In un anno penalizzato dalla pandemia il cinema italiano si rilancia con una serie di registi esordienti che hanno firmato opere prime ambiziose.
IL LEGAME – Domenico Emanuele De Feudis (Netflix)
Con alle spalle l’esperienza da assistente alla regia per Paolo Sorrentino in “La grande bellezza” e un paio di cortometraggi già nel curriculum, De Feudis esordisce con un horror tra gli ulivi della Puglia, immergendosi in un contesto rurale dove la superstizione esige rispetto e timore. Un horror dall’anima oscura e maledetta, ma girato sotto il sole rovente del Meridione di cui si respirano le credenze ancestrali.
I PREDATORI – Pietro Castellitto (TIM Vision, Infinity)
Il premio per la sceneggiatura vinto al Festival d Venezia, nella sezione Orizzonti, consacra l’opera prima di Pietro Castelltto. Il figlio di Sergio e di Margaret Mazzantini mastica cinema e ha inventiva da sfoggiare perché riesce ad amalgamare commedia, dramma e thriller. Castellitto inquadra la Capitale partendo da Ostia e incrociando il destino dei Pavone e dei Vismara, due famiglie agli antipodi per status sociale nella giungla metropolitana romana. Una storia complessa che ha come modello il registro grottesco del miglior cinema italiano. Castellitto non si avvicina a quelle vette ma sa graffiare.
NON ODIARE – Mauro Mancini (Sky Primafila)
L’esordio al lungometraggio di Mauro Mancini è anche uno dei ruoli più riusciti di Alessandro Gassmann, che interpreta un chirurgo di origini ebree, figlio di un superstite dell’Olocausto, alle prese con un senso di colpa devastante quando, soccorrendo un uomo per la strada, decide di lasciarlo morire per via di una svastica tatuata sul torace. Un film che punta lo zoom sulla questione scottante dei pregiudizi, della memoria storica e sul fenomeno del neonazismo.
IL REGNO – Francesco Fanuele (Sky Primafila)
Giacomo è un autista dell’Atac che scopre di aver ereditato un minuscolo e sconosciuto regno sulla via Salaria in cui i sudditi vivono seguendo uno stile di vita medievale. Usi e costumi compresi. Niente soldi, ma baratto. E niente tecnologia. Questo il canovaccio della stralunata commedia, sostenuta dall’alchimia comica fra Stefano Fresi e Max Tortora, con cui Francesco Fanuele strizza l’occhio alla nostra tradizione più popolare, ripresentandoci un’ambientazione da sempre cara al nostro cinema più allegorico se si pensa a “Non ci resta che piangere” e “L’armata Brancaleone”.
PICCIRIDDA – CON I PIEDI NELLA SABBIA – Paolo Licata (Chili, SKY)
Il film che ha stregato Oliver Stone, presidente della giuria al Taormina Film Festival, dove l’opera prima di Paolo Licata si è aggiudicata il premio per la sceneggiatura e una menzione speciale alle due interpreti femminili: Lucia Sardo e Marta Castiglia. Siamo nella Sicilia degli anni 60, in un villaggio di pescatori dove la piccola Lucia viene cresciuta da una nonna intransigente e impervia come le arcaiche regole sociali dell’epoca. E nella bambina che entra nella comunità femminile ribolle la voglia di emancipazione oltre a una smisurata curiosità verso quel mondo maschile taciturno e inattaccabile. Un film che Licata pennella con sensibilità a partire dal romanzo di Catena Fiorello.
SI MUORE SOLO DA VIVI – Alberto Rizzi (Amazon, Sky Primafila)
Un mondo di provincia sorvegliato dal Po è lo scenario scelto da Alberto Rizzi per raccontare il tentativo di riscatto di Orlando che, sulle sponde del fiume si è ritirato a vivere in una baracca. Una scossa di terremoto gli ha brutalmente tolto gli affetti, ma lui si strugge anche per una donna che non lo ama più. Non è solamente l’America a fare i film sui loser e sulle seconde possibilità, che per Orlando passano per il palco su cui riunire la sua band, i Cuore Aperto. Un film di conti in sospeso perché il passato si riaffaccia sempre. Scritto da Rizzi insieme a Marco Pettenello, fidato sceneggiatore di Carlo Mazzacurati. E nella band suonano Neri Marcoré e Francesco Pannofino.