TOGNAZZI: LA VOGLIA MATTA DI VIVERE, RAIPLAY. LA STIRPE DEI TOGNAZZI SI RIUNISCE PER DARE VITA A UN RICORDO DEL PADRE, INDIMENTICABILE ATTORE, FIRMATO DAL MAGGIORE DEI FIGLI, RICKY

 

Nel centenario della nascita di Ugo Tognazzi (Cremona 23 marzo 1922 – Roma 27 ottobre 1990, anche se sulla lapide non avrebbe voluto le date) è uscito su Rai Due ed è ora disponibile su RaiPlay il film documentario su di lui, creato dai figli e diretto da Ricky, il maggiore.
Il titolo è ispirato a un film di Luciano Salce del 1962, La voglia matta, in cui il personaggio interpretato da Tognazzi però paga caro il suo desiderio di rimanere giovane, finendo nel ridicolo e nella disperazione l’avventura amorosa con cui avrebbe voluto continuare a ‘mordere la vita’.
Forse anche per l’uomo Ugo Tognazzi la voglia matta di vivere è stata così, bellissima e crudele, trascinante e deludente, dispotica ma inevitabile. Però questo documentario, pur nascendo e nutrendosi di nostalgia, non è mai né disperato né triste. Il miracolo che riesce a Ricky è descrivere la vita straordinaria di un uomo normale, con i suoi picchi che la persona comune non conoscerà mai e le desolazioni che invece fanno parte della vita di ognuno, e la carriera eccezionale di un uomo che nel privato era semplicemente il più simpatico del gruppo, appassionato e incapace di dare per scontato il proprio successo.
Interviste, spezzoni di film, filmini amatoriali casalinghi girati da figli e nipoti, sketch in bianco e nero come da un altro mondo ricostruiscono la carriera di un attore unico e di un personaggio che si è scolpito nell’immaginario popolare italiano. Ma non è solo questo: lo sguardo filiale, i ricordi personali di Ricky, Thomas, Gianmarco, Maria Sole – tutti cineasti e attori, perché è chiaro che Ugo aveva un DNA creativo potente –  sono “l’in più”  e il nerbo del film, che potrebbe essere semplicemente un bel ritratto come ce ne sono tanti, e invece è una lettera d’amore pubblica, che coinvolge come quel messaggio al proprio padre che quasi tutti gli adulti rimpiangono di non aver scritto prima. Un messaggio di stima e amore ma totalmente antiretorico, come nello stile della ‘casata’, che dà forma a un ritratto divertente, scanzonato, ironico e sempre sempre credibile. “dove stai andando? Eh, dove te ne vai?” incalza una voce giovane da dietro la telecamera che insegue Tognazzi già anziano per la casa piena di gente “Al cesso”, risponde da dietro il baffo sornione Ugo. Questa la cifra, alla conte Mascetti, che caratterizza l’operazione ancor più e forse meglio dei ricordi di piccoli grandi e grandissimi registi, attori, produttori e amici di Ugo Tognazzi, il mondo intero dello spettacolo e del cinema italiano.

E DUNQUE
Un linguaggio che conquista nella sua ‘straordinaria normalità’, questo il primo motivo per consigliare “Tognazzi: La voglia matta di vivere”: un carosello di battute, dichiarazioni, conversazioni, immagini in cui il vero si compenetra con la finzione in un frenetico, implacabile andata/ritorno. E poi, soprattutto, perché esso stesso contiene in sé una miriade di altri consigli di visione: La grande abbuffata, Il vizietto, La tragedia di un uomo ridicolo, Amici miei, I viaggiatori della sera, Il federale, I mostri, Romanzo popolare, Vogliamo i colonnelli. Finisco per amor di sobrietà ma ce n’è per tutti, nel senso letterale che ognuno troverà un titolo che avrà voglia di riguardare, o guardare per la prima volta. Perché stiamo parlando della storia del cinema italiano, della nostra società anzi: di quando ancora ‘alto e basso’ si confondevano, e nei film comici brillava sempre una scintilla di cultura e intelligenza, e nei film d’autore si poteva ridere senza complessi.
Nostalgia, certo, ma con dentro una voglia matta di vivere.

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