SECONDA STAGIONE PER LA SERIE ISPIRATA AI ROMANZI GIALLI DI ALICIA GIMENEZ BARTLETT: TRA PIU’ E MENO MARIA SOLE TOGNAZZI DIRIGE ANCORA PAOLA CORTELLESI E ANDREA PENNACCHI IN QUATTRO NUOVI EPISODI, SU SKY ATLANTIC

IN PRINCIPIO

A  me la prima stagione di Petra non aveva molto convinto. Se non avete voglia di rileggere la recensione del 2020 (qui: ) ve ne riassumo il senso: mi aveva deluso. Conoscendo i romanzi gialli della scrittrice spagnola Bartlett, la versione più cupa, misurata, inspiegabilmente triste del personaggio dell’ispettore Petra Delicado aveva lasciato un amaro in bocca che non mi aveva permesso di gustare la visione degli episodi. Alla fine però, nell’insieme, questo giallo ‘d’autore’ aveva avuto e continua ad avere il suo fascino, una presa sullo spettatore innegabile, così decido di dare una seconda possibilità a Maria Sole Tognazzi, Paola Cortellesi e Andrea Pennacchi, rispettivamente regista, protagonista e vera ragione d’essere della serie tv.

LA SECONDA CHANCE

Torna dunque l’adattamento televisivo delle vicende dell’ispettore Delicado e del viceispettore Garzon della polizia di Barcellona, che diventano l’investigatrice Petra Delicato e il suo aiutante Antonio Monte, due detective che operano a Genova. Per evitare la delusione della prima volta, scegliamo di lasciar perdere i paragoni con i libri, e cerchiamo di dimenticare il ‘downgrade’ di allegria, vivacità e vita vera che la regista opera passando da un registro solare e colorato a uno grigio e trattenuto.

Il primo episodio, Serpenti nel paradiso, è l’indagine sulla morte di un rampante e affascinante avvocato, ucciso nel giardino della sua bella villa mentre in casa si teneva una delle solite cene con le due coppie di amici con cui la vittima e la moglie condividevano tutto (fin troppo?). L’uomo è, per una beffarda casualità, proprio il piacente sconosciuto con cui Petra ha fatto sesso il pomeriggio prima e che ha piantato in asso subito dopo aver espletato la funzione erotico-ricreativa che gli aveva assegnato: l’investigazione è resa più intrigante e complicata dal fatto che la Delicato inizialmente non rivela a nessuno di aver conosciuto la vittima, ma trae furbamente vantaggio dal suo sapere che l’uomo non era il santo integerrimo che moglie e amici cercano di dipingere. (dato che ho promesso di non rifarmi ai libri, non dirò che questo elemento è totalmente inventato: nel romanzo Petra è semplicemente intenerita e commossa dalla bellezza esteriore della vittima, che suscita in lei pensieri filosofici sull’ingiustizia della vita che si ostina a regalare destini a cacchio). Sia Petra che Monte sono irritati e sospettosi mentre indagano nell’ambiente del quartiere di lusso in cui il delitto è stato perpetrato: le tre coppie che si frequentavano vivevano una vita apparentemente perfetta tra vini di pregio, piscine e splendidi golf club, ma le loro relazioni nascondono doppi fondi d tradimento e povertà sentimentale che rendono difficile giudicarli con simpatia. Ottima, credibile e volutamente insopportabile la resa di questo ambiente alto-borghese sommamente ipocrita nei suoi toni soffusi e sofisticati che nascondono aberrazioni, e che nel libro (…scusate) viene definito il ‘piccolo paradiso per giovani patrizi’. L’indagine procede dunque nella società genovese altolocata (peccato per i dettagli mancati: un solo personaggio in tutto l’episodio ha un accento ligure, poesia per le orecchie) e va di pari passo con le vicende personali degli investigatori: Petra come detto che conosceva per caso ma ‘intimamente’ la vittima, Monte che si sente perseguitato da una matura signora che sempre per caso è coinvolta anche lei alla lontana nel delitto.

E DUNQUE?

Dunque ecco il giudizio, diviso in più e meno, come nella lista di quando vuoi decidere se fare o non fare una cosa:

I PIU’

Un buon giallo, un’indagine avvincente con il dovuto crescendo di rivelazioni inaspettate, un climax di approfondimento della conoscenza dei due personaggi: la trama del primo episodio è meno cruda ma più verosimile delle precedenti, anche se tutte queste qualità (scusate di nuovo) sono da attribuire al nucleo narrativo del libro più che alla sapienza degli sceneggiatori televisivi.

Il rapporto tra Petra e Monte: finalmente meglio definita, la relazione tra la poliziotta scostante e prepotente e il suo vice galante e un po’ conservatore si è solidificata e allo stesso tempo ammorbidita, con tanto di sfottò e dichiarazioni di affetto, e i due danno finalmente vita a una di quelle coppie investigative che da quando esiste la crime fiction sono garanzia di successo.

Andrea Pennacchi: il suo Monte è meno ingenuo e più ammiccante del corrispettivo di carta, e con ciò capace di rendere più credibile il successo che il viceispettore ha con le signore e in generale con chiunque entri in contatto con lui. Simpatico e affidabile, è l’alter-ego della sua capa, odiosa e sempre sfuggente, ma il plus del personaggio lo regala proprio l’attore veneto, conosciuto per il sarcastico personaggio del Pojana sia in tv che sui social, del quale traghetta l’ironia dissacrante e la voglia di sogghignare riversandola in un personaggio che, secondo noi, rischia di oscurare quello della protagonista.

I MENO

La protagonista
Continuo a non capire la scelta di Paola Cortellesi per interpretare Petra: avere un’attrice brillante e non usare mai la sua più che preponderante vena comica mi pare una strategia insensata. Non solo perché il personaggio della Bartlett (… e non posso farne a meno…) ha un fondo ironico ma anche divertente in modo buffo, ma soprattutto perché è quello lì il nucleo fondante del talento interpretativo della Cortellesi. È la nota briosa e anche stralunata che fa amare Paola, e farebbe amare Petra, non quella drammatica e pensosa, che decisamente non appartiene all’una, e in realtà nemmeno all’altra.

La location
Genova è ancora una città fantasma: la bellezza della fotografia, la carezza della telecamera che indugia sul porto di notte e sulle colline all’alba, non  riescono a rendere giustizia alla vitalità scabra e grezza di questa città meravigliosa, unica nel suo genere. Accettato che non è la solare Barcellona, piacerebbe vedere come teatro delle storie di Petra quanto meno una Genova più realistica, coi suoi carrugi, le case dalle mille strette finestre e la saccente, irresistibile sicurezza in sé dei suoi abitanti.

Il mood
Il tono mesto e lento, le lunghe pause pensose, la gestualità trattenuta dei personaggi, i dialoghi scarnificati, la fotografia livida, gli interni bergmaniani eleganti e freddi: sono una scelta stilistica. Va accettato, ma rimane il fatto, a questo punto non più eludibile, che non rappresentano il mood delle storie di Petra, a cui effettivamente si ispirano. La luce, la caciara e la vivacità hanno fatto il successo delle storie di questo personaggio, pertanto il mezzotono, il sussurro scazzato e le carrellate silenziose rischiano di snaturarle.

Il giudizio finale rimane, come quello iniziale, un po’ sospeso. Non negativo, ma nemmeno del tutto positivo, guastato com’è dalla sensazione persistente dell’esistenza di un divario tra l’ambizione e i risultati, come se dall’elefante produttivo e pubblicitario fosse stato alla fine  partorito un prodotto di creatività topolina.

 

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