SKY ANNUNCIA LA SUA NUOVA SERIE DI FANTASCIENZA TUTTA AL FEMMINILE, E NOI CONSIGLIAMO ALTRE DUE PROPOSTE CHE UNISCONO SCI-FI E PROTAGONISTE IN ASTRO-GONNELLA

 

Intergalactic – Sky Atlantic (dal 31 Maggio)

 

Intergalactic: scritta da due donne, diretta per la maggior parte da una donna, con un cast e quindi delle protagoniste tutte donne, la serie inglese di fantascienza in programmazione su Sky Atlantic dal 31 di maggio viene presentata come una sorta di viaggio femminista tra le stelle. Preoccupati che l’originalità del prodotto rimanesse confinata nella scelta del genere sessuale delle protagoniste, siamo andati a controllare la trama e i contenuti. Niente paura: al netto di qualche scelta di routine sui ‘fondamentali’ del genere sci-fi, sembra proprio che Intergalactic viva di vita propria: viaggi ai confini dell’universo, combattimenti spaziali, donne che picchiano, pilotano spericolate e imprecano tali e quali agli uomini, tutto mantiene la promessa implicita nel lancio pubblicitario: una serie sci-fi adrenalinica e altamente spettacolare.

La cosa che sorprende piacevolmente è che le ‘signore’ protagoniste non sono in nessun modo angelicate o messe a fare da modello positivo solo perché donne. Basti pensare che il nucleo della trama è che un gruppo di prigioniere dirette ad una colonia penale ai bordi della galassia riesce a dirottare la nave-prigione che le trasporta, e che le toste criminalesse costringeranno con minacce la pilota, che viaggia con loro ma è stata incarcerata ingiustamente, a collaborare con l’ammutinamento e la seguente fuga verso il mitico pianeta Arcadia, e la libertà. Siamo nel 2143… vuoi vedere che tra un centinaio di anni avremo davvero raggiunto una parità di genere, almeno tra le stelle?

..:::..

L’algoritmo umano consiglia:

Gravity: Infinity, Rakuten TV

Nel film vincitore di 7 Oscar, Alfonso Cuaron dirige Sandra Bullock e la manda alla deriva nello spazio, sola per la maggior parte dei suoi 91 minuti. Alla deriva non metaforicamente: proprio nello spazio aperto con solo una tuta spaziale, ossigeno per poche ore, e un jet-pack per raggiungere qualche dispositivo mobile che possa condurla in salvo dopo la tragica avaria della sua nave. Ben presto liberatasi dell’altro sopravvissuto (un George Clooney reso un po’ superfluo dall’impossibilità di mostrare il suo celebre ‘ammicco’ attraverso il casco della tuta), l’ingegnere meccanico alla sua prima esperienza nello spazio si ritrova veramente sola nell’Universo. Quindi padrona della scena, la dottoressa Stone (nome ‘parlante’ alquanto scoperto: stone, forte come una roccia) fluttua, entra in una stazione spaziale, poi un una capsula, poi esce e cerca di aggiustare le cose che si rompono continuamente, doma un incendio, leva la tuta e rimane in pantaloncini, rimette la tuta e passeggia in aria, batte la testa, piange, racconta allo spettatore la sua vita che è una vita qualsiasi con un qualsiasi trauma alla base, si rannicchia su sé stessa nella posizione fetale più bella di tutta la storia del cinema, ha le allucinazioni e chiacchiera con George Clooney che non c’è. Tutto seguito in pochissimi, lunghissimi, meravigliosi piani sequenza. Tutto da sola. Tutto reggendo dei primi piani strettissimi e facendo balletti le cui coreografie sono perfette al millimetro.
Un’attrice incredibile per un film a tratti sublime, che mescola in modo originale azione (pochissima), fantascienza (a piccole dosi), filosofia e domande sulla condizione umana (quanto basta), ma che in fin dei conti è un grende film d’avventura. Come in effetti chiosa il personaggio di Clooney: “Ora hai due possibilità: o molli tutto e ti lasci andare per sempre, o tieni duro e combatti, e se torni avrai una storia pazzesca da raccontare”. Appunto, una storia pazzesca.

 

Away: Netflix

Ancora viaggi nello spazio, ancora una donna che affronta una sfida ai confini dell’Universo e contro i pregiudizi di genere. Nella serie Netflix, Hilary Swank è il comandante di una missione spaziale internazionale, la prima al mondo che arriverà su Marte e si stabilirà lì per tre anni. La tosta comandante, per guidare la missione, lascia a terra la figlia e il marito gravemente invalidato, vivendo per questo continui e lamentosissimi sensi di colpa. Che aggravano la tensione all’interno di un equipaggio che già non la vede di buon occhio in quanto giovane e in quanto donna. Gli incidenti del viaggio e le numerose spettacolari passeggiate spaziali, per quanto avvincenti, non riescono a bilanciare la noia di uno script troppo orientato al politicamente corretto e all’elogio stucchevole dei valori familiari: tutte le minoranze e le diversità (almeno quelle terrestri…) sono rappresentate in quattro personaggi soli, e le vicissitudini della famiglia del comandante sulla Terra sono un campionario di tutte le sfighe possibili che possono capitare a un umano. Ciononostante, la confezione è di classe, e se siete del genere ‘basta che ci sia una navicella e un guasto tecnico e siamo felici’, consigliamo comunque la visione.

Lascia un commento