THE FAREWELL – UNA BUGIA BUONA

Un dramma familiare permeato di ironia che diventa indagine su una cultura millenaria e del suo rapporto con la morte. Il pretesto è un finto matrimonio, una messa in scena che funziona da scusa per radunarsi intorno all’anziana Nai Nai, a cui i familiari hanno nascosto la diagnosi infausta della sua malattia. Solamente la nipote cino-americana Billi, in bilico fra due opposte visioni del mondo, vorrebbe dirle la verità sul suo destino.  Ed è il conflitto interiore di Billi, in cui si scontrano Oriente e Occidente, il vero humus di un film che mostra come la vita vada considerata oltre l’esistenza individuale. Come parte di un tutto.

IL PRIMO NATALE

Ficarra e Picone a Betlemme. I due comici siciliani usano lo spartito del viaggio nel tempo e del ‘come per magia’ per raccontare l’anno zero, proprio nei giorni in cui Gesù sta per nascere. Uno veste i panni di un ateo convinto che ha rubato una preziosa reliquia, l’altro indossa gli abiti talari di un sacerdote all’inseguimento del suddetto ladro. Ormai al quarto lungometraggio anche da registi, i due palermitani dosano gli ingredienti con sagacia e confezionano una commedia multitarget grazie anche alla sceneggiatura puntuale e garbata di Nicola Guaglianone (l’autore de “Lo chiamavano Jeeg Robot”) e Fabrizio Testini.

LE VERITA’

Catherine Deneuve e Juliette Binoche sullo stesso set sono un piacere per gli occhi e per il feticismo cinefilo. Nel ruolo, rispettivamente, di madre e figlia, mettono in scena il burrascoso rapporto fra una diva del cinema, autrice di un libro di memorie, e una sceneggiatrice in visita da New York. Un confronto che si annoda attorno ad allusioni e conti in sospeso. La location è Parigi, una città che solo a guardarla sullo schermo ci rende tutti più fascinosi e intelligenti. Il regista è non autoctono: si tratta infatti di Kore’eda Hirokazu, il giapponese capace di pennellate sopraffine come in “Un affare di famiglia” (lo trovate su Amazon Prime) con cui vinse la Palma d’oro a Cannes nel 2018.

LA BELLE EPOQUE

Daniel Auteuil è uno dei migliori attori francesi di sempre e raramente sbaglia film. Lo conferma “La belle Epoque” che è un tuffo nella nostalgia di un amore rivissuto dall’innamorato nel momento più vertiginoso: l’inizio. Ci riesce grazie a un’agenzia, la Time Traveller che, utilizzando espedienti narrativi e un gruppo di attori affiatatissimi, permette ai suoi clienti di calarsi nel loro periodo storico preferito. E il protagonista che è un uomo analogico, insoddisfatto del suo vacillante presente quasi quanto sua moglie Marianne che lo esclude dal focolare domestico, si gioca la carta migliore chiedendo di rivivere artificiosamente i momenti in cui conobbe e si innamorò proprio di Marianne. La sua belle epoque personale, insomma. Un film che sarebbe piaciuto a Truffaut e che forse lo avrebbe anche girato. E non solo per la presenza di Fanny Ardant, musa inconfondibile e intramontabile.

PICCOLE DONNE

Sentite che cast: Saoirse Ronan, Emmy Watson, Laura Dern, Meryl Streep, Louis Garrel e Timothée Cahalamet. Tutti perfettamente in parte per la versione firmata Greta Gerwig del ribelle romanzo di Louisa May Alcott. La storia di Jo e delle altre sorelle March è un inno all’emancipazione femminile che ha pochi eguali ed esplora, fra le mille altre sfumature il rapporto fra la donna e l’età adulta e il rapporto fra la donna e la società che tenta di modellarla a suo (della società) piacimento. Un elogio dell’audacia e dei sogni che dal 1868 non smette di stimolare e far riflettere sui diritti del cosiddetto sesso debole. “Piccole donne” in tutti i suoi adattamenti ha chiarito che si tratta di una definizione cliché. Oscar meritatissimo ai costumi.

BLOODSHOT

Bulimico action movie del sottogenere Revenge, con Vin Diesel, tratto dall’omonimo fumetto che esordì nelle edicole agli inizi degli anni 90. Il titolo del film è anche il nome del personaggio: un soldato ucciso che viene riportato in vita grazie alle nanotecnologie. Di nuovo arzillo e invincibile, il soldato è in pratica un interfaccia umano perché può comunicare con ogni computer e periferica esistente nel creato tecnologico. Però lui, a differenza dei computer, la memoria non ce l’ha più e diventa una specie di scagnozzo al soldo di un’organizzazione criminale che con un espediente cinico e geniale, a ogni incarico, modifica la mente del risorto nanotecnologico riportandolo al momento dell’omicidio di sua moglie. Così ogni volta Bloodshot crede di avere davanti a sé l’assassino e può sprigionare la sua voglia di vendetta. Il meccanismo, ovviamente, prima o poi si incepperà con una serie di ‘eccetera’ che sono manna dal cielo per i fan dell’action cyberfuroreggiante.

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