ALESSANDRO CATTELAN SU NETFLIX CON “UNA SEMPLICE DOMANDA”, PROGRAMMA SCRITTO E CONDOTTO DA LUI: LO CONSIGLIAMO E VI DICIAMO PERCHE’ LE CRITICHE CHE HA RICEVUTO SONO INGIUSTE
Dopo anni su Sky e dopo l’esperimento non riuscitissimo su RaiUno (ne abbiamo parlato qui), la sempre-ma ormai non più tanto giovane promessa della televisione italiana approda su Netflix, con una serie originale ideata, scritta e condotta da lui, Una semplice domanda.
Sulla piattaforma più moderna, con uno stile del tutto moderno, Alessandro Cattelan imposta il suo programma sull’argomento più antico del mondo. Già, il nostro è un po’ fissato con gli show a tema, anche se finora ha evitato il rischio didascalia grazie al suo registro scanzonato da (appunto) eterno ragazzo. Questa volta ‘Ale’ propone una domanda, un argomento, che giura gli sia stato suggerito dalla sua figlia settenne: “Papi, come si fa ad essere felici?”.
La ricerca della felicità, e in sintesi del senso della vita: più che una semplice domanda, LA domanda. Fingendo di porsi il quesito umano per eccellenza per la prima volta, Cattelan si rende conto di non avere davvero una risposta per la sua bambina, e decide di partire metaforicamente e letteralmente per un viaggio alla ricerca della risposta. Con un’onestà apprezzabile anche se per forza di cose paracula, il quarantaduenne adolescente inizia con l’ammettere che molte persone potrebbero additare proprio lui come persona sicuramente ‘felice’: sano, ricco, con un bel lavoro (anche se “non ho lavorato un giorno in vita mia”), una bella famiglia, successo, speranze… Chi, si chiede, se non io, può dirsi felice? Eppure. Eppure non è detto, non è scontato che una persona privilegiata sia anche felice, anzi. E’ da qui che parte la serie di semplici domande che vogliono definire cosa sia e come si raggiunga veramente la felicità. Come si fa ad essere felici? Credere ci rende felici? C’è felicità nel dolore? L’amore rende felici? Si può comprare la felicità? Si può imparare ad essere felici?
Sei episodi on the road, sei e molti più personaggi che rispondono alle domande di Alessandro, più che spesso ponendone di nuove. Nell’epoca del benessere, e dalla sua posizione di privilegiato, Cattelan va in giro per cercare di trovare il senso delle cose che si fanno e si hanno, e lo fa con quel tocco pop, leggerissimo e ironico che lo salva dalla melassa retorica che il tema potrebbe portare. Naturalmente il ‘tono’, le conversazioni e le trovate dipendono dalle persone scelte per rappresentare le diverse domande: mitezza religiosa con il buddista ex calciatore Roberto Baggio, finto cinismo che cela saggezza con Geppi Cucciari, riservato edonismo con il regista Paolo Sorrentino, follie tra amici apparentemente senza costrutto col collega Francesco Mandelli. A legare i vari segmenti, esperienze che potrebbero o non potrebbero portare alla felicità: bungee jumping con 4 religiosi da un ponte altissimo, gara di nuoto vestiti da sirene, , partecipazione a un campeggio per futuri sposi, un’apparizione come concorrente ad X Factor Ungheria, con un brano inedito un po’ farlocco e un po’ sincero. Questo è il viaggio di Alessandro Cattelan alla ricerca di qualche risposta anche da psicanalisti, intellettuali, gente comune, influencer del pornoweb e vip costretti a farsi domande più grandi di loro. Ognuno ha una risposta valida per sé, ma che può contenere quella famosa scintilla di verità che si sta cercando.
L’episodio più bello è senza dubbio quello in cui ospite è Gianluca Vialli, ex campione di calcio che qualche hanno fa ha scoperto di avere il cancro. Luca Vialli parla da una posizione particolare, quella della persona malata, che sapendo ‘che non morirò di vecchiaia’ decide di porsi più in fretta e più profondamente le domande sul senso del vivere; ma il suo punto di vista, la pacata e sorridente saggezza della sua riflessione sono un valore assoluto del suo temperamento, che il pubblico conosce da quando non era altri che il gemello buono del duo blucerchiato Vialli-Mancini. Un carattere straordinario che gli ha permesso e gli permette di affrontare le cose non solo coraggiosamente, ma traendone significato. Senza mai, incredibilmente, risultare pesante o patetico, il dialogo tra Cattelan e Vialli su un campo da golf è un etereo esempio di intelligenza e grazia, volutamente un po’ surreale, che dimostra che si può parlare di tutto in tv senza necessariamente sbracare, basta saper trovare il tono.
LA CRITICA
L’algoritmo umano consiglia dunque di vedere il programma di Cattelan, anche se non è perfetto e anche se non è eccezionale. Si deve apprezzare lo sforzo, come si dice, l’impegno di mettere un’idea dietro un programma televisivo, senza copiare, riproporre, imitare, assemblare cose già viste. Un prodotto originale e per tutti, ma che forse parla meglio ai giovani. Come diceva Alessandro Baricco riferendosi dell’allora esordiente e criticato rapper Lorenzo Cherubini “se fossi un ragazzo, quelle cose lì, che canta Jovanotti, vorrei sentirle dette proprio in quel modo lì” da giovane che le scopre per la prima volta in quel momento. Ecco. Un ragazzo forse queste cose barbose qui, le domande sul senso della vita, apprezzerà di sentirle così, tra un riferimento a un cartone giapponese e un pigiama party dentro un supermercato, tra una recita in una chiesetta e un salto nel vuoto legati a un elastico che non verrà mai fatto.
LA CRITICA DELLA CRITICA
La critica fatta (da più parti) al conduttore/autore è di essere egocentrico. Partendo dal fatto che questa non dovrebbe essere stata una sorpresa, dato che il titolo del programma è “ALESSANDRO CATTELAN: UNA SEMPLICE DOMANDA”, non si capisce in che modo debba essere un difetto, questo, in un programma che parla di come ognuno si rapporta di fronte alla ricerca della felicità: Alessandro dice io, ognuno dei suoi ospiti dice io, noi stessi, se ci ponessero una domanda su quello che ci rende felici, inizieremmo con ‘a me’…
Dall’accusa di frenetico egocentrismo è discesa poi quella di incapacità di lasciare spazio agli ospiti, che sarebbero stati travolti dalla logorrea del conduttore. E qui apro un brevissimo spazio alla divagazione: questa accusa dimostra che il recensore che l’ha fatta ha visto solo due episodi del programma, come accade ai giornalisti che vedono in anteprima una serie. E’ la prassi, ma per recensire un prodotto a episodi, è la mia opinione, bisognerebbe vederli tutti. Come per recensire un film non si può perdere l’inizio e la fine, che quasi sempre sono le chiavi del senso del tutto, così se ci sono sei puntate non si può limitarsi a guardarne due, soprattutto se si vuole ‘distruggere’ quel titolo a ragion veduta. I recensori hanno frettolosamente tacciato Cattelan di parlare troppo avendolo visto intervistare e interagire con Roberto Baggio, notoriamente riservatissimo e di poche parole, e il grande Paolo Sorrentino, che si è prestato al gioco a modo suo, senza lasciarsi andare troppo e bonariamente concedendo una minima percentuale del suo sé. Procedendo con il percorso, dove i personaggi si sono concessi più profondamente alla sfida del programma, Cattelan ha saputo farsi indietro, lasciando spazi e tempi come quel navigato intervistatore che è, intervenendo a tempo debito con il suo egocentrismo inevitabile, intelligente e autoironico. Il tema di Cattelan per noi anche stavolta passa l’esame, e avanti con il prossimo.