Il nervo è scoperto e la diagnosi è definitiva: l’intelligenza artificiale ci eliminerà tutti. Nell’attesa, vi consigliamo 5 film sull’argomento. Ce ne sono molti di più, ma il nostro algoritmo è umano, quindi imperfetto e incompleto.

Lei

(Amazon Prime)

Non stupisce che sia stato Spike Jonze a forgiare questo diamante lucidissimo, l’autore di “Essere John Malkovich”, giustamente premiato con Oscar e Golden Globe per la sceneggiatura. Un uomo sensibile e solitario si innamora della voce femminile di un sofisticato sistema operativo. Un melodramma in piena regola, su una love story impossibile, che riesce a strattonare le corde e a pungere i circuiti elettronici dell’amour fou, rielaborato con uno sguardo tendente all’infinito. Lei, la voce dell’intelligenza artificiale, ha il timbro pastoso e afrodisiaco di Scarlett Johansson, premiata a Roma come migliore attrice, anche se non appare mai nel film. In italiano è doppiata da Micaela Ramazzotti. ‘Lui’ è Joaquin Phoenix.

A.I. – Intelligenza Artificiale

(Paramount)

Un progetto tenuto a lungo nel cassetto da Stanley Kubrick vede la luce dopo la sua morte. Se ne incarica Steven Spielberg che riesce, nella prima parte del film, a omaggiare lo stile di Kubrick senza scimmiottarlo, mentre la seconda parte è Spielberg a tutto gas, meno guardinga e più sanguigna con tutti i connotati della favola. È la storia del piccolo David, un androide in grado di provare sentimenti, che intraprende un lungo viaggio per scoprire le proprie origini. Costruito per sostituire un bambino malato, viene abbandonato quando il bambino guarisce. Troppo tardi, essendo stato programmato anche per soffrire. David cerca la madre, mentre il suo algoritmo interno che lo vuole immortale lo seppellisce sotto i colpi di una solitudine cosmica: un intruso che vaga tra realtà e informatica. Il film è del 2001 e i suoi anni pesano per chi non ne coglie la perspicace ansia tutta novecentesca. Ha il fascino di un prototipo in attesa di aggiornamento, ed è una rilettura, l’ennesima, di Pinocchio con le spiccate qualità di un road movie esistenziale che semina decine di interrogativi filosofici.

IO, ROBOT

(Disney)

Eminenza grigia del cinema pop darkeggiante, Alex Proyas – che comunque rimarrà nella storia sempre e solo per “Il corvo” – afferra e reinterpreta, e giustamente tradisce, il retaggio visionario di Isaac Asimov e le sue celebri 3 leggi della robotica. Proyas ci costruisce sopra un fanta-action giallo, con Will Smith nei panni del detective chiamato a indagare su un omicidio nella Chicago del 2035 ormai popolata da androidi in armonia con gli umani. L’omicidio è naturalmente il sintomo che poi mostrerà il bug nel sistema. Sotto la coltre del giallo suddetto, orchestrato a dovere, brulicano questione etiche come il libero arbitrio e la sopravvivenza del genere umano nella dialettica uomo-macchina, dove la macchina funziona con i codici della logica inventata dall’uomo, ma nel pacchetto del download spunta la hybris. Ovviamente lo spettacolo qui conta più della filosofia. Se nei libri di Asimov l’azione era immessa con parsimonia, qui siamo a Hollywood, con ciò che ne consegue.

I AM MOTHER

(Netflix)

Siamo in un futuro distopico e la razza umana si è estinta. Così dicono. Con l’eccezione di una femminuccia, scelta tra migliaia di embrioni come primo esemplare di una nuova generazione. Si ricomincia da zero. La bambina cresce in un bunker ipertecnologico, allevata da Madre, un droide che ha ricevuto il compito di gestire le operazioni per ripopolare la Terra. Il rapporto Madre–Figlia, durato molti anni e in perfetta simbiosi emotiva si incrina quando una donna ferita entra nel bunker-laboratorio. L’intrusa afferma che là fuori la situazione è diversa da ciò che la ragazza ha imparato. E’ vero, non è vero? Ha ragione Madre che, ormai Figlia ha imparato ad amare? O la donna che appartiene alla sue stessa specie? Non resta che varcare quella porta e scoprire in che condizioni sta il mondo. E la soluzione del rebus non è di facile digeribilità. Opera prima di Grant Stupore, “I Am Mother”, con Hilary Swank nel cast, agevola il suo incedere narrativo lasciandosi condurre dal navigatore del thriller per sbattere sul tavolo con veemenza gli estremi diabolici a cui può giungere un’intelligenza artificiale estremamente espansa.

EX_MACHINA

(Sky/Now)

Il biglietto da visita di “Ex_Machina” è un Oscar conquistato per gli effetti speciali. Poi il cast, un bel trio formato da Alicia Vikander, Domhnall Gleeson e Oscar Isaac. La storia: il giovane programmatore di un’azienda, che gestisce il più grande motore di ricerca mondiale, viene scelto per testare la più evoluta forma di intelligenza artificiale del mondo, contenuta nel corpo di una donna-robot: Ava, creata dal boss della compagnia. A metà strada fra un viaggio premio e un esperimento, il protagonista si ritrova invischiato in uno strano triangolo e in un rompicapo da thriller psicologico. Un’unica location e un’abbondanza di carne e tecnologia al fuoco per l’opera prima di Alex Garland, che sceglie la via del film anti-spettacolare ma farcito di grondanti riflessioni filosofiche. I ragionamenti al posto dell’azione. Il desiderio come punto di contatto fra umani e robot. E dove la parola è sia oggetto sacro di comunicazione che luogo di mistificazione. Il film incarna la visionarietà di un gotico ottocentesco con l’uomo che gioca a fare Dio, specie se nel suo laboratorio possiede tutte le informazioni di cui necessita. E che siamo noi a dargli.

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