Su Amazon Prime una serie per chi vuol prendersi una pausa dal mainstream occidentale: Tokyo Girl

Una piccola gemma, consigliata ai tanti che sono affascinati dalla cultura giapponese e ai molti che la conoscono poco e potrebbero volerne sapere di più. Un po’ Sex & the City e un po’ Emily in Paris in salsa teriaki, questa serie del 2016 è la storia di una ragazza della provincia giapponese che sogna di avere successo nella vita e lasciare la sua piccola città. Lei, con la sua divisa da marinaretta e i codini da personaggio dei manga, vorrebbe essere ‘a Parigi o a New York, ma anche Tokyo va bene’. Perché il suo sogno essenzialmente è fare un lavoro ‘che gli altri ti invidino’, e si sente sicura che nella grande metropoli troverà il modo di realizzarlo.
A vent’anni Aya riesce ad approdare nella capitale, e qui ha inizio il suo percorso verso il compimento del suo progetto, e la ‘costruzione’ della sé stessa che vuole essere. Seguiamo Aya dai venti ai quaranta anni: trovare lavoro, conoscere e frequentare uomini, farsi nuove amicizie, fare carriera, sposarsi anche… Diventare un personaggio importante, forse, addirittura arrivare a farsi intervistare da una rivista popolare. Il suo sogno di bambina dunque è realizzato? Ha trovato la vita che tutti le invidiano?


Con i tempi dell’estetica orientale, così diversa dalla nostra, e con un ammiccamento umoristico che non è sempre facile cogliere, Tokyo Girl riflette su temi importantissimi, cruciali, pur mantenendo la leggerezza di un prodotto pop: realizzare te stessa inseguendo l’ambizione e i progetti che la società stessa ha creato per te, non necessariamente ti porterà ad essere felice.
La riflessione di Aya è questa: se anche il resto del mondo ti invidia (e non lo fa, perché ognuno guarda solo dentro la sua, di vita), ciò non vuol dire che tu abbia raggiunto la felicità. Che poi, alla fine, è quello che ognuno, ad ogni latitudine, va cercando per sé.
All’interno della sua storia, inoltre, una profonda disamina del ruolo della donna nella cultura giapponese, in una dicotomia tra privato e pubblico che rischia di dilaniare la percezione di sé che hanno le donne nipponiche.
In undici episodi deliziosi, in lingua originale con sottotitoli in inglese, lo spettatore occidentale si immerge in un mondo che per lui è oggettivamente sconosciuto: i riti, le regole, i volti, i riferimenti culturali e iconici, le priorità. Per chi per una volta vuol uscire dai tempi sincopati e dalle sceneggiature a scapicollo dei prodotti americani, un’occasione per rallentare, osservare, capire i ritmi lenti e apparentemente ‘vuoti’ della vita e della narrativa giapponese. Una full immersion in un mondo che, con tutte le sue contraddizioni, è ammantato da un fascino inspiegabile e seducente: il Giappone, si sa, è una delle rare diversità che ispirano, invece che paura, incuriosita attrazione.

 

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