Arriva alla seconda stagione la comedy con e di Ficarra e Picone, in cui un duo di imbranati rimane incastrato in un delitto mafioso, finendo poi per incastrare padrini e accoliti criminali
Nella prima stagione Salvo e Valentino, due riparatori di elettrodomestici di Palermo, rimanevano invischiati in un delitto di mafia, trovandosi sul luogo dell’omicidio del criminale Gambino e tentando di smarcarsi dalle indagini e dai sospetti inventandosi un piano ispirato alle trame crime delle serie di cui Salvo è appassionato. Salvo e Valentino sono Salvatore Ficarra e Valentino Picone, il duo comico siciliano nato con Zelig, campione di incassi al cinema e arcinoto al pubblico della tv più tradizionale per la conduzione di “Striscia la Notizia”. Anche chi non sia particolarmente affezionato al tg satirico di Antonio Ricci può essere un apprezzatore della comicità del duo siculo, che si inserisce perfettamente nella tradizione della commedia italiana: sul modello nobile di Stanlio e Ollio e poi Gianni e Pinotto, il duo di comici dei quali non riesci a distinguere la spalla ha una sua certa diffusione. In tv e al ‘cabaret’ Cochi e Renato, Ric e Gian, Gigi e Andrea, Zuzzurro e Gaspare, i Fichi d’India, Ale e Franz, e poi quelli che hanno funzionato anche al cinema come gli iconici Franco e Ciccio, poi Greg e Lillo, Luca e Paolo.
Il formato è sempre simile. Uno è il mite Stanlio, ingenuo e altruista, sorridente e pasticcione, totalmente dipendente dall’altro che è l’ingombrante Ollio, furbo o sedicente tale, prepotente e manipolatore, pronto a spiegare il mondo al timido compare e pieno di iniziative destinate sempre a dimostrarsi disastrose.
Proprio su questo canovaccio fondamentale, che Picone/Stanlio e Ficarra/Ollio rispettano al dettaglio, si basano le due stagioni di “Incastrati”, che i due non solo interpretano ma hanno scritto e diretto. Quando scoprono di essere testimoni di un delitto, Valentino vorrebbe subito denunciarsi, o almeno chiedere aiuto ad Agata, sua vecchia fiamma e ora rispettato vicequestore, ma Salvo glielo impedisce paventando guai peggiori, e inventando per uscire dall’incresciosa situazione un piano, appunto, disastroso.
Il secondo capitolo inizia esattamente dove era finito il primo, con i due che, contenti di essere appena usciti dall’incasinatissima situazione, investono per errore proprio il boss mafioso implicato nell’omicidio Gambino, il temibile Padresantissimo. Lo sgherro di quest’ultimo, Cosa Inutile (un fantastico Tony Sperandeo, ormai affezionato interprete delle parodie dei suoi personaggi più famosi) li prende in ostaggio, e subito li costringe a ricominciare la girandola di bugie, ricatti e infingimenti volti a salvare la vita del padrino senza denunciare alla polizia la sua presenza ancora in loco (e sì, l’incapacità della polizia di localizzare un latitante che vive esattamente dove ha sempre vissuto è stata immaginata PRIMA della cattura del vero super boss che non citeremo). A partire dalla ricerca del medico per curare Padresantissimo, una scena di irresistibile cattiveria in cui il chirurgo ‘della mafia’ viene rincorso da Salvo in una gimkana assurda tra tutte le sue attività, e ce ne fosse una collegata alla medicina, Salvo e Valentino devono accontentare i due mafiosi per salvare le vite a loro stessi e alla madre di Valentino, presa in ostaggio con tutta la sua insopportabile loquela.
A carburazione lenta, ogni episodio parte ‘piano’, costruisce la struttura degli equivoci e delle assurdità che sta per proporre, per poi arrivare a far ridere quando ogni elemento va al suo posto, o meglio va al posto di un altro aumentando l’entropia e incasinando il tutto.
RIDERE DELLA MAFIA
Dunque anche qui Ficarra e Picone si mettono in coda a un’abbastanza recente tradizione cinematografica e televisiva, quella che ‘ride’ della mafia. Come i film di Pif, per esempio, o “Bang Bang Baby” e la bellissima serie “The Bad Guy” (ne parliamo qui). “Incastrati” ha il merito di ridicolizzare davvero le figure dei criminali, senza ombra di mitizzazione. E alla domanda dei giornalisti se abbia senso e sia davvero lecito ridere della mafia, il palermitano Picone, con quell’aria mite che appartiene alla persona oltre che alla maschera comica, risponde che ‘ridere della mafia è oltre che giusto efficace, perché i mafiosi si prendono molto sul serio’, svelando con semplicità una cosa vera, cioè che in qualche modo la presa in giro ferisce il mafioso, così come la creazione di personaggi di culto che contribuiscano alla creazione della leggenda invece lo inorgoglisce (ci rifiutiamo di nuovo di citare le calamite da frigo del latitante recentemente catturato). Dunque, onore al merito di Ficarra e Picone, che nella loro creazione prendono in giro la mafia senza subirne mai la malìa, inserendola in una più generale ironia bonaria che non risparmia nemmeno altre categorie: soprattutto i giornalisti sciacalli – con due figure di reporter che cavalcano con gioia selvaggia le notizie di morti ammazzati – e il mondo stesso delle serie tv. Salvo è dipendente da una serie crime, The Touch of The Killer che in questa stagione diventa The Look of The Killer, e molti dei guai che i due passano sono dovuti alla sua idea di ispirarsi al telefilm per risolvere i suoi problemi coi criminali: divertentissime sono le scene della serie americana che viene seguita dalla tv, un polpettone incongruo ambientato negli anni settanta con il dettaglio sornione del doppiaggio fuori sincrono, che finisce per ricordarci, meta-narrativamente, come noi spettatori possiamo incapricciarci di sonore cavolate e diventarne dipendenti indipendentemente dal loro valore artistico.
Dunque se volete vedere qualcosa di veramente leggero, ma nobilitato dall’intento esplicito di smitizzare il nostro più famoso prodotto di esportazione (sì, la mafia), “Incastrati” fa per voi.
Se volete capire se vi piacciono davvero Ficarra e Picone e cosa si nasconde dietro le loro maschere grottesche l’Algroritmo umano propone tre dei loro successi più importanti e significativi:
L’ora legale (2017), Sky, Netflix, Disney +
Ficarra e Picone firmano la regia di questo grande successo da 10 milioni di incassi al botteghino. Fedeli alle loro maschere, Salvo e Valentino interpretano due cognati, uno opportunista e poco incline al rispetto delle regole (ovviamente Salvo) e l’altro serio e onestissimo, che si trovano ad affrontare un grande cambiamento portato nella loro città dall’elezione di un nuovo sindaco, inaspettatamente osservatore della legge. I due attori-registi, anche autori della sceneggiatura, propongono uno dei loro racconti comici a sfondo educativo, un mix coraggioso ma non presuntuoso, che sembra destinato al successo in un panorama che oscilla tra l’intrattenimento selvaggio e l’impegno più cupo.
Il primo Natale (2019), Sky, Netflix, Disney +
Regia ancora di Ficarra e Picone, il film ha incassato nientemeno che 15 milioni di euro, una specie di record per un titolo italiano. La storia è quella di un ladruncolo di arte sacra (indovinate chi dei due?) e un bravo sacerdote che, in un inseguimento dopo il furto di una statua del bambino Gesù, fanno un balzo spazio-temporale e finiscono nella Palestina dell’anno zero in cui il vero sacro infante sta per nascere. Peripezie, equivoci e inseguimenti rendono vivo un racconto destinato davvero a tutti, che senza buonismo spinge a una sorta di riflessione sul destino degli ultimi e dei poveri.
La stranezza (2022), Prime Video
Firmato da Roberto Andò, il film vede i due comici interpreti che non sfigurano vicino al solito grandissimo Toni Servillo. Nella Girgenti del 1920 Ficarra e Picone sono due becchini ma anche attori amatoriali di teatro, che il lavoro porta a conoscere Luigi Pirandello (Servillo), il grande autore in temporanea crisi creativa. I due buffi e appassionati personaggi serviranno a Pirandello per ritrovare l’ispirazione e nientemeno che scrivere “Sei personaggi in cerca d’autore”. Pirandello, Verga, Shakespeare, ma anche Franco e Ciccio: i due rendono omaggio a una lunga serie di riferimenti teatrali, siciliani e narrativi, uscendone a testa alta e dimostrando di poter affrontare come interpreti sfide più coraggiose di quelle che loro stessi magari si erano prefissi.