Su Sky Atlantic una nuova serie produttivamente impegnativa che racconta una storia a cavallo tra crime, fantascienza e recupero del tempo perduto, programmata a lento rilascio una puntata per volta, come nella tv del 900

Quando Sky Original ci si impegna, mette in campo un armamentario produttivo di tutto rispetto che a volte riesce a sfociare in un arsenale creativo all’altezza, dando vita – sempre a volte –  a risultati notevoli.
E per questa nuova serie, “Un’estate fa”, l’armamentario è, appunto, notevole, come potete vedere dalla ricetta che segue:

  • prendi intanto un team di  ben 4 sceneggiatori – Alberico, Bacchini,  Favot e Clio – e 2 registi – Davide Marengo (Il commissario Manara, Boris 3, Crimini 2) e Marta Savina
  • prendi un cast riconoscibile oltre ogni ragionevole dubbio, con nomi che più che di richiamo sono familiari come quelli dei vicini di casa: protagonista è Lino Guanciale, volto Rai praticamente onnipresente e abituato alla lunga serialità (La porta rossa, Che Dio ci aiuti, L’allieva, Il commissario Ricciardi); la sua controparte da giovane è Filippo Scotti, premiato a Venezia per il suo fulminante esordio nel sorrrentiniano “E’ stata la mano di Dio”, somigliante d’aspetto al suo sé del futuro ma come attore talmente più bravo da rendere il paragone vagamente imbarazzante (per Lino, si intende); coprotagonista è Claudia Pandolfi, che appunto è un nome a cui non c’è bisogno di legare titoli perché il suo volto è stra-noto al pubblico italiano, e che con la sua bellezza perennial e lo stile interpretativo riconoscibile è forse una delle attrici italiane più credibili sul nostro mercato di fiction
  • prendi poi una serie lunghissima di riferimenti e strutture cinematografiche e televisive e metti l’asticella più un alto possibile, e abbiamo:

 

  • il crime: Un pensoso commissario con tanto di giacca stazzonata e sigaretta sempre accesa indaga sul ritrovamento in fondo a un lago del cadavere di una giovane scomparsa misteriosamente nell’estate del  1990, Arianna. Come ci è finita Arianna in fondo a quel lago? E come mai Elio Santamaria, l’avvocato benestante che fu l’ultimo a vedere Arianna quella fatidica estate, continua da trent’anni ad affermare di non ricordare niente della sera in cui la sua amata sparì?
  • la fantascienza: tornando dal tardivo funerale di Arianna, Elio Santamaria ha un incidente dopo il quale inizia a rivivere quella fatidica estate di cui gli pare di non avere memoria. Ma non è che lo rivive mentalmente, proprio ripiomba nel campeggio dove si trovava in vacanza a 18 anni, col corpo esile e scattante dei suoi diciotto anni (cioè di quelli di Filippo Scotti, come detto eccezionale nel rendere lo spaesamento di un adulto che torna nei propri panni di trent’anni prima) e la conoscenza e la memoria del sé ultraquarantenne che sa che alla ragazza di cui è innamorato sta per succedere qualcosa di brutto, ma non sa cosa, e decide di scoprirlo ad ogni costo
  • la fantascienza e il crime: Elio, collaborando con il sé stesso giovane, cerca di capire cosa è veramente accaduto quell’estate ad Arianna prima del commissario, sperando di discolparsi e liberarsi finalmente dai dubbi che lo tormentano da mezza vita, rendendo le sue notti vivide di incubi e i suoi risvegli tormentati da emicranee
  • la nostalgia: metà episodi sono ambientati in una colorata e pacchiana estate del 1990, tra Mondiali di calcio, magliette troppo strette e musica che ancora riverbera il pop ripetitivamente ipnotico degli anni ’80, cavalcando la moda che trova nel revival una specie di garanzia di successo estetico
  • la commedia: la condizione di Elio, che si trova nel ’90 con l’aspetto del ragazzo che tutti conoscono ma con la testa e l’esperienza dell’avvocato che nel frattempo è diventato, è fonte di divertenti equivoci a catena provocati dalla differenza dei riferimenti ‘culturali’ (‘Mi fai uno spritz’ ‘Un che???’) tra lui e gli altri, e innescando spesso siparietti e gag sorrette dalla freschezza dei personaggi e degli interpreti giovanissimi del segmento ambientato nel passato
  • la riflessione filosofica: i registi dichiarano che la trama consente loro di riflettere sul tema del doppio, anche se, essendo l’Elio del passato e del presente in realtà la stessa persona, siamo più dalle parti della tematica pirandelliana di “Uno, nessuno e centomila”, dove il protagonista si interroga su come gli altri lo vedono e quanti sé diversi un uomo porta in giro nel mondo, e qual è quello veramente vero a cui dare fiducia e affezionarsi
  • l’effetto cliffangher: sapientemente sceneggiate, le puntate terminano ognuna con una sorpresa spiegata a metà, che rimanda lo scioglimento della suspense all’episodio successivo, centellinato con cura come ai vecchi tempi in cui lo streaming non c’era, e per il quale bisogna aspettare ben una settimana intera, che si potrebbe anche dedicare a chiedersi ‘cosa succederà ora’?

 

Insomma le premesse sono buone, la furbizia produttiva anche, il risultato per quanto visto finora piuttosto interessante: l’Algoritmo Umano consiglia di iniziare la maratona e seguire tutti gli otto episodi, per scoprire cosa è successo ad Arianna, se Elio è colpevole, se Costanza può riprendersi la sua vita e soprattutto quale destino aspetta quelli che erano stati ragazzi insieme, e che una tragedia senza nome ha diviso per sempre. Per il giudizio finale, naturalmente, tocca aspettare, come fossimo nel secolo passato e internet non esistesse nemmeno.

 

 

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