SU SKY “UNA SQUADRA” DOCU-SERIE FIRMATA DA DOMENICO PROCACCI CHE RACCONTA LA VITTORIA ITALIANA NELLA COPPA DAVIS DEL 1976, TRA ANEDDOTI E GESTI EPOCALI: STARRING UN INCREDIBILMENTE SEMPREVERDE ADRIANO PANATTA

Ci sarebbe da cominciare con la contraddizione rappresentata dalla stessa Coppa Davis, che è la competizione mondiale a squadre di uno sport che non è a squadre.

Il tennis è uno degli sport individuali per eccellenza, uno dei pochi sport con la palla ad avere gare uno-contro uno, il regno dell’eccellenza della performance personale. Come sa chi segue il tennis da prima di Berrettini, la Coppa Davis è una competizione ideata dagli Americani alla fine dell’800 per provare a battere i britannici che il tennis lo hanno inventato (ok noi italiani diciamo che lo abbiamo inventato facendolo germinare dalla pallacorda, la parola tennis nasce dal francese, Enrico VIII già giocava a tennis con Anna Bolena… al solito, una roba di successo ha sempre tanti padri ma la madre rimane ignota), è una gara a squadre nazionali che prevede partite di singolo e di doppio, si gioca ogni anno e possiede un prestigio internazionale anche se non regala punti ai giocatori per la classifica mondiale ATP (Association of Tennis Professional).

Domenico Procacci ha deciso di dedicare una docu-serie alla storia della squadra italiana che vinse la Coppa Davis nel 1976, battendo i padroni di casa del Cile, e tanto ha tenuto a questo progetto che non solo lo ha prodotto, ma ne è anche stato il regista.

Produttore di successo e di felici intuizioni in ambito internazionale, tocca scoprire che Procacci è anche un buon, anzi un ottimo regista. Nelle sei puntate della serie ricostruisce una storia dai contorni leggendari, tratteggiando in modo straordinario quattro personaggi, ripercorrendone le origini, il percorso e le tappe che ne hanno composto il mito.

Perché Paolo Bertolucci, Antonio Zugarelli, Corrado Barazzutti e soprattutto Adriano Panatta fanno a buon diritto parte di un mito. La strada che portò la squadra italiana a vincere in Cile è costituita non solo da fatti, aneddoti e prodezze sportive, ma connotata dalla particolarità del momento politico difficile in quel paese: gli italiani furono divisi tra la voglia di vincere il torneo e quella di boicottarlo, per protestare contro la dittatura militare di Pinochet, instaurata tre anni prima della manifestazione.

Una squadra racconta anche questo, i tormenti vissuti dai protagonisti, incluso il discusso/amato allenatore Nicola Pietrangeli, le scelte fatte dai singoli e come squadra, i gesti simbolici realizzati e poco considerati (la maglietta rossa indossata da Panatta e Bertolucci per protesta nella finale in Italia non si vide, dal momento che la tv era ancora saldamente in bianco e nero), gli scontri personali e i retroscena degli incontri vissuti negli spogliatoi, negli alberghi, sui voli internazionali.


Un’atmosfera davvero leggendaria, per chi ama lo sport in genere e in particolare quell’affascinante, snob e antichissima disciplina che rischia (non è vero, non rischia) di essere soppiantata dal popolare e popolano padel. Una bella storia di avventure e partite, di rivalità e scontri di personalità egotiche e straordinarie, sostenuta e illuminata dall’indole divistica e irresistibile di Adriano Panatta, uno dei grandissimi campioni che l’Italia ha avuto nel tennis.

Panatta era e rimane un personaggio, oltre che uno sportivo eccezionale: affascinante anche nei suoi settant’anni, divertito, beffardo, romanissimo nella sicurezza in sé che sfiora l’arroganza, temperata però dall’intelligenza cinica della battuta autoironica e fulminante.

Una serie un po’ inedita per forma e molto classica nel contenuto, che racconta una storia agée e proprio per questo abbellita dai contorni del mito: come intorno a un focolare metaforico, ognuno dei protagonisti racconta la sua versione della storia, e un po’ anche della Storia, come quando a Natale arriva in visita un vecchio zio, non di quelli barbosi ma di quelli che hanno vissuto davvero, e sono compiaciuti di poter condividere ancora pezzi della leggenda con chi è capace di ascoltare.

 

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