SANREMO E’ INIZIATO, DURERA’ TUTTA LA SETTIMANA IMPOSSESSANDOSI DEI PALINSESTI TELEVISIVI E SOPRATTUTTO DEI MEDIA CHE PARLANO DI SANREMO: SE DIRE QUALCOSA DI ORIGINALE E’ IMPOSSIBILE, ESIMERSI DA UN COMMENTO E’ PROFESSIONALMENTE ACCETTABILE?

Il 73esimo Festival della Canzone Italiana, o come dicean tutti Sanremo, è iniziato con la prima puntata ieri 7 febbraio 2023 ( da leggersi rigorosamente ventiventitré) e come sempre è durato un numero insopportabilmente alto di ore. E tuttavia sempre più persone si sottopongono alla deliziosa tortura di stare fino quasi all’alba davanti alla televisione a commentare, criticare, apprezzare e commuoversi su un programma televisivo che ci somiglia così tanto da far saltare i nervi.
Il giorno dopo tutti parlano di Sanremo, e a te che lo hai visto e vorresti dire la tua sembra che tutti abbiano ragione, perché i gusti e i disgusti personali perdono senso davanti alla veemenza delle opinioni altrui, e non sai più per esempio se Benigni è un sublime giullare farcito di splendida cultura autodidatta (come pure ti è sempre parso) oppure il paladino della noiosa logorrea vetero-italica (come sui social pare alla generazione dei trentenni che scrivono e pensano di essere giovani, come se lo ‘scrivere’ non fosse già segno di senescenza). A un certo punto viene la tentazione di dare le pagelle alle pagelle sanremesi del giorno dopo, genere di critica televisiva a sé, dove quasi tutti trovano qualcosa di intelligente da dire, e spiace per esempio che Selvaggia Lucarelli si sia parzialmente smarcata dalla pretesa di quelli che speravano triturasse in pezzi finissimi la prestazione di Chiara Ferragni, anche se in fondo la comprendiamo:  sapere che molte persone di buonsenso hanno davvero apprezzato il temino autoreferenziale che ha proposto Chiara (la letterina a sé stessa bambina con cui alle medie avremmo raggiunto a malapena la sufficienza) azzera la fiducia nella possibilità di far capire il proprio punto di vista critico, sapendo in anticipo che qualsiasi cosa si dica sarà rubricato sotto la voce ‘tutta invidia’.

Quindi ci si scoraggia, pensando che le pagelle in fondo sono troppo soggettive, e se qualcuno che capisce di musica dà 7 ad Anna Oxa, saldamente ferma agli anni ’80 per look e base musicale e proiettata in un urlante futuro post-apocalittico per performance canora, e qualcun altro le appioppa un 4, allora chi sono io per pubblicare il mio personalissimo e superfluo ‘non classificato per incomprensibilità totale del testo’?

 

Che fare allora? Non commentare niente, non criticare niente, non elogiare niente?
Fare un non articolo, un enorme inno alla preterizione (negare di dire quello che si sta dicendo) alludendo nascostamente a quello che è piaciuto e quello che non si è apprezzato?

Per esempio magari dire che Mattarella che ride alle battute di Benigni è un momento televisivo di impatto che nemmeno sui social qualcuno ha avuto coraggio di censurare: un anziano signore che regge sulle sue spalle consapevoli la maggiore responsabilità di tutto il paese che si diverte sfottendo il potentissimo conduttore del programma più antico d’Italia è una specie di miracolo di spontaneità nell’ingessata sceneggiatura del Festival.

 

Oppure potremmo dire che la caratteristica di Sanremo è essere cocciutamente, fermamente e assolutamente generalista, negando la tendenza della TV moderna ad essere tematica e profilare un target e dargli solo quello che si aspetta. Cioè che questo Festival mette nella ricetta tutti gli ingredienti che riesce a trovare, per soddisfare le nonne, i matusa e i giovanissimi, accostando gente imberbe con nomi improbabili (Collazio, Olly, Ariete, Tananai) e temi esili a monumentali icone del passato, come l’inspiegabile ancorché delizioso Gianni Morandi (ma mi spieghi il suo ruolo qual è?), gli scintillanti Cugini di Campagna o quei Pooh che mostrano a tutti come si tiene un palco senza manco farsi venire il fiatone, 350 anni in quattro e cantano ‘in corsivo’ meglio di gIANMARIA o Mara Sattei. Sanremo vuole prendersi tutto, tutto il pubblico nella sua eterogeneità, e ci riesce, ma ovviamente non può venir fuori un menù bilanciato e con le calorie a posto: viene fuori un pantagruelico cenone di capodanno, finito il quale hai solo bisogno di un prodotto drenante che aiuti la digestione.

Oppure ancora potremmo dare ragione a Gianni Morandi, che dopo l’esibizione dell’ospite Blanco (l’ho già detto quest’anno che gli ospiti canori ai concorsi canori sono una specie di fallo di reazione, di fuoco amico, di enorme autogol e che non andrebbero chiamati?) ha detto ‘di tutte le cose che sono successe su questo palco, domani si parlerà solo di questo disastro’. Già, perché il vincitore (con Mamohood) del Festival dello scorso anno, mentre si stava esibendo non in gara, ha avuto problemi con il ‘ritorno in cuffia’, qualsiasi cosa ciò voglia dire, non è stato aiutato e si è tanto squietato che ha smesso di cantare e per passare il tempo ha iniziato a devastare il palco prendendo a calci le rose che lo ornavano. Ha reso il palco un macello, costringendo le maestranze al doppio lavoro di ripulire tutto e il conduttore a inventarsi qualcosa per limitare i danni. Ho odiato Blanco, perché mi ha fatto sentire un vecchio censore, perché quello che ho visto mi ha disturbato e ho pensato che vorrei conoscere la mamma di questo fenomeno che quando Amadeus ha chiesto se c’era un motivo per quello che aveva fatto ha risposto ‘non riuscivo a cantare ma comunque mi volevo divertire lo stesso’, e dirle signora, lo vede cosa succede a darle tutte vinte ai bambini solo perché sono venuti così tanto carini? Un vecchio censore, appunto, che pensa che questo gesto scomposto non è un atto di ribellione (che in molti saprebbero apprezzare) ma il capriccio di un ragazzino viziato che quando le cose non vanno come vuole spacca su tutto.  Non un provocatore, piuttosto un giuggiolone a cui hanno rotto la macchinina.

Insomma visto? E’ impossibile parlare di Sanremo, inaccettabile riferire che la canzone preferita è quella dei Coma Cose senza confessare di confonderli sempre con i La rappresentante di lista, retorico dire di sapere che la gara la vincerà Marco Mengoni anche se ha la canzone più debole di tutte, banale rimarcare come Amadeus sa fare il suo mestiere ma quello che in lui è veramente vincente è la sensazione che ti dà che anche tu, messo lì sopra, potresti fare come e meglio di lui.

Ci dispiace dunque ma dobbiamo informarvi che non faremo un articolo su Sanremo ventiventitré, per manifesta incapacità di dire cose originali a riguardo.

 

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