DOPO AVER VISTO SU NETFLIX “PERSUASIONE”, ISPIRATO AL ROMANZO DI JANE AUSTEN, L’ALGORITMO UMANO CONSIGLIA VIVAMENTE DI GUARDARE INVECE “AMMONITE”, SU SKY, SE SI AMANO I PERIOD DRAMA ROMANTICI

 

Netflix, le prime tv, e i falli dell’algoritmo
Gli algoritmi delle piattaforme televisive sono fallibili, più quelli artificiali che quelli umani. Infatti, mentre tu pensi che lavorino incessantemente per inchiodarti ai tuoi stessi gusti -con la promessa/minaccia di conoscerti meglio di te stesso- spesso fanno mero lavoro di promozione, e ti consigliano qualcosa solo in quanto novità da vendere. Tu, pollo digitale, pensi che se te lo consiglia l’algoritmo un motivo ci sarà, e inizi a guardare una cosa che mai nella vita avresti visto. E a volte scopri che avresti avuto ragione.
La visione di “Persuasione”, su Netflix, mi ha provocato un simile scompenso, una sensazione a cavallo tra delusione e frustrazione, e mi sono dovuta rivolgere all’Algoritmo Umano per equilibrare il tutto.

Persuasione? Delusione
Diretto dalla regista inglese Carrie Cracknell, il film è adattato dal romanzo di Jane Austen, l’ultimo, pubblicato postumo, forse il più romantico. E’ la storia, ambientata nell’Inghilterra del 1814, di Anne Elliot, giovane ma non più giovanissima figlia di una famiglia dell’alta società che, dopo essere stata ‘persuasa’ a rinunciare al grande amore della sua vita perché era più in basso nella scala sociale, lo rincontra dopo 8 anni scoprendo che è diventato ricco e papabile, oltre che sempre piacentissimo. La scintilla ri-scocca, ma il bel Capitano Federick Wentworth ha ancora il dente avvelenato per quell’abbandono, e le cose per Anne sembrano mettersi male. Tuttavia tra ricevimenti, piccoli incidenti, tante passeggiate e una drammatica gita a Bath, Frederick non può fare a meno di verificare come Anne sia comunque la donna migliore che ha conosciuto, così diversa dalle giovani superficiali in cerca di marito, e l’epilogo della storia è prevedibile.
Ora, i romanzi di Jane Austen sono sempre meritevoli di una trasposizione, per come raccontano le relazioni interpersonali, per come irridono l’ipocrisia della società (le società cambiano, l’ipocrisia è sempre la stessa), e soprattutto per la modernità dei personaggi femminili, mai solo delle figure sospirose e fragili, ma sempre intelligenti, indipendenti e forti. Però ci deve essere una necessità di significare qualcosa, perché l’autrice carica di senso tutto quello che rappresenta. Qui non c’è necessità, significato, senso.

La voglia di ‘innovare’ un classico (che per definizione è sempre attuale) si concreta in scelte che ne sviliscono la forma e ne appannano il messaggio. La regista alleggerisce il tono, che da spiritoso che vorrebbe essere diventa lezioso e frivolo, e punta tutto sullo straniamento e sull’anacronismo. La protagonista, una Dakota Johnson che ce la mette tutta ma la cui bellezza è saldamente fissa nel ventunesimo secolo, si rivolge direttamente allo spettatore, infrangendo la famosa quarta parete, come già nel modernissimo Fleabag (e ancora prima nel super pop Modern Family, e parliamo di oltre 10 anni fa): l’ammiccamento però qui appartiene alla categoria del ‘carino’, e dopo la terza volta ha esaurito la sua portata straniante. Gli anacronismi poi, come quello di inserire personaggi di colore in un’alta società inglese dell’Ottocento dove non sono mai esistiti, si rifà palesemente a Bridgerton, dove almeno era una novità: sia qui che lì la scelta rimane una specie di pennacchio che segnala presenza di politicamente corretto, non lasciando trapelare quale sia (se c’è) il significato più profondo.

L’OCCHIOLINO ALLA TELECAMERA, LA CAMMINATA DA INFLUENCER URBANA INVECE DEL PORTAMENTO DA LADY, LA FRANGETTA SBARAZZINA INVECE DELL’ACCONCIATURA OTTOCENTESCA E LA GOFFAGGINE ALLA BRIDGET JONES DOVREBBERO AGGIUNGERE MODERNITA’ AD UN PERSONAGGIO CHE PERO’ ERA GIA’ MODERNO NEL 1817, QUINDI INVECE DI ATTUALIZZARLO, LO SBALESTRANO E LO RENDONO FUORI FUOCO

Non particolarmente divertente, non più moderno dell’antico originale, non abbastanza coraggioso da essere romantico dove serve, questo “Persuasione” è recitato in modo svogliato dai protagonisti, e in particolare il Capitano Wentworth ha la passione e il fascino personale di un rastrello da giardino, lasciando incomprensibile l’accanimento della bellissima (troppo, la vera Anne è una ‘bruttina stagionata’) e inconsolabile protagonista.
Quindi rimane inspiegata la scelta di portare sullo schermo proprio questa storia, e proprio in questo modo: sembra che la produzione e la regista si trovassero tra le mani una Dakota sulla cresta dell’onda e avessero impresso nella memoria il bellissimo personaggio di Anne, e abbiano pensato ‘dai, gli diamo una tinteggiata trasgressiva tipo Shonda Rhimes e vedrai che botti’. E invece.

A questo punto l’Algoritmo Umano ha pensato che, VOLENDO CONSIGLIARE UN PERIOD DRAMA ROMANTICO, AMBIENTATO NELL’OTTOCENTO NELL’AFFASCINANTE COSTA SUD DELL’INGHILTERRA, CON PROTAGONISTE DONNE FORTI E INTERESSANTI INTERPRETATE DA ATTRICI ‘TOSTE’, ALLORA MOLTO MEGLIO IL LANGUIDO E CUPAMENTE SPLENDIDO “AMMONITE”, VISIBILE IN STREAMING SU SKY.

Ammonite, il risvolto della medaglia
Francis Lee
dirige questo originale biopic interpretato da Kate Winslet e da Saoirse Ronan e che racconta la storia dell’amicizia tra la paleontologa Mary Anning e la (futura rispetto al racconto) geologa Charlotte Murchison, negli anni ’40 dell’Ottocento. I due personaggi sono realmente esistiti, e la Anning è effettivamente una delle prime donne paleontologhe della storia, scopritrice di importantissimi fossili conservati nei musei inglesi di storia naturale. Il regista prende la storia vera, la cova, la culla e ne immagina, arbitrariamente nel senso di creativamente, alcuni retroscena drammatici ma plausibili. Piega cioè i dati biografici disponibili, e immagina che tra le due donne, una più matura, severa e grezza, e l’altra giovane, delicata ed emotiva, sia nata una travolgente storia d’amore. Sulla costa inglese battuta dal vento, tra gelidi marosi e albe livide mentre vanno in cerca di fossili, le due donne imparano a conoscere una forma di piacere e di desiderio non solo sconosciuto, ma severamente proibito dalla morale e dalla convenzione sociale. Pochissimi dialoghi, azione ristretta all’osso (anzi al fossile), un crescendo trattenuto e quasi doloroso di consapevolezza di un’attrazione che potrà portare solo guai a chi le cede.
Winslet e Ronan sono incredibilmente credibili, splendide nel loro lasciarsi andare a una passione travolgente come ognuno ha sognato almeno una volta nella vita, oggi come ieri o il secolo scorso. Il fatto che la passione sia omosessuale è un ostacolo al suo realizzarsi, ma la lingua che parla questo amore è una lingua universale, generale, pansessuale.
L’Algoritmo Umano quindi stavolta dà un consiglio per antitesi: IL REGISTA DI “AMMONITE” FORZA I FATTI REALI PER RACCONTARE UNA STORIA VEROSIMILE, IN CUI IL SENTIMENTO TRIVELLA IL DURO TERRENO DELLE CONVENZIONI E NE TRAE COMBUSTIBILE PER DARE SENSO A UNA VITA ALTRIMENTI VUOTA. Per questo è l’opposto di “Persuasione”, in cui la regista prende una storia di fantasia ma ricca di significati, ne ignora il contenuto più profondo, la spoglia come un manichino dell’Oviesse per poi rivestirla di orpelli firmati, che però non sono in grado di restituirle una parvenza di vita.

L’Algoritmo anche questa volta quindi si prende la responsabilità di questo sconsiglio e del successivo consiglio, rivendicando tutta la soggettività data dal suo lato umano, così dannatamente, orgogliosamente, inevitabilmente fazioso per natura.

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