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Breve recensione del terzo episodio della serie ispirata al celebre film di Ingmar Bergman, aggiornato all’altro capo del mondo e al nuovo secolo e millennio. Contiene necessari spoiler

SCENE DALLA FINE DI UN MATRIMONIO (CON SPIRAGLI SUL FUTURO)

La valle di lacrime. Il titolo contiene in sé tutto un programma gemente e piangente, che ben rispecchia il tono mesto di questo terzo episodio. E’ passato del tempo, tanto tempo, quasi un anno si capirà a un certo punto, da quando Mira ha deciso di lasciare Jonathan perché si è innamorata di un altro uomo. Stasera hanno appuntamento nella casa in cui hanno passato dieci anni della loro vita, e che l’uomo ora ha totalmente cambiato, in un classico/patetico tentativo di cancellare il dolore cambiando i luoghi in cui lo si è vissuto.
E tutto in effetti è cambiato, Mira è diversa, più sexy e più aggressiva e più moderna. La casa è abitata in modo diverso, il piano di sopra è ormai disutilizzato da Jonathan e la piccola Ava. Mira è un’estranea in casa propria, una semplice ospite, come testimoniano le continue offerte di Jonathan di qualcosa da bere. “Vuoi un caffè, qualcosa, vino?” la richiesta, formale e freddina, sostituisce simbolicamente le scene intime di loro che si preparano per andare a dormire, rendendo evidente la fine dell’intimità, della quotidianità. Lasciando immaginare che più che scene da un matrimonio, questa serie sia dedicata alle scene della fine, di un matrimonio.

E Mira ha di nuovo una ‘bomba’ da lanciare sul povero marito, non ancora ex, con l’annuncio di un nuovo cambiamento potenzialmente devastante: il suo capo le ha proposto di andare a lavorare a Londra, dall’altro capo del mondo. Da qui prende vita un dialogo, uno scontro, che è un percorso a ritroso su quello che è successo fino a questo momento, e che noi non abbiamo visto. Jonathan, che si sente trattato come ‘una valigia’ per l’insensata e insensibile proposta di trasferirsi anche lui a Londra con la figlia, riversa sulla moglie, non ancora ex, tutto il dolore, la fatica, la paura di non farcela che il suo abbandono ha significato per lui. Getta una luce nuova non solo sulla sua vita di marito tradito e lasciato, ma anche sulla loro vita di coppia precedente. Così dolente, Jonathan, lucido e poetico, che non solo lo spettatore si liquefa in un’empatia senza remissione, ma anche la fedifraga pare sciogliersi e ritrovare un sentimento per lui. Chi non ha visto, intuisca, chi ha visto sa: quello che fino ad ora sembrava la cronaca di un matrimonio fallito, o di come si gestisca negli anni del politicamente corretto una separazione senza drammi, si trasforma nel racconto dell’amore che a quel matrimonio aveva portato.
Finalmente, in questa storia di amore finito, arriva l’amore, la passione, la fascinazione. Finalmente capiamo le ragioni che la ragione non può comprendere: il perché Mira si è innamorata di Jonathan, su cosa la loro relazione si basava, come Jonathan concepisca la vita di coppia come miracolosa unica via per sfuggire alla solitudine che incombe su ognuno. Ma il dubbio aleggia: cosa vuole veramente Mira? E’ sincera quando mostra uno spiraglio per ricominciare? Mentre Jonathan avvisa, senza avvisarlo, lo spettatore che Mira non è proprio quella che sembra, qualcosa spariglia le carte. E come in un buon thriller, senza essere un thriller, il racconto finisce con un potente ‘cliffhanger’: perché il nuovo uomo di Mira ha mandato un messaggio a Jonathan, e cosa vogliono dire le sue parole?

CONCLUSIONI: una storia d’amore che finalmente parla d’amore, una presa di coscienza sull’ambiguità dei protagonisti così apparentemente urbani, una lunga scena inaspettatamente sensuale. Voto pieno, soprattutto alla capacità di mantenere viva l’attenzione senza quasi azione

 

 

 

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