida Gotham City diventa una città variopinta; la psicologia lascia campo libero all’action pura con intarsi ironici.
La parata di stelle è da tappeto rosso, per l’epoca: dopo il rifiuto di Michael Keaton di interpretare Batman per la terza volta, la corsa alla maschera dell’uomo pipistrello viene vinta al fotofinish da Val Kilmer, mentre Chris O’Donnell indossa il mantello di Robin, personaggio snobbato nelle migliori pellicole della saga. I nemici sono Tommy Lee Jones che si ritaglia il ruolo dello schizofrenico Due Facce, mentre Jim Carrey è lo scienziato invasato perfetto nel ruolo dell’Enigmista. Nicole Kidman è l’avvenente psicologa che cinguetta e freme per il ‘maschio Alpha’ Batman e non molto per il suo alter ego ‘Beta’ Bruce Wayne. L’intramontabile fascino dell’uniforme e della macchina cool funziona ancora per rimorchiare. Nota musicale: il sigillo alla soundtrack lo incidono gli U2, anch’essi ormai in piena rivisitazione pop di se stessi con “Hold Me, Thrill Me, Kiss Me, Kill Me”.

 

BATMAN & ROBIN (1997)
Voto: 1

Nel 1997 la Warner conferma Joel Schumacher in cabina di regia ma sostituisce Val Kilmer con George Clooney. Scelta tutt’altro che vincente. I dettami del precedente capitolo vengono confermati e moltiplicati: ritmo incessante, tanto rumore, psicologia priva di spigoli. La sbornia da luna park ha come punti di riferimento stilistici la serie tv naif degli anni 60 e una festa da McDonald, al servizio di un prodotto iper-commerciale imbottito di star. Ad Alicia Silverstone, inarginabile sogno erotico reduce dai videoclip con cui gli Aerosmith sedussero i fan degli anni ’90, sfornando tre tipiche ballatone servite su un piatto di ormoni in burrasca – e imparate filologicamente a memoria su MTV –  tocca il ruolo di Batgirl, che aiuta i paladini di Gotham City a liberarsi della psichedelica Poison Ivy e del metallico Mr. Freeze, interpretati rispettivamente da Uma Thurman e Arnold Schwarzenegger.
Un film teleguidato dagli effetti speciali che, a vederlo dopo così tanti anni, si propone come una specie di involontaria opera autoironica avanguardistica sul pensiero debole e produce lo stesso effetto nostalgia dei primi telefoni cellulari. Inoltre si capisce che la solidità di Batman personaggio è talmente radicata nella cultura da non temere nessuna variazione sul tema. E’ veramente un supereroe, persino contro i film sbagliati di cui è protagonista. Se da un lato “Batman & Robin” è nato male e invecchiato peggio, dall’altro è una goduriosa visita nella soffitta dei giocattoli scassati.

 

BATMAN BEGINS (2005)
Voto: 6

Il primo capitolo della trilogia firmata da Christopher Nolan, autore fino a quel momento di una splendida tripletta (“Following”, “Memento” e “Insomnia“) e con ancora nel cassetto i cerebrali rompicapi cronologici come “Inception”, è un reboot coraggioso che racconta la genesi dell’Uomo Pipistrello. Una storia di formazione sul tema della vendetta. Bruce Wayne, colpito al cuore dall’omicidio dei genitori, va ad addestrarsi in cima a una montagna seguendo le istruzioni di un maestro ninja (un Liam Neeson con indosso una tunica palesemente rubata nei magazzini della trilogia prequel di “Star Wars”) con l’idea di diventare un giustiziere, sofisticato come le sue armi tecnologiche, contro le Forze del Male. Rinchiusi nello sgabuzzino dell’immaginario cinematografico sia Burton che Schumacher, Nolan decostruisce il supereroe della Dc Comics dandogli un taglio più realistico, umano nelle pulsioni e assertivo nelle scelte. Lo ieratico Christian Bale ha la perfetta fisionomia notturna per questo viaggio che Batman compie dentro la sua anima tenebrosa. Una rilettura che, scevra da eccessivi barocchismi, strizza l’occhio alle quattro graphic novel di “Batman Anno Uno” scritte da Frank Miller e disegnate da David Mazzucchelli negli anni 80, e finalmente scava nell’ambiguità e nella doppia identità del supereroe col mantello, pagando però il prezzo di una certa macchinosità nel lunghissimo incipit. Poi avviene il decollo in una Gotham City che sembra una metropoli dei nostri giorni. Il personaggio più riuscito è il maggiordomo Alfred, tagliato su misura per l’immenso Michael Caine. Non proprio memorabile come villain lo Spaventapasseri di Cillian Murphy.

 

BATMAN (1989)
Voto: 7

Il primo, gustosissimo film di Tim Burton che riportò in auge al cinema il supereroe nevrotico a 50 anni dall’uscita del fumetto di Bob Kane, imprimendo il suo inconfondibile stile nitidamente gotico su una sceneggiatura lineare e servendosi di una scenografia coi fiocchi che si aggiudicò anche l’Oscar. Michael Keaton è la scelta che non ti aspetti, quasi un Batman in sottrazione perché non conforme, fisicamente parlando, al modello immaginato e ammirato sulle pagine delle graphic novel. Jack Nicholson è il Joker subdolo come un nido di vespe e sembra non esserci soluzione di continuità fra il ghigno umano e il ghigno da make-up. Per vedere se un film sui supereroi è riuscito basta guardare il villain principale e la sua abilità nell’eclissare il buono. E’ la formula vincente, che qui viene confermata perché Nicholson è un mostro in tutti i sensi, a suo agio come davanti allo specchio di casa. Per gli adolescenti, e non solo, di quegli anni fu un evento assoluto con due chicche da lacrimuccia: Kim Basinger nel ruolo di Vicky Vale era ancora a tutti gli effetti la sex symbol dell’epoca (“9 settimane e mezzo” uscì tre anni prima); Prince incise per l’occasione la colonna sonora con tanto di album omonimo.

 

IL CAVALIERE OSCURO – IL RITORNO (2012)
Voto: 8

165 minuti. Torrenziale e intricato, il capitolo conclusivo della trilogia firmata da Christopher Nolan è la summa del cinema d’autore prestato al kolossal commerciale o viceversa. Esempio fulgido di come i film sui supereroi siano diventati negli ultimi anni il luogo in cui i grandi cineasti esprimono se stessi e la loro poetica. In una Gotham City troppo tranquilla per essere vera, il fanatico Bane (Tom Hardy) instaura un regime dittatoriale e appoggia il dito sul detonatore di una bomba atomica, costringendo Batman ad interrompere il suo lungo esilio, passato a ruminare sulla propria identità all’interno di angosciosi labirinti mentali, per calarsi nell’ultima battaglia. Ed è questo attrito fra la grancassa epica, messa in scena con uno stratosferico apparato spettacolare, e la malinconia intima del Cavaliere Oscuro il tratto primario di tutta la trilogia di Nolan. Così come i rimandi realistici per i quali Gotham City diventa il simbolo della metropoli occidentale minacciata da scandali finanziari, guerre civili e terrorismo. Nolan alza i toni a costo di apparire megalomane e apparecchia la tavola per i debordanti progetti futuri (“Inception”, “Interstellar”, “Tenet”). Anne Hathaway si inguaina nel costume di Catwoman e ingaggia una gara con Marion Cotillard per il premio di Femme Fatale del film, che ripropone molti personaggi già visti nei due capitoli precedenti oltre ad accogliere due superstar come Matthew Modine e Joseph Gordon-Levitt.

 

BATMAN RETURNS (1992)
Voto: 9

Dopo averci sedotto con il primo Batman, Tim Burton non ci abbandona ma, come il più abile dei pokeristi, ci fa secchi chiamandoci a guardare il punto. Il punto è la sua visione dell’esistenza che in “Batman – Il ritorno” emerge vittoriosa seguendo la storia di Il Pinguino (Danny DeVito), essere deforme e luciferino cresciuto nelle fogne di Gotham City. Penguin è l’incontrastato padrone del mondo sotterraneo che vuole impadronirsi anche di quello in superficie, stringendo alleanza con un magnate (Christopher Walken). Burton erige ad antieroe un outsider, specchio riflesso di Batman, perché anche lui virtualmente orfano e in più condannato dalla propria diversità fisica a un destino di rivalsa. Lato oscuro di una società che schifa i diversi, il Pinguino di Danny De Vito rilancia l’idea burtoniana dell’esistenza di un universo popolato dagli emarginati che ribolle all’interno della società perbenista. La dinamica fra occulto e luminoso (Gotham City, per quanto dark, è illuminata a festa per il Natale) scandisce tutto il film insieme al concetto della doppia identità che abbraccia anche la Catwoman interpretata da Michelle Pfeiffer, astuto e ambiguo personaggio di confine fra normalità e stravaganza. Nel film c’è un tocco di perversità in filigrana che rimane impresso a fuoco.

 

IL CAVALIERE OSCURO (2008)
Voto: 10

L’Oscar postumo conferito a Heath Ledger consegna definitivamente ai manuali di cinema il migliore di tutti i Batman. Il secondo capitolo di Nolan si radica ormai nel noir. E nel sommerso di Gotham City il Joker è la variabile impazzita, l’anarchia pura, il caos al comando. Ogni scena in cui appare Ledger trasporta il film verso territori inesplorati in cui la tragedia gonfia lo schermo con la sua incombenza. Simbolo di pura perfidia con i suoi ricatti sanguinari, il biforcuto Joker contribuisce anche a rendere cattivo il procuratore distrettuale Dent che assume l’identità di Due Facce, altra figura malata e psicopatica pronta a sfidare il bene incorruttibile, ossia Batman, la cui voglia di giustizia deve trovare la chiave in una città corrotta che nasconde un pericolo a ogni angolo. Crepuscolare e avvincente dall’inizio alla fine, che vede l’uomo pipistrello pronto a dileguarsi nell’oblio, “Il cavaliere oscuro” non è semplicemente un cinecomic ma un pazzesco film d’autore per il quale si prova un senso di vertigine, lo stesso che si prova davanti a un’opera d’arte.

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