USCITA CON GRAN RUMORE PUBBLICITARIO LA NUOVA SERIE DI SKY, REMAKE DEL SUCCESSO INTERNAZIONALE FRANCESE ‘CHIAMI IL MIO AGENTE!’: UN VIAGGIO NEL MONDO DELLO SHOW BUSINESS CHE SI PRENDE IN GIRO, FORSE PIU’ DIVERTENTE DELL’ORIGINALE
La serie Sky Original più originale non è inedita, è un format. Da questo paradosso possiamo partire per raccontare “Call My Agent – Italia”, adattamento italiano (con titolo inglese) del successo internazionale di produzione francese “Chiami il mio agente!”. La serie francese è un piccolo cult apprezzatissimo da critica e pubblico, uno di quei gioielli di humor d’oltralpe che anche noi italiani, con la secolare antipatia-rivalità con i francesi, non abbiamo potuto fare a meno di apprezzare. Il racconto ambientato in un’agenzia di spettacolo alle prese con le bizze e i capricci delle star locali dà modo di entrare in un mondo, il dietro le quinte dello show business, che nessuno davvero conosce ma di cui tutti parlano (lo sai che il tal attore è fobico, il tal altro non guarda mai nessuno negli occhi, quell’altra ancora si fa recapitare le rose in camerino da sola…).
Se le vanità o le debolezze di attori famosi francesi hanno interessato moltissime persone, possiamo immaginare quanto interesseranno quelle degli attori, amati-odiati-difesi-contesi- di casa nostra. Paola Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pier Francesco Favino, Matilda De Angelis, Stefano Accorsi, Corrado Guzzanti: ce n’è per tutti i gusti. Personaggi che alcuni idolatrano e altri considerano sopravvalutati, ma che tutti conoscono e che rappresentano un pezzo di noi, di quello che siamo e di come appariamo fuori dall’Italia.
Dopo aver visto i primi due episodi di “Call My Agent” possiamo dire che l’operazione adattamento è davvero riuscita. Lo humor tipicamente francese, che rasenta sempre la parodia e la barzelletta, si incarna in uno stile tipico italiano. Autoreferenziale, autoironico, sarcastico. I quattro agenti di spettacolo e i quattro assistenti, perno orizzontale di tutti gli episodi, sono molto simili a quelli dell’originale, con caratteri scritti superbamente (vedi qui tutti i profili) e che non cadono mai nella macchietta pur essendo a tratti davvero esilaranti. Ma quello che dà il colore italiano all’operazione sono le guest star, ognuna nei panni di sé stessa (tranne Emanuela Fanelli: personaggio chiave, famosa ma non come gli altri, che infatti non fa sé stessa ma una parodia di un personaggio di attrice che lei stessa potrebbe essere o diventare).
Nel primo episodio Paola Cortellesi riesce nell’impresa di sfottere sé stessa per dei tratti che in realtà sono adorabili, come essere troppo seria e professionale nel prepararsi ai ruoli (come quando ti dicono ‘dimmi un tuo difetto’ e tu rispondi ‘sono troppo generoso).
Ancora più abile, ancora più italiano, è Paolo Sorrentino, che rende umana la sua proverbiale antipatia e gioca amabilmente sulla propria visionarietà incomprensibile ai più, mettendo in scena uno scherzo autoironico capace di sfottere sia chi lo fa che chi lo subisce, risultando estremamente divertente. Per non parlare del monologo che fa sul terrazzo insieme a uno degli agenti, raccontando un fatto personale, quello sì degno di una sceneggiatura, e anche lui mostrando come un proprio eventuale difetto sia in realtà una dote che non tutti hanno: nel suo caso l’intelligenza tagliente che vede cose che gli altri non vedono.
La cifra di “Call My Agent” è l’autoironia, certamente. Ma bisogna forse ricordarsi che l’autoironia è spesso, lo è in questo caso, una raffinata forma di egocentrismo.
I personaggi famosi che vengono a rappresentare loro stessi in questa brillante serie si prendono in giro, sicuramente, ma lo fanno senza sminuirsi, e lasciando sempre a mezz’aria la domanda fondamentale: quanto recitano e quando sono veramente sé stessi?
Il regista Luca Ribuoli mette proprio questa pulce nell’orecchio dello spettatore: sì quelli sono tratti del carattere di quei personaggi, ma tutti recitano un copione (anche Roma, dice, fa sé stessa, ma è una Roma vista da un uomo di pianura, una Roma vista con gli occhi di un provinciale abbacinato dalla sua bellezza, restio a vederne i veri difetti), attori e guest star comunque leggono delle battute. Battute scritte da altri, precisamente da Lisa Nur Sultan, la titolare del ‘miracolo’ adattativo di questa serie che ha trasportato un carattere nato prettamente come francese nella mentalità italiana. E sì che, come ha dichiarato, lo staff creativo era partito da un dubbio: ma esiste uno star system italiano?
A quanto pare sì. E buttarsi nelle sue viscere ha dato come risultato una serie dall’atmosfera brillante e divertente, credibile ma non del tutto credibile come è giusto che sia per una commedia, piacevole e fatta così bene che dà quella sensazione trionfalistica e campanilistica del pensare ‘oh, vedi che pure noi, quando vogliamo, siamo capaci?’.
Perché se è vero che nel 2022 solo in America ci sono stati 850 titoli di serie tv e quindi la serialità sta vivendo il suo momento d’oro, questo vuol dire che la concorrenza è spietata e imporsi difficilissimo. Anche se, come dice Sorrentino in una delle sue battute crudelissime, in realtà “le serie tv sono morte”…