I AM NOT OKAY WITH THIS (NETFLIX)
VOTO 6.5
LA STELLA ROSSA DI BROOKLYN
Un teen drama soprannaturale dagli stessi produttori di “Stranger Things” e tratto dalla graphic novel pubblicata da Charles Forsman nel 2017. Lo stesso autore che con le sue tavole ha ispirato la serie tv “The End of the F***ing World”, diretto Jonathan Entwistle, il regista che ha messo in scena anche questo “I Am Not Okay with This”.
Sono finiti gli agganci e le matrioske? Non proprio, perché “I Am Not Okay with This” pesca a piene mani da un immaginario recente e passato, si carica di spunti narrativi e si vernicia delle tinte dark che abbiamo già visto proprio in “Stranger Things”, riaprendo il varco che conduce in due luoghi precisi: l’adolescenza e gli anni 80, pur essendo ambientata ai giorni nostri. Ad essere scrupolosi, diciamo anche, senza timore di smentita, che la spinta citazionista arriva fino agli anni 70, considerando l’epilogo splatter che ricalca esplicitamente il finale di “Carrie – Lo sguardo di Satana” il film con cui, nel 1976, Brian De Palma omaggiò l’omonimo romanzo di Stephen King.
A proposito: le citazioni, le porte e i cunicoli non finiscono qui, perché la protagonista assoluta della serie è Sophia Lillis e tra i personaggi secondari spunta Wyatt Olef, entrambi nel cast dei due capitoli di “It”, il doppio appuntamento horror che ha portato sullo schermo il torrenziale capolavoro bestseller scritto dal Re del brivido. Inoltre, in uno dei 7 episodi di “I Am Not Okay with This”, cinque studenti vengono messi in castigo dal preside ed è il punto in cui la sceneggiatura fa un altro salto indietro nel tempo, fino a 1985, per appropriarsi del fulcro narrativo di “Breakfast Club”. Per i tempi, un cult, diretto da John Hughes.
In questo bulimico citazionismo pop non mancano poi i riferimenti agli eroi Marvel, soprattutto l’incredibile Hulk perché “I Am Not Okay with This” è la storia di Sydney Novak, una diciassettenne imbacuccata intorno alle sue angosce e insicurezze, che scopre di avere dei superpoteri pronti a scattare quando la rabbia prende il sopravvento. O a Spider Man, considerando come la teenager intuisca che da grandi poteri derivino grandi responsabilità.
Per raccontare la sua storia, la serie si aggrappa a tutti gli stereotipi possibili del teen drama americano, che ci è stato coercitivamente tramandato nel tempo. E quindi il bullo e il ballo della scuola, l’antieroe stravagante che galleggia fra l’essere nerd e l’essere hipster, le schermaglie amorose e soprattutto la ricerca affannosa di se stessi, della propria identità (anche sessuale) come è d’uso nei più classici racconti di formazione.
Non si può nascondere che la sensazione del ‘già visto’ sbuchi da ogni inquadratura e che forse, ma è prematuro affermarlo, il teen drama stia raggiungendo dei livelli di saturazione, andando troppo spesso a cercare il più sicuro dei rifugi nel citazionismo suddetto o nelle incursioni nel distopico.
Non si può inoltre omettere il fatto che l’epilogo di “I Am Not Okay with This” è un mostruoso cliffhanger che preannuncia una seconda stagione che però non si farà mai, a meno di ripensamenti. Netflix ha infatti deciso di interrompere il progetto a causa della pandemia e dei costi di attesa troppo alti in proporzione ai numeri buoni ma non impressionanti ottenuti dalla prima stagione.
Pur essendo un progetto monco, tuttavia, “I Am Not Okay with This” riesce ad essere autoconclusivo, ad emanare quell’aura destinata ai prodotti rimasti in sospeso. Non è, il conto in sospeso, una prerogativa prettamente adolescenziale? Il ruminare sul dettaglio, su ciò che sarebbe potuto essere e non è stato e chissà mai se lo sarà?
Ma, stiamo divagando.
C’è un motivo dominante per consigliare la visione della serie, ed è la sua protagonista, Sophia Lillis. Nativa di Brooklyn, capelli corti e rossi, occhi azzurri, le lentiggini che adornano il viso pallido, in “I Am Not Okay with This”, la Lillis è fisicamente perfetta nei panni di escrescenza di donna, dalla femminilità appartata e latente, ragazzina inquieta che riversa sul diario dubbi e dettagli del momento infernale ma fertile che sta passando. La serie del resto è una metafora fin troppo evidente dell’incontrollabilità dell’adolescenza con gli imbarazzi, i raptus, le inadeguatezze tipiche di una fase della vita che solitamente si passa in trincea e dove il nemico si cela dietro ogni minuzia.
La Lillis è una delle star in erba su cui ci sentiamo di scommettere per il futuro di Hollywood. L’unico dubbio è che possa essere confinata nel recinto del genere horror, thriller, dark. Ma anche se fosse, che male ci sarebbe? Nei due capitoli di “It” spicca per carisma e magnetismo da animale cinematografico; in “Gretel & Hansel” è una sorta di Giovanna D’Arco delle fiabe, nel deludente road movie “Uncle Frank” è forse l’unico vero motivo di interesse. E non dimentichiamoci di “Nancy Drew e il passaggio segreto”, in cui impersona la detective nata dalla penna di Carolyn Keene (che è in realtà uno pseudonimo dietro al quale di nascondevano numerosi autori). Sophia Lillis è un’attrice già iconica, favorita certamente dalle peculiarità fisiche; una di quelle ragazze capaci di spiccare nella folla, di passare in un giro di mimica da amica-maschiaccio con cui abbuffarsi di junk food da McDonalds a seducente lolita in fieri dallo sguardo malizioso capace di accogliere fantasie proibite. Ma la Lillis sembra già in grado di caricarsi sulle spalle il ruolo di giovane saggia, di aristocratica anticonvenzionale, di ambigua strega dalla faccia d’angelo. Teniamola d’occhio, non ce ne pentiremo.
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L’ALGORITMO UMANO CONSIGLIA
THE END OF THE F***ING WORLD (Netflix)
È tutto fuori dai soliti schemi in questa serie visibile su Netflix. I due protagonisti hanno 17 anni: James è sicuro di essere uno psicopatico perché prova una certa goduria a uccidere gli animali e a conservarne i corpi decomposti. Ora si sente pronto per un update: eliminare un essere umano. Un’ambizione come un’altra, no?
Gli occhi di James prendono la mira e scelgono come vittima ideale la lunatica coetanea Alyssa, mezza ribelle e mezza stonata, che però lo spiazza perché ha un obiettivo diverso: iniziare una relazione con James. Alyssa è vergine ma i suoi ormoni si sarebbero stufati. Anzi, a dirla tutta, se potessero, sceglierebbero la ninfomania. E come in un laboratorio di chimica, quando due reagenti ignoti vengono a contatto tutto può succedere. James e Alyssa intanto fuggono, che è quasi sempre la cosa migliore da fare, poi il resto si vedrà. Ma in giro per l’Inghilterra faranno faville. Pure troppe. L’importante è il caos e l’attrito sul mondo che due soggetti del genere sono in grado di provocare. L’adolescenza è un vestito troppo stretto per due cervelli che utilizzano unità di misura differenti rispetto a quelle usate dagli amichetti, e la serie è un’odissea a capofitto verso il rito di passaggio che li trasporti nell’età adulta. Disadattati e pieni di demoni interiori i due cominciano una specie di relazione romantica, sebbene James aspetti il momento giusto per uccidere Alyssa. Si accorgeranno che là fuori il mondo è molto più disfunzionale di quanto non lo siano loro due.