Seduti sulla riva del fiume, aspettiamo. Non il cadavere del nemico, che per qualcuno è già passato, ma un vigoro slancio di contro narrazione mentre sull’etere divampa, in abbondanza, una beatificazione a reti unificate che sa di servo encomio. La proclamazione di un incongruo e divisivo lutto nazionale, inoltre, è stata l’implicita pretesa di un abbassamento dei toni, un messaggio rivolto alle voci contrarie alla canonizzazione del leader defunto, Silvio Berlusconi.
Sono ancora impresse nella memoria le immagini del magniloquente funerale di stato, trasmesso da – in ordine decrescente di share – Canale 5, Rai Uno, Rete 4, Italia Uno, La 7, Sky Tg 24. E anche da Iris, Focus e Top Crime. Una copertura mediatica a tappeto, guarnita da speciali, tribune politiche, talk show, aneddoti e souvenir. Come per un monarca, come per un Papa. Giornalisticamente non fa una grinza. Però una rughetta c’è, sotto gli occhi del bipolarismo televisivo, che Berlusconi ha indubbiamente contribuito a creare con l’avvento delle tv private.
Ci riferiamo alla sparizione di “Loro”, il film in due parti diretto da Paolo Sorrentino nel 2018, con Toni Servillo nei panni del Cavaliere, Elena Sofia Ricci (premiata con il David di Donatello) che presta il volto a un’insoddisfatta Veronica Lario, e poi Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak e Fabrizio Bentivoglio, fino a Ugo Pagliai chiamato ad impersonare Mike Bongiorno.
“Loro” non è al momento disponibile in tv in Italia. Da nessuna parte. Ed il motivo è semplice, pure banale se vogliamo. Nessun enigma. Il film fu finanziato e distribuito nelle sale dalla Universal che ha successivamente ceduto lo sfruttamento dei ‘diritti non di sala’ alla stessa Mediaset. E ovviamente Mediaset ne può disporre come vuole, ad esempio scegliendo di non metterlo mai in onda. L’altra scelta è stata quella di non vendere i diritti di trasmissione a nessun’altra piattaforma, finora. Inoltre il film non è nemmeno acquistabile nel circuito home video italiano per la quale non c’è mai stata nessuna distribuzione.
È stata la mano di Mediaset, dunque.
L’unico modo per guardare il film è acquistarne su Amazon l’edizione inglese, oppure francese (“Silvio et les autres), tedesca (“die Verfuhrten”) o financo polacca (“Oni). Il prezzo varia tra i 15 e i 23 euro, fate voi.
Facendo una rapida sintesi, ci troviamo di fronte a un caso in cui non è disponibile da nessuna parte la visione di un film dedicato a Silvio Berlusconi, girato nientemeno da Paolo Sorrentino, non uno qualunque, quindi, ma un regista vincitore del premio Oscar con “La grande bellezza” (quest’ ultimo distribuito, e fa sorridere, da Medusa).
Un documento artistico rilevante, al di là del suo valore, su cui pubblico e critica si divisero ai tempi della distribuzione nelle sale; uno dei pochissimi film che hanno preso di petto la questione Berlusconi raccontandone la caduta politica, tra realtà e finzione, documentata e arbitraria, attraverso i suoi legami con imprenditori e politici, fittizi o reali, nel momento storico in cui il Cavaliere stava vivendo la crisi coniugale con Veronica Lario.
Diviso in due parti (ma ne esiste anche una versione unica di 145 minuti) il film prende il via dal 2006, con Berlusconi all’opposizione, ma ancora naturalmente uomo potentissimo e ambito, specie dalla coppia di traffichini pugliesi che ne vogliono attirare l’attenzione e riescono ad insediarsi nella villa situata di fronte a quella di proprietà del leader di Forza Italia in Sardegna. E che bramano di appartenere a quel vorticoso circo di faccendieri e maggiordomi, al sottomondo bidimensionale che vive di luce riflessa, quella che proviene dallo shining dell’eremo di Villa Certosa, dove accedono Michele Apicella, Sandro Bondi e pochi altri, mentre la consorte Veronica Lario si annoia e si rifugia nella lettura di libri impegnati. La crisi coniugale si fa più profonda nella seconda parte del dittico, mentre Berlusconi è indaffarato a mettere a punto la strategia che affosserà il governo di sinistra, comprandosi nello specifico sei senatori per farli passare nel suo schieramento. Le successive elezioni lo vedranno tornare in carica a Palazzo Chigi. Intanto cominciano a sfilare le donne delle ‘cene eleganti’ e il sortilegio e la forza persuasiva con cui Berlusconi aveva sedotto gli italiani cominciano a mostrare più di qualche crepa. Sono le insidie del bunga-bunga, la barzelletta da caserma che diventa concreto scandalo politico, così come la famosa deviazione verso Casoria per il diciottesimo compleanno di Noemi Letizia.
Tantissima carne al fuoco per un’opera ritenuta prolissa e diseguale, ma prodiga – in pieno Sorrentino-style – di sprazzi di visionaria messa in scena, di fiammate impertinenti e feroci. In cui si assiste a una gara tra il grottesco come cifra stilistica del regista e il grottesco incarnato dal personaggio che esce ed entra dal mirino della macchina da presa, rimanendo influente anche in assenza. Un film che conferma quanto sia difficoltoso raccontare Berlusconi e l’Italia berlusconiana fondata sull’abbordaggio, la maschera di cerone e l’intrallazzo, quando non è ancora stata stabilita una sufficiente distanza storica tra il racconto e l’oggetto dello stesso. Ma il vero oggetto del contendere è un interrogativo, un mistero con la m maiuscola, questo ancora non risolto, che incombe non solo su tutta la lunga durata del film, ma anche sulla storia recente del nostro paese. Capire cioè se Berlusconi sia stato un personaggio elementare o un personaggio complesso. E da quale prospettiva afferrarlo per ricomporne la figura in senso cinematografico, senza la paura né il gusto sadico di fare prigionieri, morti e feriti.
Un film che andrebbe rivisto. Se ce ne fosse la possibilità. Soprattutto adesso. Sperando che l’attesa sulla riva del fiume, con il telecomando in mano, non sia vana.