UN BILANCIO TELEVISIVO DEL CAMPIONATO DEL MONDO SULLA RAI: IL SIGILLO ARABO, I NUMERI PIÙ SIGNIFICATIVI, IL CONFRONTO CON MEDIASET E SKY. E UN VOTO A TELECRONISTI E COMMENTATORI, TRA IL SERIO E IL FACETO.

Il mondiale di calcio edizione 2022 in Qatar si chiude con Lionel Messi, Re del mondo, che alza la coppa indossando il bisht, uno dei capi d’abbigliamento arabi più prestigiosi, riservato a capi, leader e sovrani durante le cerimonie più importanti. Una semplice mantellina vezzosa per i profani, un emblema di potere per la cultura araba. Dell’insolita vestizione si è occupato Tamim bin Hamad Al Thani in persona, l’emiro che ha fondato il Qatar Sports Investment, la multinazionale che detiene la proprietà del Paris St. Germain, ossia la squadra di club in cui militano sia Lionel Messi che Kylian Mbappè, i due fuoriclasse simbolo di questi campionati mondiali.

Non so come si dica in arabo ‘brodo di giuggiole’, ma è questa la sensazione che devono aver provato gli organizzatori del Qatar: la finale Francia-Argentina era in cima alle loro speranze, con in alternativa la presenza del Brasile di Neymar – altro top player in forza alla squadra parigina – per sigillare con il marchio eterno una kermesse nata tra molte polemiche, all’insegna del #boikottQatar: un hashtag partorito sui social più per noioso snobismo che per reale convinzione, e cancellato via via dalla sbornia calcistica nel corso delle 64 partite disputate. L’exploit del Marocco, prima squadra africana, arabo-musulmana a conquistare le semifinale è stato un altro fiore all’occhiello. Amen.

 

Di marchio in marchio: Viva la Rai

La gente ha voglia di calcio gratis. Anche senza Azzurri. Lo dicono i numeri e i portafogli. Chiariamo che a noi interessa il punto di vista dello spettatore, per cui estraiamo dalla ridda di numeri e percentuali quei dati che riteniamo più significativi per coloro che si siedono sul divano e vogliono fruire della manifestazione calcistica più attesa.

E i numeri dicono che la Rai ha offerto la visione di 64 partite in esclusiva senza ulteriore esborso di soldi da parte dei consumatori, se non quelli previsti dal canone televisivo mensile: una tassa sul possesso dell’elettrodomestico televisivo, che secondo me è discutibile e irritante –  alla stregua del bollo di circolazione – ma che siamo costretti a pagare comunque, Mondiali o non Mondiali.

Facciamo un passo indietro: nel 2018, fu Mediaset a trasmettere in esclusiva il Campionato del Mondo in Russia, di nuovo senza spese extra. Quindi il primo confronto da fare è tra il servizio pubblico e il colosso di Cologno Monzese, che permise agli spettatori di vedere in chiaro tutti i match. Un’altra World Cup senza presenza della Nazionale, per inciso. Le percentuali pendono dalla parte di Mediaset con un 11% di spettatori in più, ma sull’esito del duello pesa sicuramente l’effetto autunno che mischia le carte in tavola. Se da una parte l’estate tende ad allontanare le persone dal divano, dall’altra gli orari delle partite della fase a gironi di quest’anno (alle 11, alle 14 e alle 16, oltre che il solido appuntamento delle 20), seppur a dicembre, dovrebbero aver tagliato fuori una fetta di pubblico consistente. La scuola, l’università, il lavoro, etc.

I dati sono tuttavia soddisfacenti per Mamma Rai, con un’impennata prevedibile in coda alla manifestazione, fino all’apoteosi della finalissima: 16 milioni di spettatori con un abbondante 74,3 % di share. Nel 2018 la finale Francia-Croazia su Canale 5 fu seguita da circa 12 milioni di spettatori con il 66% di share.

Torniamo ancora al passato, ma stavolta ai mondiali disputati in Brasile nel 2014, quando fu Sky ad aggiudicarsi la messa in onda di tutte le partite, 39 delle quali in esclusiva, mentre il rimanente 25 in concomitanza con la Rai.

La prima annotazione riguarda il prezzo. Per godersi tutti i match, nel 2014 era necessario possedere sia l’abbonamento a Sky Calcio sia l’abbonamento a Sky Sport. Se in possesso di uno solo dei due pacchetti, serviva un esborso extra di 59 euro per assicurarsi la copertura totale dell’evento. Tutte le partite in esclusiva su Sky erano naturalmente criptate per i non abbonati.

Sky garantì una copertura maggiore in termini di commenti, interviste, speciali ad hoc e programmi di approfondimento collaterali, per un totale di 600 ore live, con a disposizione un gruppo di canali dedicati, mentre la Rai ha in pratica sconvolto per un mese il palinsesto tradizionale dando la precedenza agli atleti del pallone. Alle partite, dunque. Che è il corpus essenziale. Delegando allo streaming su Raiplayer i programmi secondari e al “Circolo del pallone”, la coda di intrattenimento post-partita. Una coda con poco mordente e un’audience limitata.

Per fare un confronto sulla fruizione della World Cup, tra Rai 2022 e Sky 2014, abbiamo preso in considerazione due partite analoghe: il quarto di finale Francia-Germania trasmesso in esclusiva su Sky nel 2014 fu seguito da 1.035.000 spettatori (share del 7,91%), Nel 2022 il quarto di finale tra Marocco e Portogallo ha registrato 6.565.000 spettatori (uno share del 45, 2%). Una differenza abnorme che in proporzione raffigura la differenza totale tra il mondiale pay del 2014 e il mondiale free del 2022. Qualche altro dato? Polonia-Argentina, partita della fase a gironi trasmessa mercoledì 30 novembre ha contato oltre sei milioni di spettatori (30% di share), mentre per Spagna-Germania ne ha registrati quasi 8 milioni. Numeri altissimi per partite prestigiose ma non decisive.

Ammettiamo di aver scoperto l’acqua calda: vedere una partita gratis è preferibile che vedere una partita a pagamento, ma il discorso che ci sta a cuore non è economico, bensì culturale.

Il calcio è il nostro sport più seguito e possiede milioni di appassionati a prescindere dalla presenza in campo dell’Italia. Anzi, è proprio quando non scende in campo l’Italia che la passione pura prevale sul tifo. La curiosità di scoprire nuovi talenti o di ammirare campioni stranieri già conosciuti prevale sul delirio nazional-popolare che raduna telespettatori ignari persino del regolamento. Soprattutto quando si tratta del Campionato del Mondo, che va considerato come una finestra che si affaccia su una strada in festa dove si ammira la quintessenza del gioco e del multiculturalismo. Il calcio a beneficio solamente degli abbonati, di un’elite va considerato una sorta di abominio. Ecco perché, davvero, grazie alla Rai: tra i doveri del servizio pubblico c’è anche quello di offrire l’evento calcistico più importante che si gioca ogni 4 anni al maggior numero di persone. Senza spese extra. La gente il calcio lo ama e lo segue, anche se non ci sono gli Azzurri e manca tutti il corollario di euforia e di notti magiche inseguendo un gol.

È una questione culturale anche perché, a differenza dei campionati di calcio nazionali, nella World Cup i campanilismi sono ridotti ai minimi termini, la fruizione delle partite non è contaminata da odio, rancori, provocazioni e polemiche incessanti. Il campionato del mondo di calcio è educativo e quindi inclusivo. E viceversa. Ma tornando al lato economico, potremmo fare riferimento al presente e all’abbonamento di 20 euro mensili da pagare a Dazn per l’esclusiva del campionato di Serie A con la messa in onda di circa 40 partite al mese. Ovviamente si tratta di un percorso a tappe, spalmato su diversi mesi. Bisogna tenerne conto. Non è come fare un’equivalenza tra ciliegie e mele, ma poco ci manca. Tuttavia, soldi e logica alla mano, guardare gratis 64 partite in un mese con in campo quasi tutti i migliori giocatori del mondo suona un po’ meglio che guardarne 40 pagando 20 euro trovandosi di fronte a un livello di spettacolo mediamente inferiore. Ma va bene così, o quasi. Il discorso sulla distribuzione dei diritti televisivi che permettono ai club di sopravvivere e di operare sul calciomercato è molto complesso ed estraneo a quanto detto finora. Però, guardare tutte le partite dei mondiali senza l’incubo del buffering è stata una sensazione molto piacevole, finalmente.

Per chiudere con il triplice fischio, l’assenza dell’Italia da Qatar 2022 può aver inciso nella fascia di simpatizzanti che amano fare il tifo solamente quando giocano gli Azzurri, ma evidentemente non ha inciso tra coloro che amano il calcio tout court. Il plauso alla Rai ci sta tutto, con la speranza che sia sempre il servizio pubblico oppure Mediaset ad aggiudicarsi i diritti in futuro. I mondiali di calcio devono essere free. Non devono mai essere pay. Lo dicono i numeri.

 

I telecronisti e i commentatori

Stefano Bizzotto – Daniele Adani                       Voto 7

Una combo degna di un film dei Fratelli Coen, un affiatamento inaspettato tra due personaggi agli antipodi. Il rigoroso e irreprensibile giornalista bolzanese in forza alla Rai dagli anni 90 in coppia con il cerimonioso e liturgico Lele Adani, i cui commenti urlati e traboccanti di enfasi hanno fatto storcere molti nasi. Per lui Lionel Messi, che elargisce amore e dribbla anche i cammelli del deserto, siede alla destra del Padre e alla sinistra di Diego Armando Maradona. O insomma fate voi. Cultore del calcio fino allo sfinimento e oltre i limiti del nerdismo, Adani ha il merito di inquadrare in pochi attimi schieramento, tattica, schemi occulti e movimenti dei calciatori in campo. Le sue arrampicate sintattiche sulla cima della retorica sono fastidiose ma la competenza è indiscutibile, un bonus di cui la Rai ha bisogno. Preparatissimo su tutti i giocatori, parenti e affini. Compresa la fu nonna dell’adorato Lionel Messi.

Luca De Capitani – Sebino Nela                    Voto 6

La coppia più minimalista e rilassata del team Rai. Le espressioni verbali e lo stato d’animo di Sebino Nela sono immutabili sia davanti a una rocambolesca sfida ricca di gol e tackle assassini, sia commentando il più scialbo degli zero a zero. Nela assorbe e rilascia ciò a cui assiste borbottando la saggezza di chi ne ha viste e immaginate tante e dal campo non si aspetta nessun terremoto, nessuna fantasia. Tutto è spiegabile sussurrando un ‘”mah”’, con lo stesso ardore di chi sta seguendo un match in differita tra i corridoi di una biblioteca. Se Adani è l’istrionico cugino esaltato che ti sconquassa casa, Sebino Nela è lo zio nutrizionista meditabondo che si siede sul divano accanto a te e sorseggia calcio centellinando emozioni e puntualizzazioni. Meno competente di Adani sull’aspetto tattico, ma con l’esperienza sul dettaglio tecnico di chi trasporta un bagaglio che contiene oltre 300 partite disputate in serie A.

Dario Di Gennaro – Andrea Ramaccioni                        voto 7.5

Nel complesso la coppia migliore per l’ottimo equilibrio tra intrattenimento, tempi, ritmo e informazione. All’esperto e versatile Di Gennaro vanno fatti i vivissimi complimenti per aver sciorinato con nonchalance la formazione coreana piena di Kim e di trattini fra nomi e cognomi. Impeccabile anche nella filastrocca scioglilingua per diramare titolari e panchinari dell’Arabia Saudita. Andrea Ramaccioni, una new entry nel parco dei commentatori, è stato una rivelazione. Per competenza siamo nello stesso grafico di Daniele Adani, ma Ramaccioni ha mantenuto un assetto più discreto e genuino, in linea con la tv generalista, senza far mancare nulla allo spettatore. È il tipico ospite educato che ti aiuta a lavare i piatti, ripiega gli strofinacci e intanto ti parla con gli occhi lucidi di vantaggi e svantaggi del 4-3-3.

Alberto Rimedio – Antonio di Gennaro                     voto 6.5

La coppia istituzionale in cima alle gerarchie della Rai. A loro è toccata la fortuna di commentare Francia-Argentina 3-3, una partita intergalattica a velocità warp. Lo speravano ma non se lo aspettavano. Alberto e Antonio hanno fatto il check-in per salire su un volo di linea privo di turbolenze e sono stati scaraventati tra le cloche del Millenium Falcon. Ingessati per vocazione ma senza risultare troppo antiquati, Rimedio e Di Gennaro abbassano la febbre di tutti sabati sera del mondo. Meglio della Tachipirina. Il ruolo li vincola alla morigeratezza ma si percepisce l’inquieto oscillare tra comfort zone ed emancipazione, tra il mocassino lucidato e il desiderio di un paio di scaciate Doctor Martens, fra la copula burocratica e l’orgasmo sfrenato e clandestino. Di Gennaro conosce a menadito il gergo del pallone, consultabile sui manuali per calciofili ultracinquantenni, e con la sua melodiosa cadenza fiorentina non ci risparmia nemmeno una delle frasi fatte che il pubblico si aspetta e in fondo ama. È il papà che torna a casa dopo una lunga giornata di lavoro e aiuta i figli a fare i compiti, dimenticando per 90 minuti, a volte persino 120, la stanchezza, e sognando di essere almeno per una volta Lele Adani.

 

 

Lascia un commento