SKY ON DEMAND / NOW TV

 

L’ASPETTATIVA

Devo dirlo subito: non sono contenta.
Eppure ero partita con un pregiudizio positivo, su Petra,  la miniserie crime in onda su Sky Cinema e Sky Atlantic da settembre, visibile ora su On Demand e in streaming su Now Tv.  Tutti i presupposti erano buoni anzi ottimi. Intanto perché è prodotto da Sky Original, che finora ha firmato titoli dallo standard qualitativo altissimo, da “Romanzo Criminale” a “Gomorra – La serie”, da “In Treatment” all’iconico “The Young Pope” di Paolo Sorrentino.
Intanto perché è tratto dai romanzi gialli della scrittrice spagnola Alicia Gimenez Bartlett, pubblicati in Italia da Sellerio e bestsellers (veri) da oltre un milione di copie nel paese dei non-lettori, garanzia questa della qualità delle storie, che hanno creato un vero e proprio fenomeno nel personaggio appunto di Petra Delicado, investigatrice di Barcellona tosta e caparbia, dura come la pietra ma delicata nell’empatia dei sentimenti in un mondo dominato dagli uomini.
Inoltre perché la regia è di Maria Sole Tognazzi, figlia minore del grande Ugo, autrice di non tantissimi lavori ma tutti di spessore, tra cui il lungometraggio “Viaggio sola” che nel 2013 ha sfiorato addirittura la candidatura all’Oscar come miglior film straniero.
E per finire perché la protagonista chiamata ad impersonare sullo schermo la cazzuta poliziotta dei romanzi è Paola Cortellesi, personaggio di richiamo che mescola la simpatia personale nata con la comicità ad un’acclarata bravura di interprete.

IL TRADIMENTO

Le trame degli episodi sono ispirate in modo diretto dai primi quattro romanzi di Bartlett, “Riti di morte”, “Un giorno da cani”, “Messaggeri dell’oscurità”, “Morti di carta”, con le relative, complicate, indagini. Il primo, sia episodio che libro,  è la presentazione della protagonista, un’avvocatessa della Polizia che lavora mestamente in archivio e che per un caso fortuito viene assegnata a un’indagine sul campo, quella su un misterioso stupratore che ‘marchia’ le sue giovani vittime. Non essendo mai stata operativa, e soprattutto essendo una donna, l’ispettore Petra Delicato trova subito delle difficoltà con il suo vice, Antonio Monte, ispirato allo straordinario Fermin Garzón dei libri, poliziotto maturo e di grande esperienza che non prende volentieri ordini da una ‘pivella’ che ne dà troppo volentieri.
Ed ecco subito che il pregiudizio positivo lascia posto a una vaga delusione. Perché una serie che viene lanciata proprio facendo leva sulla propria origine letteraria e narrativa, immediatamente tradisce la sua matrice? Perché quella che dovrebbe essere una rilettura per immagini diventa una sorta di fraintendimento stilistico e di contenuto?
Petra/Cortellesi è diversa nella sostanza dalla Petra ‘vera’ (si fa per dire): più sarcastica che ironica, più prepotente che sbrigativa, più antipatica che provocatoria, più fredda che riservata.

E mentre si capisce bene come il Garzón di carta sia spiazzato ma anche affascinato dai metodi spicci della sua nuova indesiderata capa, non si riesce a capire come il Monte televisivo accetti di essere strapazzato da una poliziotta inesperta che come bagaglio professionale non porta altro che la sua stessa spocchia.

Il secondo macroscopico tradimento riguarda l’ambientazione, e anche questo salta agli occhi nei primi dieci minuti di visione. Chi ha letto e amato la saga di Petra sa che uno dei personaggi principali dei libri, e quindi tra le ragioni del loro successo, è la città di Barcellona. Barcellona amata e insopportabile, Barcellona coi suoi locali in cui è obbligatorio fermarsi a bere una birra, Barcellona coi suoi angoli meravigliosi e i suoi anditi vergognosi, coi suoi barboni, i suoi colori abbaglianti, Barcellona che consola i protagonisti quando sono abbattuti, che li sprona quando sono depressi e li coccola quando sono indolenti, Barcellona con le tapas, Barcellona con il traffico, ma soprattutto Barcellona con il suo sole abbagliante. La serie tv è ambientata a Genova. E se è giusto aver girato in Italia e aver quindi ‘italianizzato’ l’insieme per dare un prodotto in cui lo spettatore potesse riconoscersi, non si capisce come mai la città ligure sia stata ritratta nel suo volto più cupo e deprimente, in netta antitesi con la luminosità della Barcellona dei romanzi.

La Genova di Maria Sole Tognazzi è una città plumbea e disperata, in cui il mare sembra quello della Svezia, sempre grigio, triste, come d’inverno. Ma non solo: anche gli interni sono grigi, le case con le pareti grigie e gli arredi grigi (di classe, ma sempre grigi), anche il guardaroba di Petra è tutto sui toni del grigio, i costumi sono grigi, il cielo è grigio, la pelle della Cortellesi sembra grigia. Ma perché?

Perché un romanzo solare, spagnolo nella sua accezione chiassosa e vitale, che parla di morte ma lo fa con l’energia di uno scongiuro o di un sberleffo, è stato tradotto in una serie tv color tortora, in cui le battute umoristiche rischiano di apparire fuori luogo e i sorrisi sono oltraggi? Come mai si è voluto sbandierare il legame con il prodotto letterario (che si immagina molto conosciuto) per poi disconoscerlo così platealmente?
Chi si sia messo a guardare Petra aspettandosi la vitale energia ispanica, drammatica ma sempre colorata di giallo e rosso, non sarà stato contento di trovarsi davanti un’atmosfera alla Kurt Wallander, investigatore scandinavo che si muove tra fiordi, nebbia, lande desolate e interazioni umane ai limiti del gelo. La straordinaria fotografia, lo stile registico sobrio e centratissimo, l’atmosfera coerente nella sua asciutta severità, sono pregi in sé, ma possono risultare un colossale e soprattutto inspiegabile tradimento allo spirito originale della serie di romanzi a cui il prodotto afferma di ispirarsi.

LA SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO

Per questo non sono contenta, per il tradimento della mia aspettativa rispetto al prodotto che immaginavo. E per questo la recensione non può essere completa, perché chi scrive non sa come sia il prodotto ‘in sé’, estraendolo dal confronto con la sua matrice letteraria.
Quindi non si dirà qui se i casi sono verosimili e comprensibili, se i dialoghi e i lunghi silenzi sono quelli adeguati alla trama. Se la protagonista piace nelle sue spigolosità e nelle sue rivendicazioni femministe, se i comprimari riempiono bene la scena, se il bravissimo Andrea Pennacchi ha reso simpatico  il suo poliziotto bonario e coraggioso, se la città con le sue contraddizioni è una città che palpita o solo una bella (ancorché livida) immagine da cartolina. Se i casi avvincono lo spettatore, se gli ambienti delle indagini sono realistici, se gli inseguimenti con la pistola in mano danno il giusto brivido. Se Paola Cortellesi ha lavorato troppo sul concetto ‘less is more’ e il suo personaggio risulta alla fine ‘pietrificato’, in una quasi totale assenza di mobilità espressiva e (inspiegabile…) gestuale, se ha avuto troppa o corretta paura di dare sé stessa a una investigatrice mezza matta, sboccata e intelligentissima e alla fine non le ha prestato niente altro che la sua algida fisicità di donna poco femminile.
Insomma, questa recensione, purtroppo, non s’ha da fare. Rimane il consiglio di guardare la serie, letteralmente per vedere l’effetto che fa.

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Link e consigli

 

Per chi ama i toni scuri e nordici dell’ambientazione di Petra, e le atmosfere cupe e melanconiche: “L’Ispettore Wallander”, la serie tv ispirata ai romanzi polizieschi dello scrittore svedese Henning Mankell, interpretata dallo stropicciato Kenneth Branagh che dà il volto a un personaggio definito tra i ‘più affascinanti della storia del poliziesco’, visibile su laeffe (piattaforma Sky e digitale).

 

 

Per chi voglia fare un confronto con un altro crime ispirato a una saga letteraria, “” (visibile su RaiPlay), tratto dai gialli di Antonio Manzini (anche sceneggiatore) e interpretato dall’attore romano Marco Giallini in modo così intenso da rasentare l’identificazione nel personaggio del vice questore ambiguo, maledetto e irresistibile: libri e serie tv da primato di vendite e ascolti.

 

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