HOLMES A CHI? – Ritratto di famiglia in un interno Netflix

Enola Holmes, Film, voto 6.3

Ecco la ricetta di un successo realizzata con ingredienti rigorosamente di marca Netflix (denunciata dagli eredi di Arthur Conan Doyle per plagio):

Prendi il personaggio più famoso nell’immaginario poliziesco – IL detective per antonomasia, l’inventore del metodo deduttivo, lo Sherlock Holmes nato dalla penna di Arthur Conan Doyle nel 1887 – e fallo interpretare dal muscoloso Superman Henry Cavill, che nel frattempo sempre su Netflix è un mutante platinato impegnato a uccidere mostri in The Witcher.
Prendi una serie di romanzi gialli per ragazzi di una scrittrice americana (Nancy Spinger) pluripremiata e molto conosciuta nel mondo del mystery degli anni 2000 che ha come protagonista una totalmente inventata sorella del già immaginario detective, col quale condivide le stupefacenti qualità investigative.

Prendi un volto giovane e stra-strafamoso tra i teenager, la reginetta dei social e delle serie tv Mille Bobby Brown – ‘creata’ da una delle serie Netflix di maggior successo, la fantascientifica Stranger Things di cui i fan stanno famelicamente aspettando la nuova stagione – acconciale i capelli alla moda vittoriana, rendila protagonista e spalma il suo sorriso furbo su tutti i cartelloni virtuali del web.
Prendi poi come comprimari gente di calibro, come Helena Bonham Carter  – che, se per i più attempati è la musa di James Ivory e di Tim Burton, per i Netflix-dipendenti è prima di tutto la convincentissima e dolente Principessa Margaret di The Crown – e fanne una tostissima femminista missing in action.
Prendi un regista che ha firmato un successo d’autore della rivale Amazon, l’Harry Bardberr direttore di quasi tutti gli episodi dell’acclamato Fleabag  (per cui  Netlfix si è battuta strenuamente) .
Poi prendi una trama complicata ai limiti dell’inesplicabile, una favolosa ambientazione vintage-fashion, scene d’azione acrobatiche che al solo guardarle si blocca la cervicale, e mescola tutto con un’accattivante voce fuori campo e il volto birichino della protagonista che ti si rivolge direttamente (come in Fleabag!) et voilà, ecco servito il riuscito piatto servito da Netflix sulla sua piattaforma, il film d’avventura in costume Enola Holmes.

A chi ha detto che il punto debole del film sia uno Sherlock troppo morbido ed empatico (per noi sicuramente troppo ‘fisicato’ sotto l’attillata redingote), si fa notare che proprio alla versione più umana del personaggio, che compare negli ultimi romanzi e racconti della serie, si ispira l’Holmes fratello di Enola. Tanto è vero, che gli eredi dello scrittore padre di Sherlock hanno intentato una mega causa contro Netflix, la produzione di Enola Holmes, il regista e lo sceneggiatore, la scrittrice Nancy Springer e la casa editrice che ha pubblicato la serie dei romanzi. Perché, dicono gli (avidi?) pronipoti del baronetto, ‘questo’ Holmes è plagiato dal protagonista dei romanzi scritti negli anni ’20 del Novecento (quando Conan Doyle era più mesto e meditabondo per aver perso suo figlio nella Prima Guerra Mondiale), per i quali sono ancora validi i diritti d’autore non essendo passati i previsti 95 anni della legge sul copyright. Detto in soldoni, dateci i soldini.

Quello piuttosto che si può eccepire è che il film non abbia molto a che spartire con l’atmosfera che ci si aspetta da un racconto ‘alla Holmes’: troppo adrenalinico, troppe scene d’azione rocambolesche, troppi inseguimenti, e ovviamente troppi ragazzini in scena. Ma se il target a cui questo prodotto è destinato sono, come sono, i giovani, allora tutto questo diventa un punto a suo favore.
I ragazzi apprezzeranno sia la trama che il taglio del personaggio. Enola è intelligente come il fratello, ma cerca di sfuggire a lui e a Mycroft (maggiore di entrambi, personaggio già presente in alcuni racconti originali di Doyle) che la vogliono rinchiudere in collegio mentre lei vuole trovare sua madre (una Helena Bohnam Carter esperta di politica e arti marziali) che, dopo averla allevata educandola come un samurai intellettuale, è sparita lasciando  solo, come da copione, pochi indizi.

Le peripezie della ragazzina fuggitiva a Londra sono complicate dall’incontro con coetaneo, un giovane Lord (Louis Partridge) coinvolto in una misteriosa cospirazione.
Mentre salta e fugge e corre e si batte, Enola riesce a capire che la madre è segretamente un’attivista femminista che ha in mente un piano eversivo a sfondo pro-suffragio universale.
E qui, in questo accenno troppo frettoloso e incompiuto alla tematica femminista, è l’altro nodo irrisolto del film: encomiabile il proporre a una platea giovane un tema importante e caldamente attuale. Ma provate a chiedere ad un adolescente che ha visto il film per cosa si batteva Mrs Holmes, e fateci sapere se qualcuno è riuscito a cogliere il messaggio tra capriole, sparatorie, deduzioni e perfino qualche blanda schermaglia amorosa da teen drama.
Al netto di queste sottigliezze, Enola Holmes è un film molto ben fatto e godibile, realizzato con la solita perfezione produttiva a cui ci sta abituando Netflix. Elementare, Watson. Ah no, Watson non c’è….

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L’algoritmo umano consiglia

Per chi ama le storie ispirate a Sherlock Holmes, no matter what:

Sherlock, su Netflix

Eversivo. Schizoide. Geniale. Lo è lo  Sherlock interpretato con più di una vena di follia da un ispiratissimo Benedict Cumberbatch, e lo è anche la serie tv inglese nel suo insieme. Rispetta al dettaglio i romanzi ottocenteschi di Conan Doyle, però adattandoli ai giorni nostri e soprattutto stravolgendone in modo semi-paranoico le trame fino a renderle irriconoscibili: ma in questo modo mantiene la forza dirompente della ‘sorpresa’ che le gesta di Holmes devono aver fatto ai suoi primi lettori. Conta schiere di fans agguerritissimi, e menzione d’onore a uno degli Watson più memorabili dello schermo, Martin Freeman, senza baffi e con inaspettata cazzimma.

Elementary, su Fox Crime e Boxset Sky

Freddo. Newyorkese. Politicamente corretto. Nell’adattamento americano delle storie di Sherlock Holmes, l’investigatore (Jonny Lee Miller) è un detective ex drogato che cerca disperatamente di rimanere disintossicato, e il suo buon assistente è nientemeno che una donna, la ieratica Lucy Liu, che interpreta una dottoressa Joan Watson che tenta costantemente di bilanciare le intemperanze del suo capo/paziente/cliente. Non male, ma con Holmes c’entra davvero poco.

 

 

 

 

 

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