MENTRE NETFLIX UFFICIALIZZA LA DATA DEL RITORNO DELLA SERIE SPAGNOLA, I FAN TREPIDANO PER SCOPRIRE COME SARA’ LA QUINTA STAGIONE, DOPO LA DELUSIONE DELLA QUARTA

 

La serie, che racconta le gesta criminali di una banda che rapina lo stato indossando tute rosse e maschere con la faccia di Salvador Dalì, torna a settembre. Netflix annuncia che la quinta stagione della serie verrà trasmessa in due tranche, cinque episodi dal 3 settembre, e altri cinque da dicembre (con una parziale rinuncia alla possibilità del binge watching classico, dunque).
Dopo una prima stagione acclamata al delirio, le seconda terza e quarta che hanno lasciato perplessa la critica e una parte dei fan, ecco che torna per la conclusione ‘la rapina più famosa di sempre (come viene definita con uno svolazzo iberico di barocca immodestia).
Il dubbio che è venuto a parte della critica e a molti fan è dunque questo: non sarà che la serie che racconta la storia di una grande truffa ne stia perpetrando una ai danni degli spettatori?
La casa de papel, come da originale spagnolo, è un prodotto super popolare, tanto da necessitare dell’abusatissimo aggettivo ‘iconico’, e si sa che un fenomeno pop trascende la valutazione estetica: ci piace perché ci piace. Tuttavia il reiterarsi del fenomeno stesso ha reso questo titolo inaspettatamente ‘divisivo’. Amore e odio, apprezzamento e spassionata critica, fan impazziti e ferocissimi detrattori (di quelli che però non si perdono un dettaglio). Come si spiega questo disequilibrio, in un prodotto tanto popolare?

Non lo sappiamo, naturalmente, anche perché chi scrive non ha mai visto un heist movie (storia di ladri e arzigogolati colpi criminali) per intero, sempre causa sopravvenuto addormentamento. Questo in ogni modo non ci impedirà di azzardare un’ipotesi.

La prima stagione della casa di carta era originale, inaspettata, coinvolgente. Un misterioso Professore riunisce un gruppo di disperati per realizzare il colpo più ambizioso della storia di Spagna: svaligiare la zecca nazionale. Il guizzo geniale non era solo nella scelta di un bilanciatissimo gioco ad incastri nella trama della spettacolare truffa, ma nella scelta dei personaggi: misteriosi e obbligati a rimanere tali (le identità personali non esistono, solo nickname con nomi di grandi città del mondo), i disperati scelti per il colpo avevano in comune la delusione verso il sistema, il rancore verso banche e alta finanza che distruggono e derelittano i lavoratori e il popolo. E lì è scattata l’identificazione: ognuno avrebbe potuto essere, per un piccolo scarto del destino, il tizio male in arnese che decideva di fregare la banca, lo stato, il governo e i ricconi che se la spassano alla faccia dei poveri.
Quindi la serie, ben girata, aggiungeva alla trama avvincente e all’estetica nitidamente pop un inedito spirito anarchico tendente al rivoluzionario: un bel vedere per i tantissimi che sotto sotto covano un’anima ribelle, e quindi ovviamente un bingo per la produzione.

Ma quindi cosa è successo nelle successive stagioni? Come mai non sono state mai giudicate all’altezza della prima?
Eppure le trame sono simili:

Stagione 2: Dopo il colpo alla zecca, la banda dei Dalì è in fuga coi due miliardi del bottino, con tutta la polizia di Spagna alle costole, così che Mosca, Berlino, Nairobi, Denver, Rio, Elsinki, Oslo e Tokyo devono compiere una rutilante, imprevedibile e tachicardica fuga per la vita.
Stagione 3: A due anni dal colpo del secolo, la banda si rimette insieme per recuperare Rio, in mano alla polizia, e nel contempo rubare tutto l’oro della Banca di Spagna, attraverso un piano che tocca praticamente tutte le capitali del mondo.
Stagione 4: La banda del Professore è all’interno della Banca di Spagna per il grande colpo, ma molte, moltissime cose non vanno e nell’intero arco degli episodi il colpo non riesce ad essere portato a termine, lasciando aperta la strada per il capitolo conclusivo che arriverà proprio a settembre.

 

Come forse si può evincere da queste incomplete sinossi, in realtà è sempre la stessa trama. Stesso gioco, stesso meccanismo, leggermente variato. Molti fan della prima ora sono insorti al grido ‘ma come, una serie che nasce come protesta sociale si trasforma in un mero meccanismo per fare soldi? Vergogna!’. Non che la serie non proponga più il tema della riscossa sociale (che anzi si appesantisce di volta in volta), ma è solo un elemento della trama, ed è la serie stessa ad essere rientrata vigliaccamente nel sistema, diventando in pratica una specie di merchandising di sé stessa.  Da popolare a populista… e si sa bene come proprio i fan non perdonino le incoerenze.
Così è cominciata la diatriba, che si approfondisce poi con le accuse di aver troppo mischiato l’heist movie con la telenovela, la storia di avventura e riscossa sociale con le passioni travolgenti tra i personaggi che appesantiscono (inutilmente?) delle trame già complicate ai limiti del decifrabile.

E per tutti costoro, tutti quelli che sono stati delusi dal lento ma inesorabile scivolare della serie da storia barricadera a soap opera sentimentale, pessime notizie sulla quinta stagione arrivano dal creatore stesso, Alex Pina, che dice “ci concentriamo maggiormente sulla situazione emotiva dei personaggi. È un viaggio attraverso la mappa sentimentale che ci collega direttamente dal punto da cui sono partiti.”

Quindi a settembre ricordate bene: se vi era piaciuta la parte della protesta sociale contro le ingiustizie della finanza, lasciate perdere, ma se volete sapere come va a finire tra Rio e Tokio e tra il Professore e la ex detective, o se sperate che altre coppie appassionate e litigiose si formino mentre i ladri in tuta rossa decidono se hanno tempo di svaligiare Madrid, allora la quinta stagione di La casa di carta è l’appuntamento perfetto per voi.

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