Première Sky Primafila di Aprile

Amori proibiti e problematici, lotte per i diritti civili in odore di Oscar, road movie sul filo della memoria e due biografie agli antipodi ma avvincenti. Ad aprile l’offerta di Sky Primafila vale il prezzo del biglietto. Almeno secondo noi.

 

JUDAS AND THE BLACK MESSIAH (dal 9 aprile)

Daniel Kaluuya ha già vinto il Golden Globe e il Bafta Award come attore non protagonista, ed è presente nella cinquina dei candidati agli Oscar. Da favorito, si dice. Ma sono ben 6 le nomination ottenute dal film di Shaka King, che prende di petto i rivoltosi anni 60, quelli delle Pantere Nere.
E in tempi di Black Lives Matter il suo impatto su critica e pubblico è stato considerevole. A Chicago, un informatore dell’FBI (che a quei tempi aveva a capo il non tenerissimo e paranoico J. Edgar Hoover) si infiltra nelle Black Panthers con l’incarico di smontarne il meccanismo interno e di affossare il loro minaccioso e carismatico leader.
Un film che ci permette di spiare, da infiltrati appunto, la rabbia contro il sistema capitalistico, i codici e le recrudescenze di un movimento rivoluzionario, tornando con l’immaginario dalle parti di certo cinema action metropolitano degli anni 70 e 80, ma ovviamente ammantato di furore politico.

SARAH & SALEEM – LA’ DOVE NULLA E’ POSSIBILE (dal 12 aprile)

Il conflitto israeliano-palestinese raccontato attraverso una relazione clandestina ed extraconiugale che a un certo punto sveste i suoi panni di dimensione privata per diventare una spy-story dagli sviluppi incontrollabili, in cui i ruoli di coniugi fedifraghi e coniugi traditi assumono una posizione marginale di fronte ai drammi che quotidianamente esplodono in un’emblematica Gerusalemme divisa.
Così come mette i brividi la conferma dell’odio nevralgico che si sprigiona in una convivenza distruttiva, e in cui solamente l’intrigo politico ha diritto di cronaca.
Non è l’adulterio in sé, quindi, ad essere grave, quanto la promiscuità con il nemico giurato a creare scandalo. Però, come in un rigurgito d’orgoglio, quando l’epilogo è ormai alle spalle, si capisce che a rimanere impressa nella memoria non è stata la faccenda politica, quanto l’abbondanza di stati d’animo e sfumature. Nell’anima rimangono l’umanità e l’orgoglio di donne e uomini feriti, il fuoco delle loro passioni e la sofferenza dei loro sentimenti che una lotta atavica non smette di soffocare.

UN VALZER TRA GLI SCAFFALI (dal 12 aprile)

La routine che da noiosa diventa un incanto romantico è quella di un supermercato dalle parti di Lipsia dove un giovane appena assunto entra in sintonia con una collega sposata.
In realtà se ne innamora perdutamente e cerca di conquistarla.
Ma siccome l’amore è come la pesca a strascico, succede che oltre alla magia sei costretto ad agguantare pure un sacco di limacciose conseguenze.
E la storia tra il malinconico tatuato Christian, in fuga dal suo passato, e la più matura Marion possiede un’invidiabile cura del dettaglio, sa descrivere il farraginoso (e quindi credibile) addentrarsi negli sguardi e nei silenzi, che se non abboccherete al suo amo, allora vuol dire che il cuore ce lo avete proprio di pietra. Un anonimo e monocromatico luogo di produzione con le sue regole scritte e non scritte, fra carrelli elevatori e pause alla macchinetta del caffè, viene descritto nei minimi dettagli ed è questo realismo del minuscolo a rendere poi maiuscola la complicità fra i due colleghi, che sfugge a orari e discipline.
Il film è una serenata militante che omaggia una passione silenziosa, con la luce al neon ad illuminare gesti di tenerezza e sguardi di solitudine. E ci regala la possibilità di ammirare due attori superlativi, Sandra Huller e Franz Rogowski. Se ve lo perdete, non azzardatevi mai più a parlare d’amore.

 

A QUIET PASSION (dal 12 aprile)

Si può essere ribelli e riottosi anche se si rimane confinati tra le pareti domestiche, ma è necessario possedere l’animo di Emily Dickinson e la sua capacità di estenderne il garbo anticonvenzionale sulla carta, fra lettere e poesie.
Sullo sfondo del New England dell’800, si snoda la biografia della celebre poetessa, interpretata dalla Cynthia Nixon di “Sex and the City”.
Con il film di Terence Davies, entriamo nella sua vita abitudinaria, bloccata in desideri impalpabili dopo gli anni passati con disagio in una scuola religiosa. Una ribellione, anche contro i riti cristiani, portata avanti in solitaria, in un isolamento auto-imposto ma tuttavia trasgressivo.
Emily rifiutava l’obbedienza della donna mansueta, schiava degli schemi precostituiti, e pagò il prezzo della libertà abbracciando la monotonia, ma riuscì a parlare il linguaggio universale dei sentimenti più profondi, andando a pescare nel suo mondo interiore, facendo paradossalmente tesoro di esperienze mai vissute se non da spettatrice.
Il film è la biografia di un ossimoro che in “A Quiet Passion” trova il suo titolo indovinato.

L’ULTIMO VIAGGIO (dal 12 aprile)

Da Berlino a Kiev in treno per incastrare i pezzi del puzzle prima di dire addio.
L’ultimo viaggio lo compie un novantaduenne di nome Eduard, dribblando la casa di riposo.
E se a 92 anni non esiti a recarti nell’Ucraina nel 2014 con tutto il trambusto della guerra civile, allora vuol dire che l’urgenza interiore è davvero insopprimibile. Se ne accorgerà anche la giovane e irrequieta nipote Adele, salita su quel treno per dissuadere il nonno prima di diventarne l’involontaria compagna di viaggio.
Cosa cerca un ex ufficiale della Wehrmacht nell’ex Unione Sovietica?
La ragione è nobile e la si scopre mentre misuriamo i nuovi confini dell’Europa, pesiamo sulla bilancia colpe ed errori passati, e facciamo l’appello dei sopravvissuti e dei carnefici.
Un film che riassume i tanti sconvolgimenti avvenuti nel Vecchio Continente, con la Seconda guerra mondiale a fare ancora da spartiacque con cui non si finisce mai di fare i conti. Non solo l’ultimo viaggio, ma il viaggio di uno degli ultimi rappresentanti di una generazione ormai estinta, e con essa una porzione extra-large di memoria storica.

TRUE HISTORY OF THE KELLY GANG (dal 15 aprile)

Possiamo considerarlo il Jesse James di Australia per come è diventato, lì, nella terra soprannominata ‘Down Under’, un fuorilegge iconico, simbolo nel XIX secolo della lotta contro i soprusi dell’impero britannico.
Il suo nome è Ned Kelly e questo biopic che ne racconta le gesta, soffermandosi sul rapporto viscerale con la madre prostituta, è tratto dal premiato romanzo di Peter Carey, “La ballata di Ned Kelly”.
Ed è un adattamento nel segno dell’eccesso che, allineandosi al sottogenere ‘Ascesa e caduta’, riesce a fare chiarezza sulla storia di una sorta di eroe ribelle e punk ante litteram che radunò una gang di guerriglieri per combattere il nemico, entrando nella memoria collettiva di un’intera nazione.
Il film che schiera Russell Crowe accanto a star in ascesa inarrestabile come Nicholas Hoult, Charlie Hunnam e George MacKay (il protagonista) è un’occasione da cogliere per chi vuole conoscere più da vicino un paese lontanissimo attraverso la parabola di un bandito donchisciottesco e contraddittorio diventato con il passare del tempo una leggenda patriottica.

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