Licorice Pizza                                                                                                         voto 9

(Amazon Prime) 

C’è vita su Marte?

Licorice Pizza si riferisce a una catena ormai defunta di negozi di dischi nella San Fernando Valley di Los Angeles degli anni ’70, dove il regista, Paul Thomas Anderson, è cresciuto, e dove è ambientata la storia di Gary Valentine e Alana Kane.

Licorice Pizza, giocoso soprannome dato ai vinili, che assomigliano appunto a delle pizze alla liquirizia, è un abbinamento squinternato, un mismatch che accosta due oggetti fra loro non compatibili, ma che insieme suonano bene, si agganciano a uno stato d’animo, alla personalissima madeleine proustiana di Paul Thomas Anderson, il quale non ha nemmeno bisogno di menzionare il nome del franchise durante il film.

Il titolo, già da solo, spalanca un’epoca-amarcord, evoca una buffa e variopinta stravaganza. Negli occhi di Anderson, tuttavia, la California degli anni 70 non rimane un pittoresco sfondo da cartolina o uno sgabuzzino di memorabilia. Non è cornice ma contesto, che si incendia di colori, dialoghi, personaggi e musica.

Our love is alive and so we begin

Foolishy laying our hearts on the table

Stumblin’in

Il nostro amore è vivo, così cominciamo
stupidamente a mostrare i nostri sentimenti commettendo passi falsi.

Uno dei pezzi portanti di “Licorice Pizza” è “Stumblin’ In” di Chris Norman e Suzie Quatro. La prima strofa già disegna lo scenario interiore dei due protagonisti nella storia di questo primo amore. E il primo amore è un affare tremendamente serio.

Gary e Alana

Gary è un quindicenne attore-prodigio con una fiducia in se stesso di gran lunga superiore al suo aspetto e al suo talento. Nonostante il viso paffuto trafitto dall’acne, ha il coraggio di fare la prima mossa con Alana, una ragazza dieci anni più grande di lui incontrata durante la sessione fotografica dell’annuario scolastico.

Alana è l’assistente del fotografo, ma è soprattutto una volitiva tuttofare, una ragazza pratica che sa guidare un camion in retromarcia lungo i tornanti della San Fernando Valley, ma la sua anima irrisolta è ancora alla ricerca della traiettoria giusta. Alana ha un naso alla Barbra Streisand (“un naso ebreo”, le dicono durante un casting), un sorriso sbilenco e un lieve inestetismo ortodontico. Ma possiede una sensualità anticonvenzionale e prorompente: la fuggevole e telegrafica esplosività di un petardo.

Facendo ancora riferimento alla colonna sonora, Alana è “The girl with the mousy hair”, la ragazza coi capelli castani che David Bowie dipinge in “Life on Mars?”, la ragazza che cammina attraverso i suoi sogni sommersi (Now she walks through her sunken dreams).

Alana respinge le avances grossolane di Gary, finisce per trattarlo come un fratello minore ma tra i due nasce una sintonia, un nesso disordinato, puerile ma serio, che si evolve caoticamente alla ricerca di un appagamento, vagando in quella sconfinata terra di mezzo che divide l’amicizia speciale dall’innamoramento. Il dislivello anagrafico, la diversità di ambizioni e la differenza di maturità rendono Gary e Alana una coppia male assortita. I due ragazzi sono una combinazione inadeguata. Un mismatch, appunto. Ma hanno la stessa inspiegabile compatibilità che c’è tra la pizza e la liquirizia quando le unisci insieme e concepisci il nome indelebile di un negozio di dischi.

“Licorice Pizza”, il film, non ha una vera trama. È naturalmente una commedia romantica imperniata sul classico trittico del genere ( “Boy Meets the Girl – Boy Loses the Girl – Boy Gets the Girl”) ma procede in modo anarchico, piegando le sbarre della struttura tradizionale: avanza per deviazioni, erranze, passi falsi, propagazioni di eventi trascurabili, situazioni episodiche.

Gary, dalle spiccate ma ingenue velleità imprenditoriali, avvia prima un’attività di produzione di materassi ad acqua, successivamente sfrutta la legalizzazione dei flipper per aprire una sala giochi. I materassi ad acqua e i flipper, entrambi feticci degli anni 70, finiscono con la loro simbologia intrinseca per disegnare la fisionomia narrativa. Gary e Alana galleggiano stando sempre nello stesso posto, mentre il film segue lo stesso andamento insubordinato di una pallina da flipper. Alana tenta la strada della recitazione, entra in contatto con una vecchia gloria di Hollywood, poi inizia a lavorare da volontaria alla campagna elettorale di un politico. Intanto i due si beccano, flirtano, litigano, si allontanano poi si ricongiungono. Ma soprattutto, corrono. Gary e Alana corrono in continuazione, quasi volessero marcare una diversità dentro un mondo che procede troppo lentamente rispetto alla loro urgenza febbrile.

Gli fanno eco Sonny & Cher quando nel brano “But You’re Mine” intonano “We have a great big old societyThat won’t make room for folks like you and me” (una società vecchia che non vuole dare spazio a persone come te e me).

Circondati dal contesto socio-politico di quegli anni, incontrano personaggi ambigui e borderline, realmente esistiti, come Jon Peters, produttore cinematografico all’epoca fidanzato di Barbra Streisand, oppure finiscono nell’entourage di Joel Wachs, il giovane candidato a sindaco di Los Angeles. Ma ogni volta che si allontanano, ecco che emerge il reciproco desiderio di risolvere la propria incompletezza. Lo sguardo del film rimane saldamente nelle mani e nei cuori di Gary e Alana. Mentre, intorno, la vita scorre e svanisce come in un’eterna dissolvenza, loro continuano a transitare uno nei paraggi dell’altra, come se fossero allacciati e recintati dentro un immaginario numero 8.

E il sesso?

Non ce n’è. Perché “Licorice Pizza”, nel suo lisergico girandolare, a furia di avvitarsi su se stesso, compie un salto carpiato indietro nel tempo e si colloca nel magico contenitore delle screwball comedy, quelle meravigliose commedie del desiderio che si realizzavano a Hollywood negli anni ’30 e ’40: le ‘sex comedies without the sex’, divagazioni all’insegna del battibecco in cui la narrazione sprigiona una vaporosa follia, in cui i personaggi sono totem verticali in un mondo che annaspa a tentoni in orizzontale, senza benzina.

Il bonus a corredo di “Licorice Pizza”, il suo valore extra sta nello strepitoso incastro con il teen movie, nella vibrante giovinezza da eterna euforia estiva che avvolge le corse e i progetti di Gary e Alana. Come si diceva qualche riga fa, il primo amore è un affare serio e non reclama per forza precisione e disciplina. Tutto è insignificante e tutto è tremendamente drammatico nel fascinoso habitat dell’adolescenza. Ogni momento è ineguagliabile ma può essere giudicato sciocco e inessenziale. È  il susseguirsi dei momenti che si annodano a creare il vincolo romantico.

Considerare questo film un’opera minore di Paul Thomas Anderson sarebbe un abbaglio, perché le vette di leggerezza raggiunte da “Licorice Pizza” provengono proprio dalla decisione di abdicare l’idea di struttura tangibile, dalla rinuncia a ciò che si ritiene ormai necessario. Il plot. E non lo è. Non è nemmeno la storia di un amore impossibile, piuttosto la dispersiva cronaca di un’alchimia.

Il film non ha la geometria rigorosa di “Magnolia”, le ossessioni profonde de “Il petroliere”, la crucialità sociologica di “Boogie Nights”. E nemmeno quelle ombre d’alienazione che emergevano nel bellissimo e romantico “Ubriaco d’amore”, sempre per rimanere dentro la filmografia andersoniana. Qui siamo in presenza di un cinema, in cui la logica è nella messa in scena di questo insistente smarrimento. Un’idea di cinema che offre un’opzione alternativa e liberatoria.

C’è un tocco altmaniano, comprensivo di qualche citazione lampo (e anche citazioni da Martin Scorsese) perché Robert Altman è da sempre ispiratore delle cose andersoniane, ma anche una connessione mentale con il Francois Truffaut di “Jules e Jim”, un omaggio spensierato all’iniziazione alla vita adulta da parte di due personaggi che sfuggono alla solita riproduzione in scala di imprescindibili modelli di riferimento.

In ogni grande film si può (si deve) leggere in filigrana la presenza di altri grandi film. Il dialogo con la storia del cinema è a sua volta un’alchimia irrinunciabile. Tuttavia, pur essendo un coming-of-age romantico con rimandi alla nouvelle vague ed espansioni che lo portano dentro la screwball comedy, “Licorice Pizza” con i suoi nostalgici e vividi anni 70 che sembrano filmati in presa diretta, rimane un esemplare a sé, che si candida a diventare a sua volta modello di riferimento.

Quindi, per rispondere idealmente a David Bowie: non solo abbiamo trovato la vita su Marte, ma forse “Licorice Pizza” è il film più bello dell’anno.

IL CAST E QUALCHE CURIOSITÀ SU LICORICE PIZZA

Per Paul Thomas Anderson il casting di “Licorice Pizza” è stato una questione di famiglia allargata. I protagonisti, entrambi debuttanti, sono Cooper Hoffman e Alana Haim. Il primo è il figlio di Philip Seymour Hoffman, l’attore scomparso nel 2014 che ha lavorato con Anderson in “Sidney”, “Boogie Nights”, “Magnolia”, “Ubriaco d’amore” e “The Master”.

La seconda viene dal mondo della musica: è voce, chitarra, tastiere e batterie delle Haim, una band della scena indie pop californiana, composta da lei e dalle sorelle Este e Danielle, che in “Licorice Pizza” interpretano proprio il ruolo delle sorelle, così come nel film appaiono anche il padre e la madre: quest’ultima è stata l’insegnante d’arte di Paul Thomas Anderson.

Nel resto del cast svetta il cameo di Bradley Cooper nei panni di Jon Peters, il ricchissimo e irascibile produttore cinematografico che per megalomania ricorda il Tom Cruise alias Frank T.J. Mackey di “Magnolia”.

Sean Penn si ritaglia il ruolo di Jack Holden, divo hollywoodiano sul viale del tramonto ispirato probabilmente a William Holden, mentre Tom Waits fa la parte di un regista, Rex Blau, legato professionalmente a Holden a cui chiede di ripetere una leggendaria scena acrobatica in cui scavalca una rampa infuocata a bordo di una motocicletta.

Infine per la colonna sonora del film, Paul Thomas Anderson si è affidato a Jonny Greenwood, il chitarrista dei Radiohead che aveva già firmato le musiche di “Il petroliere”, “The Master”, “Vizio di forma” e “Il filo nascosto”. Da notare che per i Radiohead, Paul Thomas Anderson ha girato i video “Daydreaming”, “Present Tense”  “The Numbers”, oltre al cortometraggio “Anima” che si concentra su una trilogia di brani del leader dei Radiohead, Thom Yorke. Inoltre Anderson ha realizzato il video “Try” di Michael Penn il quale, oltre ad essere fratello di Sean Penn, ha anche curato le musiche di “Boogie Nights” ed è sposato con Aime Mann, la voce dietro la soundtrack di “Magnolia”. Tornando alle sorelle Haim, il sodalizio con il regista è nutrito e di lunga data, avendo Anderson girato quasi tutti i loro video. Ve ne presentiamo un paio.

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